Uno strano 8 marzo

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 6 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
8 Marzo 2018 - 19:00

Per coloro di voi che non riescono a interpretare l’immagine qui a sinistra, vi sollevo io dai dubbi: sono i festeggiamenti da parte dell’equipaggio vincitore del 23° Rallye di Sanremo, alla guida dell’Audi Quattro portata per la seconda volta in trionfo, per la prima volta nella storia del Mondiale Rally da un equipaggio tutto femminile. Le due ragazze sorridenti sopra il parabrezza lucido della vettura ufficiale di Ingolstadt sono la transalpina Michèle Mouton e la nostra Fabrizia Pons. Le due ragazze riuscirono a vincere il famoso rally della nostra penisola contro avversari come Walter Rohrl, Henri Toivonen e Ari Vatanen. E non sarà solo l’unica gioia per la coppia franco-italiana giacché nella stagione seguente, il 1982, arriveranno altri tre successi che varranno alle due ragazze il secondo posto nel campionato.

Questo evento, senza mezzi termini storico, avveniva il 10 ottobre 1981. È un peccato che esso non cada il giorno della festa della donna, l’8 marzo, dato che la coincidenza sarebbe curiosa e farebbe parecchio discutere, soprattutto quest’anno. Appena quarantotto ore fa le parole di un’altra donna pilota (seppur di prestigio ben inferiore), Carmen Jordà, hanno fatto tremare, rabbrividire e, alla peggio, schiumare di rabbia i fan e i sostenitori del motorsport di tutto il mondo. Per la precisione, la ventinovenne spagnola ha parlato, pensando magari di dare un prezioso consiglio alle persone del gentil sesso che intendono scalare il mondo delle quattro ruote, di come fosse più conveniente per loro concentrarsi su categorie a sua detta “più accessibili per una donna”, menzionando la Formula E in particolare come alternativa alla Formula 1. Da precisare come la spagnola fosse ospite a Città del Messico per l’ePrix dell’autodromo Hermanos Rodriguez, per cui la scelta di dare una direzione alle aspiranti pilote di tutto il mondo verso questa categoria e non un’altra ci può anche stare.

Infatti, dietro a delle frasi così criticate, io ci vedo un intento tutto sommato positivo; stendendo un velo pietoso sul tweet che ha eseguito in seconda battuta per cercare di far capire ciò che stava provando a comunicare (fallendo miseramente e dicendo una grossa baggianata sulla maggior facilità di guida delle vetture con meno downforce), mi concentrerei intanto sul perché di quelle parole. La stessa Jordà, in quanto donna che ha provato con mano monoposto e che ha corso in categorie come GP3, Formula Renault e F3, di certo non andrebbe a far desistere volutamente le sue colleghe nel tentativo di raggiungere il proprio sogno di diventare volti riconosciuti da tutti i fan del motorsport. Il suo consiglio credo fosse per spronare quelle sue stesse colleghe a considerare anche la Formula E come opzione, non incappare nell’errore di snobbarla in quanto categoria elettrica e non pensare, come un chiodo fisso, solo al sogno della Formula 1. “Meglio essere il pesce grande nella boccia più piccola, piuttosto che fare la comprimaria in quella grossa”, se volessimo dirla così.

Purtroppo, molto spesso, a buone intenzioni non corrispondono altrettanto buone azioni o parole. Probabilmente la giovane spagnola non ha contato fino a dieci prima di affermare ciò di cui si discute oggi, e quindi eccoci qui a parlare di come l’attuale membro della Women in Motorsport Commission FIA abbia:

  1. Affossato con la pala la F.E. bollandola come “seconda scelta” alla F1;
  2. Pronunciato dichiarazioni parecchio dubbie sul perché una pilota dovrebbe scegliere questa categoria piuttosto che un’altra;
  3. Parlato di “barriere di carattere fisico” come il vero ostacolo che impedisce alle giovani pilote di arrivare a categorie come F1 o F2.

E fare tre dichiarazioni di questo tipo nell’Era Internet, dove gridare “Al lupo! Al lupo!” e sbraitare è una prassi, è stato un errore madornale. Come molti hanno detto, in particolare sulla terza voce di questa lista, l’aspetto fisico non è la barriera che impedisce il raggiungimento di questi obiettivi. La generalizzazione, la poca spinta da chi invece dovrebbe supportare queste ragazze e, ovviamente, anche la durezza del mondo di cui stiamo parlando sono i principali motivi per cui di donne pilota ne vediamo poche. Ma pensare che il livello di queste, una volta raggiunti questi obiettivi, sia per forza di cose basso è un errore da non fare. O meglio, nel caso di Carmen, da non ripetere.

Si pensa spesso ai risultati insufficienti portati in cascina dalle donne, magari proprio in F1, andando a ripescare esempi di ben altre epoche come Giovanna Amati o Divina Galica. Però pensateci un attimo… solo le donne non sono state in grado di fare risultati una volta arrivate alla categoria vertice del motorsport? Non serve nemmeno una grande memoria storica per ripensare a piloti come Karthikeyan, Maldonado o Palmer, considerati da tutti come esempi di ciò che NON si dovrebbe fare a bordo di una vettura di F1, tanto da diventare quasi dei meme viventi. Grazie sempre a Facebook e compagnia, per questa cosa.

Riguardando l’immagine di Michèle e Fabrizia invece penso a tutt’altro, a come la forza di volontà e il talento possa risiedere in chiunque, e certamente anche in due giovani ragazze come loro. E pensare che loro due sono solo l’esempio più lampante… basta dare uno sguardo oltreoceano verso la Indycar per trovare esempi come Danica Patrick o Simona De Silvestro. E, nel caso non foste ancora sazi, vi propongo anche un esempio delle due ruote ovvero Ana Carrasco, l’ex pilota Moto3 di sesso femminile sbarcata l’anno scorso in SSP300. La spagnola, che tra appena due giorni compirà ventuno anni, l’anno scorso ha assaporato la gioia della vittoria nella neonata categoria, vincendo a Portimao una gara tiratissima e in sella a una Kawasaki tutt’altro che favorita. E io ho pure avuto molto piacere, a commentare quella gara in un articolo.

Ana, Michèle, Fabrizia, ma anche la stessa Carmen sono l’esempio lampante di come raggiungere i propri sogni sia possibile. E lo stesso fanno anche i loro colleghi uomini ogni giorno a bordo o in sella ai loro bolidi. Se lo si vuole, non c’è barriera fisica, o politica, o costituita dalla mancanza di sponsor che tenga.

Con questo termino, perciò tanti auguri a tutte le donne per questo 8 marzo e buona serata a tutti quanti.

Fonte immagine: Internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.it)

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