WEC | NASCAR | L’incredibile avventura della Camaro Next Gen del Garage 56 a Le Mans

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Tempo di lettura: 20 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
14 Giugno 2023 - 10:00
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Tre anni di lavori (di cui la metà in gran segreto) per la Chevrolet Camaro derivata dalla Next Gen della NASCAR Cup Series, culminati nella grande settimana di Le Mans con risultati inaspettati ai più e un enorme successo di pubblico. Un’avventura riassunta per immagini ma non solo


La foto di copertina sicuramente l’avrete vista per tutto lo scorso weekend. A regalarci questo scatto durante i primi test di domenica 4 giugno è stato Chris Graythen per Getty Images ed è la sintesi di quanto successo a Le Mans, come risultati e come passione del pubblico. Partendo dal fondo c’è Rexy, la Porsche 911 RSR-19 #56 del Project 1 – AO (guidata anche dal nostro Matteo Cairoli) color verde tirannosauro con tanto di denti, davanti a lei la Ferrari 499P #51 poi vincitrice assoluta e davanti a tutte Lei, un pesce fuor d’acqua parlando di dimensioni, ma un pesce blu e grigio veloce come un siluro.

Nel corso della settimana di Le Mans il pubblico e gli appassionati che si avvicinavano alla Chevrolet Camaro derivata dalla NASCAR Cup Series sono stati sempre di più. Anche perché era difficile non vederla e pure sentirla dato che il V8 Chevrolet ha risuonato col suo rombo per tutta la campagna francese. È stato un successo clamoroso, forse anche inaspettato e che va anche oltre al positivo (seppur non perfetto) risultato finale.

L’annuncio, la preparazione e i retroscena a sorpresa

Ufficialmente l’avventura della Chevrolet Camaro Next Gen per il Garage 56 dell’Hendrick Motorsports è nata il 17 marzo 2022 con la presentazione ufficiale al pubblico, ma nei giorni di Le Mans è arrivato un interessante retroscena. Landon Cassill, pilota NASCAR al momento a casa a causa del fallimento dello sponsor legato alle criptovalute, ha rivelato un segreto.

Il progetto Le Mans, infatti, era nato in maniera non ufficiale già ad inizio 2020, dunque due anni prima di quanto si sapesse e tre anni prima di portarlo a compimento. Era il periodo in cui lo sviluppo della nuova Next Gen per la Cup Series era giunto a metà dell’opera, dall’annuncio di inizio 2019 al debutto previsto per il 2021.

Fra i tanti compiti anche tanto lavoro al simulatore della Dallara a Indianapolis per definire assetti di base, prove comparative e test simili. Un lavoro anche piuttosto noioso e fatto di giri da replicare – almeno in teoria – al centesimo per ore ed ore.

Nel programma della giornata, invece, salta fuori un test nuovo. Oltre a simulare la Next Gen sullo stradale di Daytona c’è anche una pista meno nota per la NASCAR: “Circuito di Le Mans – prova con set up base di Daytona – lavoro sui rapporti del cambio”. Da lì il resto è storia. Probabilmente allora era solo una pazza idea poi diventata realtà nel corso degli ultimi tre anni con un inevitabile posticipo di 12 mesi del debutto della Next Gen in Cup Series a causa della pandemia.

https://twitter.com/landoncassill/status/1667142810326245377

Dal giorno della presentazione ufficiale a marzo 2022, con l’obiettivo Garage 56 già fissato per il giugno 2023, sono arrivati tantissimi test fra Sebring, Daytona, Virginia International Raceway ed Austin per cercare di trasformare senza snaturarla una vettura della Cup Series in modo che potesse coprire la distanza di 24h su un circuito difficile come Le Mans.

Non è stato semplice, ma il gruppo guidato da Chad Knaus, capo progetto per Le Mans dopo essere stato sette volte campione come crew chief di Jimmie Johnson, ha saputo risolvere i problemi che si sono presentati loro con la collaborazione di NASCAR, Dallara, Chevrolet e Goodyear.

Dopo i primi test nell’autunno del 2022, quest’anno ad inizio stagione sono arrivati i dettagli definitivi. In occasione della 24h di Daytona l’annuncio dei tre piloti che avrebbero disputato la classicissima francese, Mike Rockenfeller (veterano di Le Mans e primo tester della vettura), Jimmie Johnson (leggenda NASCAR alla caccia di altre esperienze) e a sorpresa Jenson Button, il campione del mondo F1 2009. Sempre a Daytona, ma per la 500 miglia, tolti i veli dalla versione definitiva che avrebbe disputato di lì a poche ore la prima simulazione di 24 ore.

Poi, dopo gli ultimi affinamenti, la spedizione verso Le Mans.

Le Mans

Sabato 3 giugno: i controlli tecnici ed il primo bagno di folla

Come da tradizione la prima giornata vede le verifiche tecniche nella centralissima piazza di Le Mans. E fin dal primo giorno sul suolo europeo la curiosità è tanta e il pubblico, anche i bambini, si avvicina a guardare e toccare la Chevrolet Camaro. A guidare la vettura per le strade francesi è Jimmie Johnson, invitato pure nella prima di tante foto ufficiali e simboliche per la Le Mans del centenario.

Domenica 4 giugno: i primi test sulla Sarthe ed i tempi incredibili

Ad una sola settimana dalla 24 ore, la Chevrolet Camaro Next Gen scende in pista per la prima volta in assoluto, simulatore a parte, sul Circuit de la Sarthe. Ed è sempre lei la più osservata perché in molti notano le proporzioni completamente diverse rispetto alle altre auto. È alta quasi il doppio rispetto alle Hypercar, è larga come i prototipi della LMP2 e rispetto alle altre GTE sembra essere una vettura messa in fotocopiatrice a scala 1.25x se non 1.5x.

Il confronto rispetto a queste ultime vetture è il più facile da fare. Essendo una vettura del Garage 56 è obbligata a fare classifica a parte, ma i paragoni con le vetture gran turismo è inevitabile fin da subito anche se sulla bilancia ci sono da mettere da una parte 100 kg in più e dall’altra 160 CV in più, ma anche serbatoio più capiente e disponibilità maggiore di gomme.

Nella prima sessione di test a sgrezzare la vettura sono soprattutto Rockenfeller e poi a seguire anche Button. È proprio del tedesco il miglior giro in 3’56.880″ (con velocità massima di 298.0 km/h, dato interessante in seguito) dietro a tre GTE a meno di tre decimi dalla vetta di classe. Sorprende inoltre già la regolarità dato che senza problemi di sorta la Camaro completa 30 giri, in pochi meglio di lei.

L’adattamento della Next Gen a Le Mans però è sorprendente e la progressione è clamorosa. Nella seconda sessione disputata nella stessa giornata, in cui scende in pista anche Johnson, infatti i tempi crollano di giro in giro. È sempre Rockenfeller il più veloce del trio e la sequenza di Mike è la seguente: 56.1″, 55.5″ ed infine un 3’53.761″ (con velocità massima di 303.9 km/h) che mette la Camaro già nettamente davanti alle altre GTE di circa 2″. E il fatto che Button ottenga a sua volta un 3’54.243″ fa forse ancora più impressione.

La NASCAR è entrata prepotentemente sulla bocca di tutti a Le Mans, ma nel senso buono.

Martedì 6 giugno: il pit stop challenge e il successo crescente

Dopo un giorno di pausa, a Le Mans è tempo del Pit Stop Challenge, una specialità tipicamente americana ma qui la faccenda è diversa. Mentre alla Indianapolis 500 o in NASCAR tutti partono sullo stesso piano, qui ci sono 61 vetture che dispongono di martinetti idraulici ed una invece che ha ancora il sollevatore pneumatico azionato da un meccanico. Una limitazione? Tutt’altro.

Dopo la vettura, ora a rubare la scena con merito sono anche i meccanici. La #24 chiude al quinto posto assoluto il Pit Stop Challenge con un tempo di 10.364″, davanti a lei solo tre Hypercar (vittoria assoluta per la Peugeot #93 in 10.067″) e la LMP2 #41 del WRT (10.311″). La migliore delle GTE propriamente dette è la Aston Martin #98 in 10.480″.

E quindi gli organizzatori decidono di dare il premio di classe alla pit crew dell’Hendrick Motorsports con tanto di premiazione, Button e Johnson che si prestano a fare da buttafuori scortando i meccanici verso il podio ed un simbolo da portare lassù: il jackman con il suo jack.

Vien da sé che la seguente sessione di autografi in pit lane, con presente anche la riserva-coach Jordan Taylor, sia un altro bagno di folla.

Mercoledì 7 giugno: prove libere, qualifiche e due notizie importanti

Mercoledì è il giorno che segna l’inizio delle prove ufficiali, ma in apertura c’è una notizia a sorpresa sicuramente piacevole. Anche se non riguarda Chevrolet, tutto il team della NASCAR e della Next Gen è lieto di annunciare, con tanto di auto presente in loco, che in occasione della gara del 13 agosto sullo stradale di Indianapolis sulla terza vettura – la #67 già vista alla Daytona 500 con Travis Pastrana – del 23XI Racing a debuttare in Cup Series ci sarà nientemeno che Kamui Kobayashi, ex pilota F1 (podio a Suzuka 2012) ma ovviamente anche vincitore della 24 ore di Le Mans nel 2021 al volante di una Toyota.

L’annuncio avviene nel padiglione espositivo che la NASCAR ha portato a Le Mans e nel quale sono esposte, oltre ad un esemplare di Next Gen e la #67 di Kobayashi, anche una vettura dell’EuroNASCAR ma soprattutto la Ford Torino e la Dodge Charger che vennero invitate a disputare la 24h nel 1976 e che furono costrette al ritiro in anticipo per problemi meccanici legati soprattutto alla diversa benzina utilizzata rispetto agli USA.

Al volante della Charger che durò appena due giri (la Torino già di più, 11 ore) c’era in veste di pilota e team owner Hershel McGriff. A 95 anni di età, Hershel McGriff, fresco di nomina sia nella NASCAR Hall of Fame che nella lista dei 75 migliori piloti nella storia, ha deciso di tornare a Le Mans per rievocare quell’invito storico di ormai 50 anni fa.

Poi si torna in pista. Nelle FP1 la Camaro abbatte addirittura il muro dei 3’50” chiudendo in 3’49.475″ contro il 3’55” delle GTE. Nella sessione di qualifica, tecnicamente inutile per la #24 in quanto da sola nella sua categoria, si vola ancor di più e Rockenfeller stampa un incredibile 3’47.976″ a 215.2 km/h di media e 314.5 di massima.

Le GTE nella sessione ufficiale sono a quasi 4″ di ritardo, un fatto assolutamente impronosticabile alla vigilia. Poi per le FP2 (in notturna e dunque su una vettura NASCAR tornano dopo oltre 50 anni fari veri) si entra in passo gara e ci si limita ad un 3’51.904″ che è comunque di rilevo.

La notizia che arriva in chiusura di giornata è un’altra di quelle importanti. NASCAR ed Amazon hanno chiuso un accordo per la realizzazione di un documentario sul progetto Garage 56 che verrà pubblicato nei prossimi mesi. La produzione coprirà tutto l’arco dello sviluppo (nel comunicato compaiono infatti anche foto dei test con inquadrature in presa diretta) fino alla 24 ore con operatori presenti nel box #24.

Giovedì 8 giugno: prove libere tranquille

Per il team #24 quella di giovedì è una giornata tranquilla. Non bisogna disputare la Hyperpole e quindi ci si concentra totalmente sulla corsa. Nella mattinata si effettua il tradizionale cambio motore per montarne uno fresco ed il team completa senza fretta soltanto cinque giri nelle FP3 (3’52.752″, comunque davanti alle GTE). Senza rischi anche le FP4 in chiusura di giornata, 12 giri con un miglior tempo di 3’51.903″, un secondo meglio delle vetture simili alla Camaro.

Intanto a Le Mans sono arrivati anche Jim France, presidente della NASCAR, e Rick Hendrick. Oltre a foto ufficiali e conferenze stampa viene reso noto che i due saranno i destinatari in futuro dei due esemplari di Camaro Garage 56 prodotti dall’Hendrick Motorsports. Poco male, perché 56 fortunati clienti potranno entrare in possesso di una versione speciale stradale di Chevrolet Camaro che verranno realizzati per ricordare il progetto.

Venerdì 9 giugno: un altro bagno di folla in piazza a Le Mans

Il venerdì è tempo di un’altra delle altre tradizioni di Le Mans: la parata dei piloti sulle vetture storiche in centro città. Button, Johnson e Rockenfeller sfilano su una moderna Chevrolet Camaro osannati dalla folla, ma al loro fianco su una Camaro invece d’annata c’è il coach-riserva Jordan Taylor nelle vesti però del suo alter ego Rodeny Sandstorm. E lo show per il pubblico raddoppia.

La buona notizia per la #24 è però un’altra: su richiesta degli stessi team GTE viene accolta la proposta di far partire la vettura del Garage 56 là dove si è qualificata in 37esima posizione (davanti anche ad una LMP2 tecnicamente) e non in coda al gruppo come previsto dal regolamento. La velocità della Camaro ha stupito infatti tutti e quindi le altre squadre preferiscono non avere nelle prime fasi di gara una vettura sulla carta un paio di secondi più veloce ad effettuare sorpassi potenzialmente rischiosi. Meglio che stia davanti a fare la sua corsa.

10-11 giugno: la 24 ore, un successo malgrado un problema tecnico nel finale

È finalmente sabato ed il grande giorno è arrivato. Ovviamente l’ansia e la preoccupazione ci sono, ma finora è andato tutto bene. A rompere un po’ la tensione ci pensa però Rexy, l’altro protagonista di Le Mans, che con il costume da T-Rex gioca e diverte cercando di coinvolgere anche i vip presenti.

La tensione è alta anche per il meteo in cui è prevista pioggia a tratti, delle volte anche al limite del temporalesco. Capo progetto Chad Knaus e crew chief Greg Ives (10 vittorie in Cup Series con Dale Jr. e Bowman ed un titolo in Xfinity Series con Elliott) hanno deciso per una strategia molto prudente, forse fin troppo, ma i timori sono giustificati. E quindi ad inizio corsa tutti i piloti prenderanno mano con la pista con uno stint singolo di Rockenfeller (che avendo qualificato la vettura prende anche il via) seguito da uno di Johnson e poi uno di Button, poi si vedrà come proseguire.

Al via Rockenfeller evita tutti i guai della chicane Dunlop (con l’ormai ahimè tradizionale ammucchiata di piloti i quali pensano che la corsa duri 2’4″ e non 24h) e dopo i primi giri è ancora virtualmente al comando della combinata Garage 56 + GTE AM. Mike però non esagera e queste vetture girano sugli stessi tempi. La #24 non forza e si tiene nel taschino il vantaggio della prestazione dimostrato nei giorni precedenti.

Le uniche difficoltà dei primi due stint (Rockenfeller scende dal finestrino, altra differenza dalle altre vetture, dopo 1h15′ contraddistinte da una lunga SC iniziale per l’incidente di Aitken, poi Johnson cede il volante dopo 2h10′) sono legate soprattutto appunto al cambio pilota meno agevole, alle frequenti interruzioni con slow zone, FCY e SC e quindi si fatica a prendere il ritmo.

Un po’ di pioggia ha bagnato il rettilineo di Mulsanne nelle primissime fasi e Rockenfeller dice che “erano condizioni difficili, ma ho badato a non commettere errori. Credevamo che sarebbe piovuto di più e quindi non avevamo l’assetto perfetto. Ma sapremo aggiustarlo a seconda delle condizioni.”

Johnson invece commenta così: “È stato incredibile malgrado un paio di slow zone per gli incidenti altrui. È stata una esperienza completamente diversa adattarsi a questi cambi di ritmo. In una delle slow zone c’era tanto pubblico e mi salutavano così ho deciso rispondergli. È stato molto divertente. Voglio sfruttare ogni giro che avrò a disposizione.”

Proprio all’inizio dello stint di Button arriva il temporale più intenso e nella zona fra Arnage e le curve Porsche la pista si allaga. L’aquaplaning manda fuori pista diverse vetture, ma la #24 resta in strada. Torna in pista la safety car e la corsa non vuole proprio entrare nel ritmo giusto. È probabilmente la scelta giusta in questo momento che Button passi da un singolo ad un doppio stint dato che le condizioni sono proprio quelle preferite dal pilota inglese.

Le concitate fasi della SC però non giocano a favore della Camaro. Fra cambio gomme con passaggio alle intermedie (uno dei vantaggi del garage 56 visto che gli altri hanno solo slick e wet) e brevissima sosta nel garage per un aggiustamento di assetto (sul momento si teme un problema elettrico vista la zona in cui si interviene), purtroppo la #24 perde un giro dai leader di classe GTE, ma dal box non c’è accenno a momenti di panico. La vettura prosegue per la sua corsa senza pensare a vittorie potenziali di categoria.

Button nel suo secondo stint con pista che va asciugandosi dopo la lunghissima SC regala spettacolo. In condizioni “alla Button” Jenson in una occasione gira addirittura 11″ (sì, undici secondi) meglio della GTE più veloce, sono tempi da top5 per le LMP2. Un dato che probabilmente è passato inosservato in una fase molto dinamica della corsa. Uno scatenato Button (3’51.195″ di miglior tempo a pista ormai asciutta) viene dunque tenuto in macchina per un triplo stint e la #24 si sdoppia dalle GTE tornando nel giro che conta.

Dopo sei ore di gara Johnson torna in macchina ed in programma ha un triplo stint pure lui, ma è proprio in questo momento che arriva forse il colpo di sfortuna (se si ritiene che esista) peggiore per il team. Proprio mentre Jimmie esce dai box ricomincia a piovere e in più ormai è calata la sera. Lo scroscio non dura tanto, però Johnson sul bagnato fatica tanto. Questa fase riequilibra probabilmente le lineup fra Garage 56 e GTE AM dato che Johnson in certi momento gira fino a 20″ più lento dei professionisti delle GT.

Attorno allo scoccare della mezzanotte avviene il colpo di scena che chiude le otto ore di passione a Le Mans. Pier Guidi finisce nella ghiaia alla prima chicane e all’ingresso della slow zone creatasi Kobayashi viene centrato. Il triplo stint di Johnson viene ridotto sia per la FCY che inizia per i detriti in pista, sia per favorire il ritorno in macchina di Rockenfeller nella buia notte di Le Mans. Purtroppo in questa fase la Camaro torna a perdere un giro dai leader.

La pioggia per fortuna è alle spalle ed iniziano così 10h clamorose per la Camaro, da mezzanotte fino a circa le 10:00 di mattina. Due tripli stint di Rockenfeller e Button su ritmi in-credibili (visto quanto dimostrato nei giorni precedenti) riportano in alto la Camaro del Garage 56 una volta che le slow zone si diradano. Intanto nella notte francese i meccanici si tengono svegli guardando la gara della Xfinity Series a Sonoma iniziata alle 2:00.

L’unica preoccupazione in questa fase sembra essere una foratura lenta alla posteriore destra proprio a poco dal cambio pilota, ma i sensori hanno rilevato tutto in anticipo per la soddisfazione di Chad Knaus. Le scuse sono invece quelle di Button al pubblico che cerca di dormire in tribuna o nei prati perché ogni 4′ arriva lui con il roboante Chevy V8 a svegliare tutti.

All’alba la #24 è risalita addirittura in top5 quando Johnson torna al volante per un doppio stint e la situazione è sotto controllo. Jimmie gira bene con un miglior tempo di 3’53.355″, dunque a non più di 2″ dai tempi medi di Rockenfeller e Button; il miglior tempo per la Camaro sarà di 3’50.512″, mancando il GPV fra le GTE AM per un solo decimo (3’50.439″ per la Corvette #33 poi vincitrice di classe).

A 7h20′ dalla bandiera a scacchi sale di nuovo in macchina Rockenfeller e Mike è scatenato. La #24 ha le soste sfalsate rispetto alle altre GTE e quindi in classifica si sale e si scende, ma si fanno sempre due passi in avanti ed uno indietro. L’esempio più lampante della velocità di Rockenfeller in questa fase è quando dopo la sosta in un paio di giri riprende, passa e stacca Catsburg (poi vincitore) di 7″. Si torna così sul podio di classe a circa 25″ dalla Rexy di Cairoli che però ha un grosso problema: Matteo sta finendo il tempo a disposizione e dovrà cedere il volante per il finale agli amatori.

Proprio quando la Camaro è ormai in fase full attack, ecco che arrivano i problemi, uno aspettato ed uno inaspettato. A circa 5h50′ dalla fine c’è sì il cambio pilota con Button che sale in vettura, ma anche un previsto cambio freni. E se sulle GTE questa operazione avviene al massimo in 2′, sulla Camaro da Cup Series (che non è ovviamente una vettura endurance) ce ne vogliono 5′. E così si torna a perdere un giro.

Ma questo purtroppo è il meno. Circa un’ora più tardi Button torna a rilento ai box. Per sua fortuna ha accusato un problema meccanico dopo Arnage e la #24 riesce a tornare in pit lane. Si teme un guaio al cambio, ma a cedere è stata la trasmissione dopo circa 19-20h di gara. Il buon risultato ormai è saltato, rimane soltanto l’onore.

Chad Knaus dichiara: “Abbiamo un problema alla trasmissione ed il team sta cercando di ripararlo. L’obiettivo rimane quello di concludere la gara.”

La sostituzione di gran parte del retrotreno si conclude a circa 2h30′ dalla fine. In macchina è risalito Rockenfeller per un paio di giri di verifica che sia tutto a posto, poi a 2h dal traguardo il definitivo via libera e si può tornare a spingere per l’onore. Dopo questo check da parte del pilota più esperto, a 1h30′ dalla fine in macchina torna per l’ultima volta Jimmie Johnson che porterà la #24 al traguardo.

Non ci sono più posizioni da guadagnare, il 39° posto assoluto (virtualmente decimo ed ultimo fra le GTE AM arrivate al traguardo) non è quello che si sperava all’alba della domenica, ma ai box la soddisfazione e l’immensa gioia rimangono. Una vettura derivata dalla NASCAR Cup Series ha completato a Le Mans in 24h, concludendo la corsa, 285 giri per un totale di 3883.41 km. Facendo un paragone più americano, questo equivale a quattro Coca-Cola 600 di fila più qualche giro di overtime (2413.04 miglia).

Il trionfo di pubblico, la gara conclusa e tutto il resto chiudono una settimana trionfale per il mondo NASCAR a Le Mans. Jim France dichiara “È stato incredibile. Ci sono state migliaia di ore di duro lavoro da parte di centinaia di persone per ottenere tutto questo. Il team ed i meccanici si sono comportati in maniera fantastica per tutta la settimana.

Spero che mio padre e mio fratello (Bill Sr. e Bill Jr. che portarono le due vetture alla 24h del 1976) siano da qualche parte a sorridere guardando tutto questo da lassù. L’obiettivo principale che ci eravamo fissati era quello di portare a termine la corsa e di non essere ultimi. E li abbiamo ottenuti entrambi. (tecnicamente 40esima e ultima è stata la Porsche Hypercar del Team Jota, nda)”

Mentre Button ha solo parole di elogio per tutti (“Che gente eccezionale. Portare una vettura della Cup Series e trasformarla in un’auto endurance per Le Mans è straordinario. Sono i miglior. Sono orgoglioso di lavorare con loro.”), la chiusura spetta come è giusto che sia al capo progetto che ha seguito questa avventura fin dall’inizio, Chad Knaus.

“Penso che abbiamo vinto la nostra gara al momento della bandiera verde. Penso che abbiamo fatto arrabbiare parecchi team GT, ma sapete cosa? Era una gara e quindi siamo venuti per gareggiare. Penso che i tifosi abbiano amato tutto questo, penso che la gente di Le Mans abbia apprezzato tantissimo. Fin dalle verifiche tecniche abbiamo visto solo sorrisi ogni volta che vedevano la nostra vettura.

La cosa che mi rende più orgoglioso è che questo progetto è stato un lavoro a tempo pieno per poche persone, tutte le altre hanno accettato il compito assegnato seguendo la loro passione e lo hanno svolto con passione per il gusto di parteciparvi. E quando metti insieme un gruppo del genere allora puoi ottenere di tutto.”

Sì, puoi ottenere di tutto, anche portare la NASCAR sulla Sarthe e farla diventare, insieme alla Ferrari 499P e a Rexy, la vettura più osservata ed amata dell’edizione del centenario della 24 ore di Le Mans.


Immagini: Media NASCAR

Un ringraziamento da parte dell’autore va alla NASCAR per pubblicizzato al meglio l’avventura di Le Mans mettendo a disposizione molto materiale come foto, live update sinceri relativi alla vettura da parte di Zack Albert. Il resto lo hanno fatto il resto dei giornalisti e fotografi che si sono appassionati a questa vettura e alle migliaia di tifosi che l’hanno seguita nell’arco di questi due anni o anche solo nella scorsa settimana. Il futuro della NASCAR passa anche da questi eventi.

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