Vettel, il fenomeno nato a Monza 2008

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
30 Agosto 2017 - 09:00
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Guardi il meteo del week-end per sapere che tempo ci sarà durante il GP d’Italia a Monza e ti accorgi che probabilmente pioverà e pure tanto. La pioggia e Monza, nella storia recente della Formula 1, significano e portano alla mente una cosa sola: la vittoria di Vettel con la Toro Rosso.

21 anni, 2 mesi e 11 giorni sono le “cifre” che, grazie all’impresa di quella domenica di metà settembre, trasformarono un giovane e promettente pilota tedesco in un predestinato, in quello che fino a Barcellona 2016 è stato il più giovane pilota vincitore di una gara di F1. A Monza andò in scena la storia non solo per Vettel ma anche per la Toro Rosso, che fino a tre anni prima era chiamata Minardi e di quel team guidato da patron Giancarlo conservava l’anima oltre che il personale tecnico.

51 anni dopo la vittoria della Maserati al Nurburgring, un costruttore italiano che non fosse la Ferrari vinceva un GP di F1 non in maniera casuale, ma dominandolo. Già dalle prove libere del sabato mattina, sotto la pioggia, divenne facile intuire che quell’edizione del GP d’Italia avrebbe riservato delle sorprese. Con i “big” in difficoltà a trovare un assetto ottimale sul circuito bagnato, la Toro Rosso guidata dall’intelligenza tecnica di un grande come Giorgio Ascanelli volò letteralmente tra le chicane e i rettilinei del circuito brianzolo.

La pole position ottenuta da Vettel, e il quarto posto del compagno di team Bourdais a confermare una superiorità tecnica incredibile, fu il primo passo significativo verso la vittoria della gara. Lo stesso Ascanelli, qualche ora dopo la gara, spiegò il “segreto” di quella Toro Rosso con assetto da asciutto nonostante la pioggia battente.

“A Monza le cose sono più semplici di quello che uno possa credere. Devi avere la massima velocità possibile perché senza di quella non vai da nessuna parte. Così il carico si riduce al minimo, sia che piova oppure che ci sia il sole. Abbiamo lavorato bene sui freni, equilibrandoli, e sulle sospensioni che hanno permesso a Vettel di tagliare i cordoli con grande sicurezza. Abbiamo tenuto un assetto più alto possibile per avere una vettura guidabile in quelle condizioni”.

Tutto semplice all’apparenza, ma le parole di Ascanelli nascondevano un lavoro certosino che permise a Vettel di vincere il suo primo GP in carriera.

Un successo costruito nei primi 15 giri di una gara (partita sotto la Safety Car) che vide Vettel aumentare costantemente il proprio vantaggio sul primo degli inseguitori, la Mclaren di Kovalainen, fino a 10 secondi. I vari Massa, Hamilton e Raikkonen, staccati fin da subito, dovettero mettere da parte i sogni di vittoria e lasciare spazio al ragazzo della Toro Rosso.

“Cazzo, ho proprio vinto” fu una delle frasi dette da Vettel via radio subito dopo essere passato sotto la bandiera a scacchi, tra lo stupore generale e le lacrime di gioia dei meccanici del team. E quel dito in segno di vittoria, già visto 24 ore prima per festeggiare la pole position, venne mostrato al pubblico come “marchio di fabbrica” di un pilota che sapeva di essere entrato nella storia della F1.

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