Resiste al tempo, alla vita, alla morte. Colora, identifica chi protegge, è il simbolo con il quale chi ci fa appassionare al motorsport si presenta ai nostri occhi.
Tutte le azioni meravigliose che ricordiamo, i sorpassi, i duelli, le vittorie e le sconfitte passano attraverso un casco. Non è solo uno strumento di sicurezza ma è il pilota, la sua rappresentazione in monoposto, la culla dei suoi pensieri e delle sue emozioni.
Livree semplici, particolari oppure personalizzate. C’è chi sceglie un colore per non cambiarlo mai più e chi, nel tempo, decide di rinnovarlo. Il casco porta con sé negli anni la personalità di chi lo indossa: la necessità di mostrarsi diverso, evoluto oppure la coerenza di chi vuole essere sempre identificabile a prima vista.
Il casco è sempre presente: da quando si è piccoli fino a fine carriera ed oltre. Ed in quell’oltre c’è anche l’inevitabile, l’impensabile. Il casco resiste a tutto. Sopravvive al suo proprietario, è la sua eredità, è l’immagine dei ricordi sempre viva in chi lo osserva e sogna di vedere, dietro la visiera, ancora gli occhi immersi nella concentrazione.
Niki, Jules, Marco, Ayrton, Gilles e chissà chi ancora. Volati via ma con un punto in comune: un casco posato sul feretro. Il simbolo di tutti, presente fino alla fine, quel distacco doloroso.
Pronto a svolgere, orfano del suo proprietario, il ruolo più importante: ricordarci di lui anche quando non c’è più, riaccendere i ricordi, riportare a galla emozioni indelebili.
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