La data ufficiale è quella del 17 luglio. Abbiamo in mente le immagini dell’ultimo saluto, con i suoi colleghi a sorreggerlo e il minuto di silenzio sulla griglia di partenza a Budapest.
E’ però di un anno fa, il 5 ottobre 2014, la data che ha spezzato gli equilibri e fatto tornare la F1 nell’incubo della morte in pista. Forse, in cuor nostro, l’avevamo capito tutti. Se non subito qualche giorno dopo, quando le immagini del botto della Marussia contro il trattore di Suzuka (nascoste inutilmente dalla FOM) hanno fatto il giro del mondo.
Troppo spaventoso, troppo forte, quasi troppo vero. Un combinazione del genere sarebbe stata impossibile da superare per chiunque. Abbiamo sperato invano per nove mesi, ma avevamo già capito che qualsiasi miglioramento sarebbe stato una goccia nell’oceano di un incidente che solo per miracolo aveva lasciato Jules da questa parte, almeno fisicamente.
Forse sarebbe stato meglio che finisse tutto subito. Per i suoi cari, per gli amici, per tutti quelli che hanno sperato. Giusto una settimana prima della notizia papà Philippe parlava di questo, dello strazio di guardare fisicamente un figlio che ormai non c’è più su un letto d’ospedale. E la fine dell’agonia di pochi giorni dopo mi aveva lasciato qualche dubbio sulla coincidenza tra quelle dichiarazioni e la notizia ufficiale, a così poco tempo di distanza.
Ma poco importa, di fronte a quello che la famiglia ha dovuto affrontare a partire da un anno fa, in una gara maledetta nella quale forse qualcosa si poteva fare. Ma lo scopriamo, tragicamente, sempre dopo. Quando non si può tornare indietro e rimangono solo i rimpianti.
Questo è il giorno che chiude un cerchio lungo un anno, con la speranza che il ricordo di Jules rimanga sempre negli appassionati anche dopo le commemorazioni ufficiali. Con quella tabella di Monaco a ricordare un momento altissimo in un team piccolissimo, sopravvissuto proprio grazie a quei due punti, a quella gara pazzesca, e che si appresta nel 2016 a fare un piccolo salto in avanti.
Ancora una volta, e non sarà l’ultima: Ciao Jules.
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