Un disastro biblico ma mezzo annunciato

BlogSeven
Tempo di lettura: 6 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
3 Settembre 2018 - 14:07
Home  »  BlogSeven

A questo punto non so se la Ferrari avrà la forza di rialzarsi, almeno nel breve termine. Perché lo schiaffo rimediato a Monza, con le Mercedes ancora in parata anche se prima e terza è fortissimo, pesante, sontuoso.

Le dimensioni di questo disastro sono nei trenta punti che ora separano Hamilton e Vettel in classifica, ma soprattutto nelle ripercussioni che si scateneranno nel team, nei tifosi, nell’opinione pubblica dopo quanto successo ieri.

“Non vorrei essere nei panni di Sebastian. Perché al di là dei sorrisi e degli innumerevoli impegni stampa obbligati dagli sponsor non deve essere semplice gestire tutto questo, soprattutto in una stagione in cui l’errore si è fatto vivo quando meno ce lo si aspettava.” Avevo scritto questo nel pezzo di giovedì scorso, “Under pressure”.

La pressione era troppa e solo la vittoria sarebbe stata accettata di buon grado. Solo un secondo posto sarebbe stato deludente, figuriamoci un testacoda al primo giro ed altri tredici punti persi. 

Non voglio essere nei suoi panni adesso, perché quanto accaduto alla Roggia è devastante. Può lamentarsi quanto vuole di esser stato spinto da Hamilton, ma questa volta Vettel le critiche le merita tutte anche se, occhio, non solo a lui si deve una tirata d’orecchie. Ho sentito persone lamentarsi di Hamilton, ne ho sentite tante fischiarlo nei giri successivi al contatto e sotto il podio, accusarlo di aver buttato fuori deliberatamente il suo avversario. Anche se con le dovute differenze io rispondo e ricordo come già fatto giovedì che quindici anni fa nello stesso punto, alla Roggia, le cose sono andate diversamente tra Schumacher e Montoya. Perché Sebastian non è Michael ed è ora di capirlo. Nulla toglie che sia il suo idolo, nessuno di noi può metterlo in discussione ed è affascinante il fatto che sia arrivato qui dove lui ha corso e stravinto. Ma la questione finisce qui, punto. Anche Michael sbagliava, picchiava sul muro, si fracassava, ma le sue prime Ferrari erano una F310 che perdeva i semiassi ed una F310B con la quale, se non fosse per Jerez, si griderebbe ad una delle sue migliori stagioni in carriera per i miracoli mostrati. Se Michael avesse avuto in mano da subito diciamo dalla F399 in poi il mondiale non sarebbe arrivato dopo cinque stagioni.

E non è tutto, perché in questo periodo Sebastian non è neanche Lewis e forse solo lui può trovare una risposta guardandosi allo specchio e chiedendosi cosa stia succedendo, cosa possa cambiare da una settimana all’altra per passare dal trionfo al disastro. Con gli alti e bassi non si vince più in questa Formula 1 perché l’affidabilità non è quella degli anni 80 ed i punti persi pesano come macigni soprattutto se sono tanti, troppi. E se dall’altra parte c’è uno come Hamilton, che sbaglia poco o nulla, c’è poco da lamentarsi. Alla Roggia Vettel era sì in difficoltà tra Kimi davanti e Lewis dietro, questo bisogna ammetterlo, ma poteva e doveva gestirla meglio. Perché o ti difendi come Verstappen ed intimorisci l’avversario oppure, se fai il timido, una scarpa ed una ciabatta, finisci così.

C’è anche poco da rimproverare a Bottas di avere fatto esattamente quello che Barrichello ed Irvine facevano ai tempi, aiutare la squadra. E Valtteri l’ha fatto benissimo, contribuendo ad un panino fatale per il povero Kimi, incastrato tra le due Mercedes senza possibilità di superarne una e braccato dall’altra. Bisogna essere onesti: la Mercedes, a Monza, ha dato una lezione sonora alla Ferrari. I loro piloti sono stati più forti, lucidi. Hamilton è stato semplicemente magistrale, la W09 perfetta nell’assecondarlo. Ai box la strategia è stata precisa, cinica, spietata.  

Lo stesso Vettel giovedì rimproverava i giornalisti in conferenza stampa, esaltati dalla vittoria di Spa, sostenendo che non era vero che la Ferrari ha un margine così ampio sulla Freccia d’argento. Ed aveva ragione. Nella gestione delle gomme, con la Mercedes che tutti ci avevano venduto come in difficoltà, si è vista tutta la differenza. Hamilton è restato nella scia di Raikkonen per tutti i 20 giri in cui il finlandese è stato in pista senza problemi estremi, tanto che poi dopo il pit di Kimi ce ne ha messi otto prima di rientrare per la sua sosta. Al ritorno in pista, aiutato da Bottas, ha mangiato lo svantaggio di oltre quattro secondi e braccato la Ferrari fino a quando non è arrivato il sorpasso. Al contrario Kimi ha bruciato le gomme dietro Bottas, arrivando al parco chiuso con la posteriore sinistra solcata dal blistering.

Il weekend di Monza, però, non segna solo il punto più basso di Vettel ma mette in mostra le lacune di una situazione ormai imbarazzante. La mia gioia per la pole di Kimi di sabato è solo una questione personale, ma dal punto di vista del team è proprio dal sabato che il disastro ha preso vita. Se si punta ad un pilota per lottare al titolo bisogna metterlo nelle condizioni migliori, soprattutto se ha già perso dei punti preziosi in passato. Permettere la scia a Raikkonen durante le qualifiche è stato un errore clamoroso, perché ha posto le basi per la Caporetto di ieri e forse Vettel, con quel “ne parliamo dopo” via radio aveva già capito. A Ferrari invertite alla Roggia non sappiamo come sarebbe andata a finire, ma Sebastian avrebbe avuto meno pressione addosso ed una macchina tra sé ed Hamilton. E, se è vero come si dice che ormai Raikkonen è stato “salutato” e non ha più un obbligo di correre per aiutare il compagno, le cose sono ancora peggiori, perché certe dinamiche non dovrebbero intaccare le possibilità per il titolo. Spero, infine, che al muretto avessero deciso di fermare Kimi volontariamente e non dopo aver abboccato alla finta della Mercedes, altrimenti significherebbe che i fantasmi di Abu Dhabi non sono ancora stati spazzati via.

Ora cosa resta di tutto questo? Un morale da ricostruire, un pilota tramortito da se stesso, un altro sulla soglia dei 40 anni che da qui alla fine della stagione farà il suo e, se per sbaglio capiterà, darà una mano per la lotta al titolo. Non era questo il finale che la Ferrari ed i suoi tifosi si aspettavano da Monza. Non era così she si voleva ricordare il grande Enzo e non era questa la dedica che si voleva fare a Sergio Marchionne. Ma tra errori, scelte forse rivedibili ed una pressione esageratamente autoimpressa, lo stato attuale delle cose è questo.

Forse, per la prima volta, dopo due terzi di stagione il mondiale ha approcciato una delle due strade al bivio. E se continuerà così, ahimè per i ferraristi, non potrà che essere quella giusta.

Leggi anche

Tutte le ultime News di P300.it

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

LE ULTIME DI CATEGORIA
Un Commento su “Un disastro biblico ma mezzo annunciato”
aprowi dice:

condivido in pieno tutto quanto. fortunatamente ci sono ancora veri amanti di questo sport, che esprimono obiettivi giudizi.
bravo ancora

Lascia un commento

Devi essere collegato per pubblicare un commento.

COLLABORIAMO CON

P300.it SOSTIENE

MENU UTENTE

REGISTRATI

CONDIVIDI L'ARTICOLO