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WEC | Intervista a Nicolas Costa: “Tutti i giorni ringrazio Dio per avermi dato l’opportunità di essere nel WEC”

di Francesco Gritti
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Pubblicato il 14 Maggio 2024 - 10:00
Tempo di lettura: 7 minuti
WEC | Intervista a Nicolas Costa: “Tutti i giorni ringrazio Dio per avermi dato l’opportunità di essere nel WEC”
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P300.it ha intervistato Nicolas Costa, pilota McLaren impegnato nel WEC, nel corso del weekend della 6 Ore di Imola. Ecco come ha risposto alle nostre domande

da Imola

L’arrivo nel WEC di Nicolas Costa è come un sogno. Il brasiliano, difatti, ha dovuto superare moltissime difficoltà di tipo professionale e non solo prima di poter competere a livello globale con McLaren e United Autosports. Di seguito potrai leggere la nostra intervista.

Ciao Nicolas, grazie di essere qui con noi. Per cominciare ti faccio tornare indietro nel tempo. Quando e come hai deciso di voler diventare un pilota?

“Non so da dove sia nata la mia passione per le macchine perché sono così fin da quando avevo due o tre anni. All’epoca volevo solo guardare le auto nuove nelle concessionarie. All’età di nove o dieci anni mio papà mi ha portato a provare i go kart per la prima volta e lì ho capito cosa volevo fare nella vita. Mi sono sempre piaciute le macchine!”

Hai corso in Italia ai tempi della Formula Abarth. Ti è piaciuto partecipare a un campionato sulle nostre piste?

“Certo, l’Italia è la mia seconda casa! Sono venuto qua quando avevo 21 anni dopo del tempo passato in Brasile, in cui ho imparato tanto. I rapporti con Vincenzo Sospiri sono iniziati nel 2010 e siamo stati insieme per sei stagioni. Essere qua a correre è sempre un piacere! Ho imparato un sacco di cose e ho vinto due titoli nazionali, uno in Formula Abarth e un altro nel CIGT. Per me l’Italia è un posto veramente speciale.”

Dopo aver vinto la Formula Abarth hai girato il mondo. Perché hai preso questa decisione?

“Quando non hai molto budget non ci sono tante alternative e, per questo motivo, devi cogliere le opportunità che ti capitano. Ecco perché ho corso un po’ in Europa, un po’ in Giappone e un po’ negli Stati Uniti. In quei momenti ero fermo o, comunque, mi arrivavano proposte attraenti. Era quindi difficile rinunciare a queste opportunità.”

Hai corso per molto tempo con Sospiri e Lamborghini. Come è nato il rapporto? Come è terminato?

“Sono stato nel programma Lamborghini per quattro anni grazie principalmente a Vincenzo Sospiri, che mi ha dato la possibilità di partecipare alla Formula 4 giapponese, in cui ho corso qualche gara. L’idea era quella di passare alle GT, categoria nella quale abbiamo ottenuto molto insieme. Ho vinto il CIGT con la Huracan del team di Vincenzo al primo anno. Poi abbiamo fatto qualche gara con la GT3, ma mai una stagione completa. Quando è arrivata la possibilità di correre in Giappone in una squadra ufficiale per quello che sarebbe dovuto essere un campionato completo sono voluto andare lì. Sono molto legato al Giappone, quindi, per me, era un sogno correre in quel paese con una GT. Insomma, ho colto al volo l’opportunità.”

Dopo la tua avventura giapponese sei rimasto fermo per più di un anno prima di tornare nei campionati brasiliani. Cosa ti ha permesso di interfacciarti con le serie di casa?

“A metà 2019 abbiamo interrotto la stagione in Giappone per concentrarci sul 2020. Quell’anno è stato meraviglioso, sia per il passo, sia perché ero in buoni rapporti sia con Nissan che con i miei compagni di squadra. Nel 2020, come tutti sappiamo, è arrivato in COVID e per questo motivo tutti i piloti stranieri in Giappone hanno perso il contratto. Ero tornato in Brasile a fine 2019 e lì ci sono rimasto perché non potevo né tornare in Giappone né andare da nessuna parte. Di conseguenza sono stato fermo per quasi due anni, nei quali non ho fatto prove di alcun genere, né in kart né tantomeno in auto. In quel periodo ho aperto una concessionaria e mi sono focalizzato su quello, visto che non ero molto contento di come era andata con il motorsport. D’altronde, avevo appena perso un’opportunità grandissima che mi aveva richiesto molti anni di lavoro.

Dopo un po’ di tempo uno dei miei migliori amici mi ha detto che sarei dovuto tornare a correre. Ho partecipato a una o due gare all’anno in Carrera Cup, in Brasile, prima di tornare a competere a tempo pieno la scorsa stagione, che è stata la prima completa dal 2016. L’ho fatta perché volevo capire se fossi ancora in grado di correre. Alla fine ho vinto 7 gare su 12 in un campionato estremamente competitivo. Per me è stata la stagione dei sogni! Non avrei mai pensato di poter fare così bene. A fine anno ho avuto la possibilità di svolgere un test con McLaren assieme a molti altri piloti. Penso che, in quanto silver, io sia andato forte. Insomma, se fosse andata diversamente non sarei qui! Abbiamo quindi fatto un compromesso per correre un anno nel WEC. Sinceramente, non mi aspettavo che potesse capitare una cosa del genere, visto che pensavo di essere molto distante da un campionato del mondo, soprattutto data la mia lunga assenza dalle competizioni. Essere qua è davvero un sogno! Davvero, tutti i giorni mi alzo e ringrazio Dio per avermi dato l’opportunità di essere qua nel WEC. Adesso provo solo a fare il meglio possibile!”

L’anno scorso hai vinto la Porsche Carrera Cup Brasil. Ti ha emozionato di più conquistare il titolo o tutto ciò che è successo dopo?

“L’anno scorso mi sono emozionato tantissime volte. Quando ho vinto la prima gara dopo tantissimo tempo sono arrivato al parc fermé senza voce. Inoltre ho fatto una pole position davanti a mio papà, che non vedeva una mia gara da otto anni. Penso che il round finale sia stato davvero speciale perché sono riuscito a vincere sia il campionato che la gara davanti ai tifosi della Formula 1, a mio papà, ai miei amici e agli sponsor. Ero così emozionato che non sapevo più cosa fare, è stato incredibile.”

Hai provato i prototipi dell’Imperio Endurance Brasil, che sono caratterizzati dall’aerodinamica attiva. Secondo te questo tipo di vetture è sostenibile nel mercato europeo?

“Secondo me sì! I prototipi brasiliani sono fatti per costare poco. Ecco perché montano un telaio tubolare, non in carbonio, e hanno il corpo vettura in vetroresina. L’auto costa di meno, ma non ha le stesse performance di una in carbonio. Per questo motivo, per fare andare veloce la vettura, bisogna cambiare mentalità, puntando quindi su aerodinamica e potenza. Abbiamo quindi propulsori davvero potenti e molta downforce, aiutata anche dall’aerodinamica attiva. Questo fa andare le nostre macchine come la Ligier (LMP3, ndr) e le altre auto contro cui competiamo. I prototipi brasiliani hanno quindi delle caratteristiche diverse ma, nonostante ciò, sono molto divertenti da guidare. Se li portiamo in Europa sicuramente saranno veloci!”

Ti faccio un’ultima domanda. Che obiettivi ti sei posto per questa stagione?

“Gli obiettivi variano da squadra a squadra. Questo è il primo anno di United con le GT3, quindi il team è formato interamente da rookie. Stiamo imparando tanto, ma, ovviamente, voglio vincere. Se non fosse così non sarei qui! L’obiettivo è vincere una gara, ma anche salire sul podio va bene. Sono molto contento del lavoro che stiamo facendo, visto che, fino ad ora, non abbiamo avuto molto tempo di sviluppo. Devo dire che, allo stato attuale delle cose, sono molto contento del passo e del lavoro di squadra. Tutti i miei compagni sono molto bravi, quindi sto imparando moltissimo e punto a continuare a farlo.”

Ringraziamo Nicolas per la disponibilità, Scarlett di United Autosports per aver organizzato l’intervista e Luciano per averci fornito i contatti.

Media: United Autosports


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