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WEC | Scott Dixon a Le Mans: “siamo competitivi, velocità di punta un po’ bassa, l’ibrido in IndyCar non sarà una rivoluzione”

di Matteo Pittaccio
Pubblicato il 15 Giugno 2024 - 10:00
Tempo di lettura: 5 minuti
WEC | Scott Dixon a Le Mans: “siamo competitivi, velocità di punta un po’ bassa, l’ibrido in IndyCar non sarà una rivoluzione”

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Tra un hamburger e un milkshake abbiamo avuto l’onore di parlare con Scott Dixon nel Meet the Team di Cadillac Racing, impegnata a Le Mans con il vincitore della Indy500 2008

Scott Dixon è pronto a correre la sesta 24 ore di Le Mans, la seconda con Cadillac nella classe regina, preparandosi alla battaglia per la vittoria assoluta partendo dalla seconda posizione e condividendo l’auto con Sebastien Bourdais e Renger van der Zande. Approfittando dell’incontro con la squadra siamo riusciti a parlare con il 6 volte campione IndyCar, quest’anno vincitore di due gare nei cittadini di Long Beach e Detroit.

Ciao Scott, come va? Sembrate molto veloci:

“È bello essere qui a Le Mans, la macchina va bene un po’ ovunque, l’unica preoccupazione è la velocità di punta, un po’ più bassa, per sapere il perché bisognerebbe chiedere all’ACO (sorride, ndr). Tutti quest’anno sono arrivati un po’ più preparati, ci saranno tanti marchi con altrettanti team competitivi, ma noi ci siamo e Cadillac ha fatto un gran lavoro, siamo in una posizione migliore dell’anno scorso. Vedremo, qui le cose possono cambiare in fretta.”

Cosa significa passare dalla IndyCar all’endurance nel giro di pochi giorni?

“Passare dalla IndyCar a una hypercar è più difficile rispetto al processo inverso, tornare a guidare una Indy è come sentirsi a casa. La frenata è davvero diversa, così come la sterzata considerando che i prototipi endurance siano assistiti dal servosterzo. Ci sono anche tanti strumenti elettronici da gestire nell’abitacolo, mentre la Indy è più meccanica nel funzionamento, più naturale. Ciò nonostante, entrambe sono molto divertenti.”

È stato un periodo molto intenso a partire dalla Indy500, come ti senti?

“Da Indy Road al Mid-Ohio avremo dieci settimane consecutive di attività in pista, per di più quest’anno abbiamo un programma ancor più pieno in IndyCar per via dei test. È sempre difficile gestirla, ma da pilota non mi posso lamentare, corro tutti i fine settimana e mi diverto (sorride, ndr).

Ti stati avvicinando sempre di più al record di 67 vittorie in IndyCar appartenente ad A. J. Foyt, che sensazioni provi?

“Penso che sarebbe fantastico raggiungerlo, ma ci sono ancora tante vittorie di differenza e dipende da quanto tempo riesci a rimanere competitivo in questo ambiente. Ci stiamo avvicinando e per me l’approccio è quello di puntare sempre alla prossima vittoria. Se riusciremo a continuare così, allora ce la faremo.”

Quali sono le differenze tra gli ibridi della IndyCar e quelli dei prototipi endurance?

“I sistemi sono molto diversi, l’ibrido della IndyCar è più piccolo e manuale nel funzionamento rispetto all’endurance, a partire dal recupero dell’energia. L’aspetto positivo delle auto che corrono in IMSA e nel WEC è che le procedure sono automatizzate. I costruttori hanno speso tante risorse per queste tecnologie, ma nessuno ne parla.”

Quindi credi che l’esordio dell’ibrido in Indy sia una rivoluzione o solo un aggiornamento marginale?

“Penso che i motori ibridi in IndyCar non rappresentino una rivoluzione, piuttosto credo che si tratti di un piccolo aggiornamento. Nelle simulazioni fatte fino ad ora abbiamo notato che in piste come Mid-Ohio il guadagno si aggiri sui due decimi di secondo. L’energia a disposizione in gara non è tanta ad ora e l’affidabilità probabilmente non influenzerà le gare. È più marketing che altro.”

Qual è il tuo parere circa lo stato attuale della IndyCar? Il calendario ti soddisfa?

“Vorrei avere più gare in calendario, venti sarebbe perfetto. Credo che sia giusto trovare il compromesso tra ovali, cittadini e permanenti. Ad essere onesto sarebbe bello tornare in piste come Kentucky, spero nel Texas, ma anche in Watkins Glen o al CoTA. Ora si sta prendendo la direzione dei cittadini, si vuole creare l’atmosfera, un po’ come accade già a St. Pete, Long Beach e Nashville. Penso che gli organizzatori potrebbero replicare più eventi del genere, nei quali le gare sono pazze e non sai mai chi possa davvero vincere. Questo è importante soprattutto per gli appassionati che si sintonizzano e guardano le corse.”

A Road America hai sofferto un problema allo pneumatico posteriore sinistro, si sa già cosa è successo?

L’indagine sul problema occorso a Road America è ancora in corso, non sappiamo con precisione cos’è successo. Sembrerebbe una gomma fallata, la posteriore sinistra, le altre erano a posto. Nei primi due giri pensavo di avere una foratura, ma dal muretto mi dicevano che le pressione fossero ok, ma la macchina faticava anche nei rettilinei. Una situazione bizzarra e sfortunata.

Restando sulle gomme, come siete messi sulla gestione qui a Le Mans?

“Penso che in gara useremo un mix tra morbide e medie, ma potrebbe essere difficile gestire le prima la domenica, quando le temperature si alzeranno. Fino ad ora ho provato solo le soft, ma tutto dipende dalle temperature. Penso che non avere gli scaldoni sia giusto, dal mio conto è un qualcosa a cui sono già abituato. Michelin si trova in una situazione difficile perché deve produrre gomme che durino, ma al contempo il riscaldamento diventa complicato, un po’ come accaduto a Daytona due anni fa. La mescola media a Le Mans sarà sicuramente difficile da gestire, mentre sembrerebbe possibile fare tre stint con le morbide durante la notte. Non ho mai sentito nessuno parlare delle dure (sorride, ndr).”

Immagine di copertina: Penske Entertainment – Chris Owens

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