WEC | Intervista ad Augusto Farfus: “In questo momento il WEC è il campionato più grande e più di impatto ad esclusione della F1”

Autore: Francesco Gritti
franz_house_vg franz_house_vg
Pubblicato il 23 Aprile 2025 - 11:00
Tempo di lettura: 12 minuti
WEC | Intervista ad Augusto Farfus: “In questo momento il WEC è il campionato più grande e più di impatto ad esclusione della F1”
P300
Home  »  IntervisteWEC

P300.it ha intervistato Augusto Farfus, pilota di The Bend Team WRT nel WEC, durante la 6 Ore di Imola. Ecco come ha risposto alle nostre domande

da Imola – Augusto Farfus è una colonna portante di BMW, marchio che rappresenta in competizioni di qualsiasi tipo da quasi 20 anni. Il nativo di Curitiba ha raccontato la sua carriera, i suoi progetti e anche un po’ della sua vita privata in quest’intervista, svolta nell’hospitality della casa bavarese durante la 6 Ore di Imola.

Ciao Augusto, grazie di aver accettato il nostro invito. Sei un pilota dalla grandissima esperienza, dato che corri da molti anni. Qual è stato il tuo primo approccio al motorsport?

“Sono brasiliano e, quando ero piccolo, c’era pochissima informazione riguardo a quello che succedeva in Europa. Mio papà comprava dei giornali di auto e moto e sono cresciuto guardandoli e sfogliandoli. Un Natale mi è arrivata una minimoto, con cui giravo attorno a casa. Un giorno ho visto che c’era un campionato per quella classe di minimoto, quindi ho cominciato a correrci. Il livello, ovviamente, era locale, ma ho vinto subito.

Mia mamma non era contenta perché riteneva che le moto fossero troppo pericolose. Quindi, durante quell’anno, mi hanno messo su un kart per cercare di farmi cambiare sport. Appena l’ho guidato mi è passata la passione per le moto. Per mia mamma è stato un sollievo dato che, dal suo punto di vista, quattro ruote sono più sicure di due. Così ho cominciato a gareggiare sui kart in Brasile, dove ho vinto dei campionati. Nel 1999 mi sono trasferito in Europa per correre con CRG, con cui ho avuto un anno incredibile. Poi sono passato in auto. Ho vinto il campionato europeo di Formula Renault, che oggi corrisponde alla Formula 4, e poi il continentale di Formula 3000, che ad ora è equivalente alla Formula 2. Poi sono mancate le conoscenze e i soldi, quindi sono passato sulle auto turismo con Alfa Romeo. Da 18 anni sono pilota BMW, cosa di cui sono molto fiero.”

Sei diventato l’uomo di punta di BMW nel WTCC. Come ti sei trovato in quel campionato?

“Il mondiale turismo era una competizione incredibile. Probabilmente sono entrato troppo giovane, dato che ero molto ‘ottimista’ nei sorpassi. Era un campionato molto duro, molto fisico, in cui c’erano tantissimi piloti esperti. Penso di essere uno dei piloti con più pole position e vittorie nel WTCC. Purtroppo è mancato il titolo, ma tutto sommato devo dire che è stato un inizio importante per me in BMW, dato che mi ha permesso di farmi conoscere e di farmi valere. Sono state le mie performance nel WTCC a portarmi su tutte le vetture che ha fatto BMW, che ho avuto il privilegio di provare e guidare e su cui ho corso e vinto.”

A proposito di provare. Ci racconteresti la tua avventura nel ruolo di test driver per BMW Sauber in F1?

“Ho fatto dei test con BMW Sauber in Formula 1. La sfortuna è che ho cominciato a provare questa macchina nel momento in cui il marchio ha comunicato di voler uscire da questa categoria. Non penso che sarei mai diventato un pilota di Formula 1, però avrei potuto certamente fare molti più chilometri con quest’auto. Alla fine posso dire di aver guidato una F1 senza pagare, anzi, sono pagato per guidarla, e di avere una foto in cui sono dentro a una Formula 1 con un casco in testa. Questo, per me, non è da poco.”

Dopo i tuoi successi nei WTCC sei stato uno degli uomini di punta di BMW nel DTM. Come è arrivata la possibilità di correre in Germania? Come mai l’esperienza si è conclusa?

“Quando ero con BMW nel WTCC, il marchio decise di sviluppare la macchina per il DTM. Sono stato scelto assieme ad Andy Priaulx per svolgere questo compito. Subito abbiamo visto che mi trovavo molto bene con l’auto in questione, quindi quello da WTCC a DTM è stato un passaggio naturale. L’esperienza è stata positiva. Ho fatto 8 anni nel DTM, di cui 4 e mezzo incredibili e 3 e mezzo non così buoni. Il campionato in questione, quando c’erano quelle macchine, era strano, molto altalenante nelle prestazioni. Devo dire che mi ha insegnato moltissimo. Le auto erano incredibili, delle vere proprie formula con le carene.”

Dopo la parentesi DTM sei passato al WTCR e all’ETCR. Come hai vissuto questa fase della tua carriera?

“Quello è stato un periodo un po’ strano della mia carriera perché coincide con quello in cui ho curato tutto lo sviluppo della M4 GT3. Dal primo test fino al rilascio della macchina ho seguito la sua genesi, che include anche la scelta della posizione dei bottoni sul volante. Quell’anno ho fatto pochissime gare con BMW, perché c’era la M6 che stava andando fuori produzione e quindi non c’erano molte occasioni di scendere in pista. A me serviva continuare a correre e ne ho parlato con il marchio.

Così, durante lo sviluppo della M4, ho fatto 3 anni con Hyundai e un anno e mezzo nel WEC con Aston Martin. Durante quel periodo facevo 5 o 6 gare per stagione con BMW, proprio perché non c’era una grande domanda di corse da fare e volevo tenermi allenato. Mi sono divertito tantissimo nell’ETCR. Erano delle gare stranissime perché nel weekend facevamo 50 chilometri di pista. Insomma, si guidava pochissimo! Invece nel WTCR la situazione è stata diversa. Sono tornato a guidare delle auto a trazione anteriore dopo tantissimi anni in cui sono stato solo su posteriore. Qui ho trovato dei professionisti velocissimi sulle anteriori, quindi ho dovuto riprendere la mano. Mi sono divertito, è stata una bella esperienza che è stata parte di un periodo della mia carriera in cui il calendario delle gare mi permetteva di fare così.”

Negli ultimi anni hai seguito dall’interno l’evoluzione del WEC. Secondo te, come si è evoluto il campionato?

“La migliore risposta a questa domanda è il numero di persone che ci sono oggi in pista. In questo momento il WEC è il campionato più grande e più di impatto che ci sia al mondo ad esclusione della Formula 1. Basta guardare le hospitality e i box! Ti devo dire che non siamo molto lontani dalla F1 per quanto riguarda le strutture. Il WEC è un vero campionato del mondo, il secondo di maggior prestigio dietro solo alla Formula 1, in cui il livello è altissimo. Anche se nella categoria LMGT3 in cui corro io c’è anche il Bronze, quest’ultimo è un professionista, perché i Bronze che corrono oggi nel WEC non sono degli amatori che si divertono nel weekend, ma sono dei piloti allenati, che si preparano e ci danno dentro. A me questa serie piace tantissimo e mi diverto a correrci. Anche avere un pilota Bronze, un Silver e un Gold o un Platinum è bello, perché permette di giocare con le strategie e crea delle gare molto aperte. Per spiegare il WEC basta entrare nel paddock e guardarsi in giro per rendersi subito conto di quello di cui stiamo parlando.”

Nella tua carriera hai guidato moltissime vetture in altrettanti campionati. Qual è la tua categoria preferita? E l’auto più bella su cui tu abbia mai corso?

“L’IMSA è un campionato difficilissimo perché i circuiti americani sono ‘old school’, però è bello. Il WEC è la mia serie preferita perché c’è Le Mans, che ha una grande storia e molto fascino. La macchina più bella che io abbia mai guidato è quella che ho usato nel DTM nel 2013. In quell’anno si è verificato l’apice del campionato. Da quella stagione in poi, a causa dei costi, abbiamo cominciato a togliere un po’ di aerodinamica, e, quindi, a fare andare andare la macchina un po’ più piano, anno dopo anno. Le auto del DTM del 2013 erano incredibili. Anche se non è un campionato, per me Macao è una gara unica nel suo genere.”

Torniamo al tempo presente e alla stagione 2025 del WEC. Come sta andando il campionato? Che obiettivi ti sei posto? Pensi di essere in pari con le tue aspettative?

“Siamo partiti molto bene, con un terzo posto in Qatar che non ci aspettavamo. Il WEC è un campionato in cui se hai la macchina più veloce puoi vincere, ma anche in cui essere costanti e saper usare le proprie carte nel momento giusto è fondamentale. Ecco perché il risultato della scorsa gara ci dà molte speranze. Qua a Imola abbiamo vinto l’anno scorso. L’obiettivo nel WEC è quello di massimizzare tutti i punti disponibili, commettendo il minor numero possibile di errori e concludendo tutte le gare. L’anno scorso abbiamo fatto una bellissima stagione fino a Le Mans, dopo la quale, un po’ per i circuiti, un po’ per il BoP e un po’ per altri motivi, abbiamo perso quella competitività che avevamo precedentemente. Quest’anno abbiamo una macchina nuova e conosciamo meglio il campionato, quindi, secondo me, possiamo puntare al titolo. Siamo qui per provare a vincere il mondiale.”

Ti sei posto anche un altro obiettivo nella tua carriera, dato che hai fondato la tua academy, la MPA. In cosa consiste?

“Frequentando i kartodromi mi sono reso conto del fatto che c’è una mancanza di preparazione nei ragazzi. Il motivo è che, oggi, i giovani hanno la possibilità di guidare il kart e prepararsi sul simulatore a casa prima di correre in Formula 4 o in GT. Quando parli con loro, ti rendi conto del fatto che non conoscono i concetti e le dinamiche di base del motorsport. Basti pensare che l’altro giorno ho chiesto a un ragazzo quale sia la posizione del differenziale sulla sua macchina e lui, che aveva già fatto parecchi giorni su una Formula 4, non sapeva cosa fosse. Ho chiesto a un altro il numero di carburatori che monta una F4 e lui non ha spiccicato parola. Gli ho spiegato poi che la F4 non ce l’ha, dato che è a iniezione elettronica. Questi sono solo alcuni esempi.

I ragazzi non sanno perché si erodono i freni o come funziona una barra antirollio, oppure non conoscono gli effetti di un cambio di assetto, che può includere la modifica della campanatura o delle altezze. Ho visto questo e soprattutto la poca possibilità di provare, dato che solo se hai un budget infinito riesci a testare con le varie squadre. Se un ragazzo ha una disponibilità economica sufficiente e del talento, è difficile dargli la possibilità di imparare come si deve e di essere messo in un ambiente neutro, in cui possa confrontarsi con altri e capire i propri punti di forza. Se tu oggi prendi una griglia di kart, di Formula 4 o comunque di una categoria entry level, è difficile capire se uno va forte oppure se è veloce per altri fattori. Io sto cercando di creare un ambiente neutro, in cui riuscire a valutare, dare dei consigli ai ragazzi, indirizzarli verso il percorso giusto e magari un domani parlare con i costruttori. Ho messo in piedi una scuola, un’accademia, che sta andando benissimo. Sono fortunato perché sono riuscito a trovare i partner giusti che mi stanno a fianco. Al momento stiamo già crescendo e avendo altre idee. I primi ragazzi che sono passati ci hanno dato un feedback estremamente positivo, fatto che mi rende molto fiero di quello che ho creato.”

Vivi il motorsport anche a livello privato, dato che anche tua figlia Victoria è una pilota di kart. Come hai vissuto il suo avvicinamento a questo mondo?

“Due anni fa mi ha detto di voler provare un kart. Le ho spiegato che correre non è come giocare a tennis, lo sport che ha praticato in precedenza, dove hai lezione un giorno alla settimana. Quest’attività deve essere fatta con una certa costanza, altrimenti non si fa. Lei voleva comunque provare, così mi sono organizzato con Danilo Rossi, un mio carissimo amico, e siamo andati ad Arce, la sua pista, per metterla su un kart. Dopo una mattina su un Mini, lui mi ha chiesto quante volte avesse già girato. Scoprire che era la sua prima volta lo ha lasciato di stucco!

Lei non ha paura, ma dopo qualche test non era ancora sicura di cosa fare. Così l’ho portata a fare una gara del campionato italiano ROK a Lonato. Lei non aveva mai visto la pista né un weekend vero di kart, quindi, quando siamo arrivati lì e sono apparse le tende, le è venuta paura. Io mi sono imposto e le ho detto di correre perché, come si dice in gergo, o la va o la spacca. Prima dell’inizio delle gare ero su YouTube con il telefono per farle vedere il modo in cui si svolgeva una partenza nel karting perché non era nemmeno mai andata a vedere una gara di questo genere. Chiaramente non è arrivata in finale. Alla fine della giornata le ho chiesto cosa ne pensasse e lei era entusiasta. Nel giro di un anno e mezzo è passata dall’essere una bambina che gioca a tennis ad una pilota professionista che gira il mondo e l’Europa.

Sono felice perché lei sta andando veramente bene, anche se le manca l’esperienza, dato che corre contro ragazzi che sono sul kart anche da 5, 6 o 7 anni. Tutto sommato lei mi fa divertire moltissimo e io voglio che si diverta altrettanto. Vicky adesso ha l’appoggio di Iron Dames, che è molto importante a livello di immagine, e della F1 Academy. Tutto è partito veramente nel migliore dei modi.”

Siamo arrivati alla fine di questa nostra lunghissima chiacchierata. Oramai tu sei un pilota esperto. Nonostante ciò, hai ancora qualche sogno nel cassetto?

“Sì, devo ancora vincere Le Mans, che l’anno scorso ho concluso in seconda posizione. Anche Spa mi manca. Un anno eravamo primi con un giro di vantaggio e concretizzare il risultato sarebbe stata una passeggiata se non avessimo rotto il motore a due ore dalla fine. Anche tre anni fa eravamo primi, ma abbiamo bucato una gomma e abbiamo perso un’ora e mezza. La stessa sorte è capitata anche l’anno scorso, quando abbiamo mancato il podio sempre per una foratura a pochi minuti dalla fine. Quindi quest’anno dobbiamo vincere Spa e Le Mans.”

Ringraziamo Augusto per la grande disponibilità.

Media: BMW Group Press

---

Stai visualizzando da visitatore. Accedi o registrati per navigare su P300.it con alcuni vantaggi


Condividi

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

NordVPN
LE ULTIME DI CATEGORIA