La notizia della separazione consensuale tra James Allison e la Ferrari aveva bisogno, probabilmente, solo di una conferma.
Questo epilogo era purtroppo nell’aria e, senza bisogno di ergersi a portatori unici della verità, credo sia piuttosto chiaro che la tragedia che ha colpito l’ormai ex direttore tecnico della Ferrari ad inizio stagione è stata debilitante sotto qualsiasi punto di vista, personale e lavorativo, e che a medio termine avrebbe potuto portare a conseguenze di questo tipo. Per chi non sarebbe così, d’altronde?
Immedesimarsi nella disgrazia della perdita di una moglie è naturalmente inimmaginabile, e per quanto si possa essere personaggi noti e dotati di qualsiasi tipo di disponibilità non è facile affrontare situazioni del genere, soprattutto se c’è della prole da seguire, sistemare, a cui ridare morale e alla quale cercare di far tornare il sorriso dopo un evento del genere.
In questi casi il lavoro, oltretutto a distanza, non può che subire le conseguenze di certi avvenimenti. E credo che non sia nemmeno il caso di accennare a qualsiasi tipo di responsabilità di Allison sulla stagione in corso della Ferrari. Sapete come la penso: forse sarebbe stato sufficiente calcolare meglio le aspettative ad inizio anno, invece di dover fare i conti con una realtà diversa.
Ovvio che da tutto questo la Ferrari ne esca penalizzata, ma la vita personale viene, per me, prima del lavoro.
Credo solo che si debba portare ad Allison il giusto rispetto per un uomo che sta vivendo una fase difficile della propria vita e inviare, a lui e ai suoi ai suoi tre figli, un abbraccio e un in bocca al lupo per il futuro.
Niente di più, niente di meno. Il lavoro può attendere.
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