What people want | L’autocompiacimento

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
30 Aprile 2018 - 13:05
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“Tutti apprezzano la tua onestà fino a quando non sei onesto con loro. Allora sei uno stronzo”. 

Questa frase gira sul web e non ho memoria, voglia e tempo per capire se è solo un’illuminata sentenza di uno sconosciuto o la citazione di qualcuno di famoso che aveva capito come girano le cose.

Detto questo, sento la necessità intima di essere stronzo anch’io dopo una giornata, quella di ieri, nella quale ho definitivamente capito scoprendo l’acqua calda (ma questa è colpa mia, sia chiaro) che al giorno d’oggi non importa (più) avere opinioni anche contrastanti o contrastate, ma dire alla gente esclusivamente quello che vuole sentirsi dire indipendentemente da un pensiero che può essere lineare durante il tempo. Inoltre, bisogna dare spazio al pregiudizio, cavalcare l’onda degli infoiati, pensar male a prescindere, giudicare in base al tifo nazionalpopolare.

Per essere accettati nel 2018 bisogna quindi dire che Vettel è l’erede di Schumacher, è quello che perde gare stradominate per colpe non sue, è quello che solo lui può riportare il titolo a Maranello. Nel 2010 e 2012, per essere accettati, bisognava dire che era il pilota più sopravvalutato della storia, l’esempio vivente di culo su monoposto di Formula 1. Nel 2014, per essere accettati, bisognava dire che finalmente si era scoperto il bluff del ditino che senza i favori della Red Bull non era capace di vincere nulla. Questo è ciò che la gente vuole sentirsi dire, senza un minimo di rispetto verso il pilota, l’uomo, lo sport che si segue. 

Per essere accettati nel 2018 bisogna dire che Max Verstappen, in qualsiasi episodio controverso, è sempre e a prescindere quello che sbaglia per il semplice fatto che in diverse occasioni l’opponente era un ferrarista, perché altrimenti chi se ne fregherebbe di lui, detto tra i denti. Quello che colpisce è che mai una volta ci si pone una mezza domanda sugli avversari coinvolti. Nell’incidente di ieri, giudicato con concorso di colpa dai commissari vista l’assenza di penalità, nessuno si è chiesto minimamente se anche Ricciardo non abbia esagerato col punto di staccata, suo punto fortissimo. Non conta che entrambi i piloti si siano scusati con il team, non conta che entrambi siano stati ritenuti, chi in maggiore e chi in minore parte, responsabili di quanto successo. Conta solo quello che fa uno dei due, specialmente se sbagliato. Non ammetterlo, non schierarsi, significa essere un fanboy dell’olandese. Non c’è spazio per le interpretazioni, solo per l’onda del martellamento pneumatico contro.

Per essere accettati nel 2018 bisogna dire che la Ferrari è sempre e comunque la squadra che merita più di tutte di vincere. Se vince grazie ad una Safety Car come a Melbourne è strategia Rossa e non culo: se non ti allinei al pensiero sei automaticamente un tifoso Mercedes. Se perde per colpa di una Safety Car come a Baku è sfiga e non strategia degli altri, altrimenti sei ancora fanboy Mercedes. Gli episodi controversi devono essere sempre giudicati pro Rossa per non essere bollati di antinazionalismo, i piloti della Ferrari sono sempre i più belli del mondo da primo giorno in cui arrivano (ma mai uno prima, per carità) fino a quello in cui se ne vanno. Poi tornano ad essere quelli di una volta.

È così gratificante voler leggere solo quello che vogliamo, abbiamo così bisogno di alimentare l’autoconvincimento al punto da non accettare nemmeno la discussione, il ragionamento, il dubbio? Voglio dire, è questo quello che ci interessa? Sentirci dire che è tutto bello e meraviglioso o, ancora meglio, che è tutto come vogliamo noi? Perché se così deve funzionare alzo bandiera bianca.

Ho, abbiamo, sempre cercato di scrivere e raccontare quello che si è visto mettendo un sacchetto in testa ai piloti e tirando una riga sui loro nomi. Non credo personalmente di esserci sempre riuscito ma quanto meno ci ho provato e sono convinto, nonostante tutto, che questo dovrebbe essere il modo di raccontare lo sport da parte di tutti quelli che vogliono, appunto, raccontare. Mi rendo conto che non funziona. Una riflessione contraria o critica rispetto alla corrente non piace, non solletica, non dà spunti di riflessione ma solo motivo di scherno e quasi mai di confronto. Bisogna essere accomodanti, servili con chi a turno vince, come Ricciardo che nelle due settimane post Cina era ormai il nuovo pilota Ferrari dopo aver vinto, anche lui, grazie ad una Safety Car. Bisogna elogiare il ditino di Sebastian quando fa la pole e non criticarlo mai, bisogna dire che quando fa bene (come ieri) è Alfa Romeo e quando fa male è Sauber. Tutte queste cosette che piacciono alla maggior parte del pubblico.

Vi dirò una cosa: se questo è quello che cercate anche da queste pagine siete liberi di andare altrove. E lo dico con assoluta franchezza. È finito il periodo in cui si credeva che fosse importante raggiungere più persone, anche perché l’unico modo è quello di mettere soldi nei social, poco importa se poi si scrive in arabo. Io voglio poter dire che il pilota X fa bene oggi, male domani e bene ancora dopodomani senza dover tenere conto della tuta che indossa. Voglio poter sostenere le mie tesi anche antiquate, contrarie alla logica e quant’altro trovandomi di fronte gente che ha voglia di parlarne senza fermarsi all’insulto premeditato. Voglio gente che commenta gli articoli dopo averli letti: perché mi sono rotto le palle di chi resta al titolo ed insulta pensando di essere più furbo come nel pezzo di ieri sull’incidente dei due Red Bull, pezzo che hanno capito (e magari criticato educatamente) solo quelli che hanno avuto la voglia di aprirlo mentre tanti altri, come al solito, hanno lanciato la solita pezza da pregiudizio dimostrando quello che sono. 

Ci sono tanti posti, siti ed account social da Circo dove sfamare la sete di tifo. Questo non fa parte del gruppo e per quanto mi riguarda non lo farà mai, anche a costo di scrivere solo per me stesso.

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2 Commenti su “What people want | L’autocompiacimento”
RC dice:

Uno degli articoli che sento più mio, anche senza averne scritto una singola riga.
Stessi pensieri, stesse sensazioni, stessa percezione di non appartenere quella folla ululante o adorante in maniera acritica per questo o quello, stesso sentirsi “differente” dalla massa dei tifosi proprio perché mi riesce impossibile rinunciare a un esame razionale dei fatti, sempre, in ogni episodio, indipendentemente da chi è coinvolto, che sia la scuderia che seguo o meno, il pilota che mi piace o meno.

Evito quasi sempre di discutere di calcio proprio perché è la summa di questo modo di vedere lo sport: decerebrati acefali che oggi adorano coloro che fino a qualche mese fa disprezzavano e che domani andranno a dire le peggiori cose su di loro, tutto solo perché portano una maglia diversa. Fanatici incapaci di valutare una azione di gioco per quello che è, e finiscono per dare giudizi agli antipodi su eventi praticamente uguali solo perché capitati a parti invertite.

Adoro il motorsport perché è contemporaneamente sport di uomini (chi pilota, che ci mette tutto, compresa la sua umanità ed emotività) e contemporaneamente è sport di mezzi, scienza applicata, forse il più razionale degli sport. Così incredibilmente vicino a quello che faccio per lavoro.
Eppure, come mi è capitato di scrivere nel forum, anche in un ambiente che un tempo era decisamente più favorevole a discussioni argomentate sta diventando sempre più difficile evitare atteggiamenti come quelli descritti; e nulla mi toglie dalla testa che è colpa del modo con cui i media hanno gestito la divulgazione del motorismo negli ultimi 15 anni almeno.

Mi capita spesso, nel mio piccolo, di scrivere commenti alle gare nella mia pagina FB, e se non riscontro atteggiamenti simili probabilmente è solo perché col passare degli anni c’è stata una selezione a monte da parte mia, ma capisco cosa significhi scrivere per una pagina/testata liberamente accessibile in rete a tutti perché quando facevo la stessa cosa in alcuni forum universitari davvero si arrivava a discorsi che definire faziosi era un complimento. E parlo di anni fa… non oso immaginare quanto sia degenerata la cosa nel frattempo.

210dogyear dice:

Condivido in pieno!
La coerenza ormai è un’utopia.
Alcune volte a fronte di questi discorsi mi sorge il dubbio che abbiano visto una gara diversa da quella che ho visto io.
Sono arrivata a pensare che la tifoseria ammazzi lo sport.

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