Venne il regno di Lewis V

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
29 Ottobre 2018 - 00:09
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A volte è la prima impressione quella che conta. Ormai undici anni fa, quando Lewis Hamilton si affacciò al mondo della Formula 1 da esordiente di lusso sulla McLaren Mercedes, bastarono poche gare per capire che si aveva a che fare con un potenziale dominatore. Fui folgorato dalle sue prime gare, dalle prime qualifiche, dal livello di competitività espresso al fianco dell’allora fresco bicampione del mondo Fernando Alonso. Fu la sua dirompenza totalmente inaspettata anche per il suo padrino Ron Dennis a far saltare tutti i piani all’interno della McLaren, con i risvolti che ben conosciamo sull’andamento di quella prima stagione, la separazione in casa dell’asturiano, la fuga ed il ritorno da mamma Renault.

Hamilton arrivò ad un punto dall’essere Campione all’esordio e, se lo fosse diventato, probabilmente nessuno avrebbe potuto accennare il minimo dubbio nei suoi confronti. Quel titolo perso per un pugno di mosche gli tornò in tasca un anno più tardi più o meno nello stesso modo. Anzi, a dire il vero, in maniera ancora più rocambolesca. A farne le spese Felipe Massa, il campione del mondo per 30 secondi del 2008.

Da lì in poi la carriera di Hamilton è proseguita in contemporanea alla nascita ed al pieno svolgimento del ciclo Red Bull/Vettel. Sempre, comunque, con la possibilità di dire la sua, a tratti anche per il titolo nel 2010 e 2012. Sempre con almeno un GP vinto all’anno, senza mai farsi scappare la possibilità di timbrare il cartellino. Il crocevia della sua carriera giunge nel 2012, con la scelta ai tempi ritenuta folle di lasciare la sicurezza della McLaren per accasarsi in Mercedes, incapace di dare per tre anni al vecchio Schumi una monoposto capace di non devastare le gomme. Mai decisione fu più lungimirante, azzeccata, profetica. Dopo il 2013 di attesa, sempre e comunque con una vittoria, dal 2014 la Mercedes sforna costantemente la monoposto più forte della griglia.

Sei anni dopo il primo titolo Lewis diventa Campione per la seconda volta nel 2014, all’ultima gara. La forza della Mercedes è tale che il discorso iridato è sin dall’inizio questione tra lui e Nico Rosberg, amico di vecchia data. Il 2015 va via ancora più liscio per raggiungere l’idolo Ayrton Senna a quota tre titoli iridati. La Mercedes, intanto, è sempre più forte e non c’è spazio nemmeno per Sebastian Vettel, passato nel frattempo in Ferrari. Tre vittorie in una stagione dominata dai grigi, con Rosberg impotente ma la cui pelle viene venduta prima del tempo.

Chissà, forse quel cappellino lanciato addosso a Nico ad Austin è la goccia di un’amicizia finita. Fatto sta che il 2016 regala l’imponderabile: Mercedes sforna un altro missile, Rosberg corre la stagione della vita, sveste i panni del secondo, si ribella ad un’etichetta mai accettata e sgretola tutte le certezze di Lewis. L’inglese, sotto i suoi occhi increduli, quasi come in trance tra una partenza sbagliata e l’altra vede il compagno sfilargli di mano lo scettro di Campione del mondo. Inaspettato, incredibile, inaccettabile per Lewis che, oltre al danno, subisce la beffa di vedere il compagno prendere il trofeo e salutare la compagnia, ritirandosi senza concedergli nemmeno la rivincita.

È la sconfitta più pesante e netta della carriera. Ma, forse, è proprio quella di cui aveva bisogno. Perché l’esordio con una Mclaren gli ha tolto la possibilità di fare la gavetta, di sgomitare per un decimo posto, di vivere la griglia dal mezzo prima che dalla testa. Il tonfo del 2016 lo costringe ad un reset che arriva e che forgia un nuovo Lewis. A farne le spese è Sebastian Vettel che, dal 2017, diventa il principale antagonista. La Ferrari torna a lottare per il titolo ma Lewis è diverso, più forte, più deciso, meno falloso, rinforzato dalla delusione. Corre una stagione senza sbavature e piega la resistenza del tedesco e della Rossa, raggiungendo Seb a quota quattro titoli in Messico.

Sempre il Messico è teatro un anno dopo, ovvero oggi, dell’aggancio a Juan Manuel Fangio. Questa volta il titolo è agevolato dall’anno peggiore di Vettel, ma questo non toglie meriti a Lewis che ha colpito quando serviva e resistito quando c’era da tenere botta. A 33 anni ha ancora tempo per raggiungere il settebello di Schumi, ma non troppo. La gioventù dei Verstappen e Leclerc scalpita. Mercedes vince da cinque anni con numeri spaventosi e non potrà essere sempre primavera. Per questo, però, dobbiamo attendere inevitabilmente.

E questo è quanto. Ora passo ad un paio di considerazioni personali.

Lewis Hamilton personalmente parlando è lontano da me anni luce. Non mi piace il suo stile di vita, il suo voler essere protagonista, tutto il contorno che non ha a che vedere con volante e pedali non è in linea con il mio modo di essere e di fare. Non mi pare, tra l’altro, che sia la prima volta che lo scrivo. Detto questo sarebbe ingiusto e fuori luogo negare le sue capacità per motivi che non hanno a che vedere con la sua attività sportiva. Il Lewis Hamilton degli ultimi due anni è il più forte che io abbia mai visto e ha meritato senza dubbio alcuno gli ultimi due titoli mondiali. Il ceffone del 2016 l’ha reso più concreto, meno distratto, forse ancora più veloce. 

Resta in me intatta, comunque, la curiosità di vederlo con una vettura che non sia sistematicamente in grado di procurargli vittorie, quella che come detto prima non ha avuto all’inizio della carriera. Credo sia innegabile che la sua ascesa ed i suoi numeri siano stati agevolati dall’esordio con quella macchina lì, con quelle potenzialità lì. Per questo i paragoni con gli altri campionissimi sono sempre difficili. Hamilton non ha esordito con una Minardi come Alonso, con una Toro Rosso come Vettel, con una Jordan/Benetton come Schumacher. È entrato direttamente dalla porta principale e sono sicuro che se gli altri avessero fatto altrettanto avremmo altri numeri di cui parlare. Ora si cammina sull’olio ma l’indole difficilmente cambia e l’abbiamo visto anche oggi: basta che le cose non vadano al 100% e Lewis dubita, chiede spiegazioni, non si sente tranquillo.

Ecco perché spero che questa mia curiosità e queste mie domande abbiano prima o poi una risposta. Ho bisogno di questa prova per avere il quadro completo della sua carriera, per poter dire definitivamente chi è per me Lewis Hamilton. Un campionissimo, un cinque volte iridato a cui vanno tutti i meriti del mondo ma, per me e ripeto per me, con ancora un piccolo gradino da scalare per entrare nella Leggenda.

Nella Storia, intanto, già c’è: su questo nessuno può dire nulla.

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