WRC | Miki Biasion e la vittoria al Rally di Montecarlo 1987

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
19 Gennaio 2022 - 10:00
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Il nome di Massimo “Miki” Biasion, classe 1958 da Bassano del Grappa, è spesso legato a quello Lancia e ai colori Martini Racing. La sua storia leggendaria nel mondo dei rally è ancora ricordata con grande rispetto e ammirazione da parte degli appassionati di tutto il pianeta.

Il due volte campione del mondo, con Tiziano Siviero come navigatore, ha scritto una delle tante pagine storiche del mondo dei rally con il successo nel Rally di Montecarlo del 1987. A loro si deve la prima vittoria della Delta HF Gruppo A, arrivata a un anno esatto da quella ottenuta da Henri Toivonen e Sergio Cresto con la Delta S4 del temibile Gruppo B. Le tragedie che avevano colpito il mondiale e soprattutto l’ambente Lancia nel 1985 e 1986 avevano di fatto cancellato le mostruose Gruppo B per le più sicure Gruppo A.

La prima versione della Delta HF erogava circa 240 cavalli, che nel corso della stagione sarebbero poi arrivati a 260 consentendo a Juha Kankkunen di vincere il titolo piloti e a Lancia di raggiungere il mondiale costruttori. Ma il vero protagonista di quella stagione, anche sfortunata per una serie di inconvenienti tecnici che di fatto non gli consentirono di vincere il titolo, fu proprio Biasion.

P300.it ha avuto l’onore di intervistare Biasion per rivivere la sua vittoria al “Monte” di 35 anni fa con tutti gli episodi, compreso quello controverso causato proprio da “KKK”.

Miki, grazie mille per averci concesso questa intervista. Quali sensazioni hai provato appena hai guidato la Delta HF per la priva volta?
“Ho guidato la Delta Gruppo A per la prima volta nel 1986, mentre ero impegnato con la S4 nel mondiale. Sinceramente è stata una sensazione in… negativo, perché la differenza rispetto alla S4 che era una macchina costruita per le competizioni era parecchia. Quello che la FIA aveva fatto per rendere i rally più sicuri dopo le tragedie che avevamo vissuto era corretto, anche perché le Gruppo B erano poco sicure sia per i piloti che per gli spettatori, però la differenza era davvero tanta e forse troppa come prestazioni”.

Com’è stato adattare la guida, abituata alla S4, alla nuova Delta?
“È chiaro che tempi e reazioni sono cambiati rispetto a quando guidavo la S4 e devo ammettere che i primi test fatti con la Delta nono sono stati semplici, perché la macchina non era troppo competitiva. Detto questo, io ritengo che un pilota veloce sappia adattarsi ad ogni mezzo che gli viene dato a disposizione. Infatti i piloti più competitivi del Gruppo B lo erano successivamente anche con le vetture del Gruppo A”.

Arrivati al Montecarlo del 1987, vi aspettavate di essere subito così competitivi rispetto a tutti gli avversari?
“Sapevamo di non aver fatto troppi chilometri durante i test, sia su terra che su asfalto, e avevamo anche qualche problema di affidabilità, come poi avvenne in gara a Saby. Gli altri, soprattutto all’inizio, non erano così lontani, soprattutto ripenso alla vittoria della Mazda in Svezia. Sicuramente avevamo lavorato tanto”.

Come è stato gestito, all’interno del team, l’episodio di Kankkunen che ti ha coinvolto?
“Dopo il problema avuto da Saby, Fiorio ci disse di rallentare, anche perché il vantaggio che io e Juha avevamo sul terzo era importante. Dopo che un tuo compagno con la stessa macchina ha un problema tecnico è ovvio che diventi più complicato correre. Inoltre la prova sul Turini per Fiorio diventò decisiva, perché chi l’avrebbe vinta tra me e “KKK” poi sarebbe stato il vincitore del rally. Questa cosa non mi trovava molto d’accordo, anche se poi io vinsi la speciale. Nonostante questo, Juha successivamente non rallentò il ritmo e mi sorpassò ancora in classifica. Poi arrivò il famoso gesto, che venne soprattutto messo in atto dal suo navigatore, con lui fermo a pochi metri dal traguardo per dimostrare che il rally me lo aveva come regalato. Io ci rimasi male e per diverso tempo non ci parlammo, fino a quando dopo pochi mesi arrivò il chiarimento tra di noi. Ora siamo grandi amici”.

Chilometro dopo chilometro, sentivi la pressione per la possibile vittoria del Montecarlo?
“Come dicevo prima, quando un tuo compagno si ritira per un guasto tecnico corri sempre con grande attenzione. Al Montecarlo, che è sicuramente il rally più prestigioso, sono andato sempre forte. Nel 1986 ho perso la possibilità di giocarmi la vittoria per un problema elettrico e poi nel tentativo di recuperare sono andato a sbattere. Era bello sapere che un altro pilota italiano si poteva giocare la vittoria dopo Munari e di questo ne ero consapevole. Anche quando Liatti vinse con la Subaru lo chiamai per congratularmi. Tornando alla gara, ero veloce e un Montecarlo innevato per me era fantastico, perché in quelle condizioni ero più simile ad un pilota scandinavo ed ero anche più forte rispetto all’asfalto asciutto”.

Quanto è stato speciale vincere quel Montecarlo, esattamente un anno dopo la vittoria di Toivonen e Cresto, e come un pilota riesce a dimenticare tragedie come quelle del Corsica 1985 e 1986?
“Un pilota quando sale in macchina deve dimenticare quello che ha visto oppure vissuto, se non riesce a farlo forse è il momento di andare a giocare a golf. Un pilota deve avere paura, perché soltanto così lavori sulla tua guida e sulla tua sicurezza senza andare oltre il limite. Tieni conto che Attilio, Henri e Sergio erano miei amici e io sono stato il primo ad arrivare subito dopo l’incidente di Toivonen, nel Corsica del 1986. Anche per questo, siccome per contratto correvamo sette-otto gare a testa (tra Biasion, Kankkunen e Saby, ndr) nel 1987 sono voluto andare assolutamente al Corsica. Vincere è stato indubbiamente speciale anche per il ricordo di quello che era successo l’anno prima”.

Hai mai avuto del rammarico per quel 1987 così sfortunato, con diversi inconvenienti tecnici che se non ci fossero stati ti avrebbero permesso di vincere il titolo?
“Sicuramente in quel campionato ci sono stati degli episodi tecnici sfortunati, come ti avevo detto prima per contratto avevamo sette-otto rally durante il campionato. A me interessava essere il pilota più veloce e in quella stagione lo sono stato, vincendo più gare di tutti”.

Una curiosità legata ai pneumatici: nel 1988 siete passati da Pirelli a Michelin, avete trovato qualcosa in più con le gomme francesi?
“Guarda, quando si arriva a certi livelli di competitività il materiale che ti viene offerto è sempre di qualità. Il passaggio da Pirelli a Michelin fu soltanto commerciale, perché venne fatto un accordo per montare le Michelin sulle macchine di serie”.

Il Montecarlo 2022 è alle porte, cosa ne pensi del nuovo regolamento tecnico?
“Ritengo i rally la categoria che aiuta maggiormente le innovazioni che poi si vedono in strada. L’era ibrida è sicuramente affascinante e nella fase embrionale dello sviluppo. Queste macchine sono veloci e sarà sicuramente un Rally di Montecarlo interessante”.

Immagine copertina: Red Bull

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