Ho smesso di credere alle favole da un po’ di tempo. Oggi tutti a Sochi per iniziare la farsa del post-dramma Giapponese.
Bernie dice che va tutto bene, Wurz dal suo ruolo della GPDA chiede ai piloti di non rilasciare dichiarazioni riguardanti l’incidente (e questo fa calare tantissimo la mia stima nei suoi confronti). Per rincarare la dose, a Sochi viene mandato in conferenza stampa Sutil, come se non fosse abbastanza pieno di pensieri per quello che ha visto con i suoi occhi quattro giorni fa. Scene che, magari, qualcuno gli ha gentilmente chiesto di tenere per sé.
D’altronde, cosa volete che sia successo. Il sistema di comunicazione della direzione gara ha fatto pienamente il suo dovere, le bandiere gialle erano esposte, i piloti dovevano rallentare. Insomma, Bianchi ha commesso una leggerezza. Ha alzato il piede ma non quanto basta, ha rallentato ma non quanto necessario, insomma qualcuno sotto sotto avrà anche detto tra sé che se l’è andata pure a cercare, l’uscita di pista (e la gru in quella posizione? Mi chiedo io).
Poi poco importa che sia consuetudine comune quella di mostrare a Whiting e colleghi che il piede lo si è alzato perdendo il minor tempo possibile. Perché così è. Come in tutte le zone grigie del regolamento, anche quella della bandiera gialla non fa eccezione. Bisogna rallentare. Quanto è a discrezione del pilota, ma deve mostrare di aver alzato il piede. E questo, Jules, non sappiamo quanto l’abbia fatto. Non sappiamo se le indicazioni sul volante hanno funzionato, non sappiamo se al buio di un Gran Premio che sarebbe potuto partire qualche ora prima e con la pioggia che veniva giù abbia avuto il tempo per guardare quante bandiere venivano sventolate dai commissari deconcentrandosi dalla guida. Come se fosse facile, a certe velocità e in certe condizioni, mettersi a guardare qualcosa che non sia la strada davanti a sé. Tutti i piloti cercano di perdere il meno possibile, perché è sempre stato così e di certo non si può imputare a Jules una colpa che è di tutti. Ma fa comodo seguire questa linea, evidentemente.
La FIA, la FOM, insomma tutti, d’altronde, le spalle se le sono già coperte. La gara ad una settimana di distanza, e oltretutto in terreno nuovo di pacca, è una manna dal cielo per tornare a parlare di sponsor, investimenti, gare future su Marte e distrarre l’attenzione del dramma. Per ribadire che è tutto ok, che è stata una fatalità, sarebbe potuta capitare a tutti. Però, forse, è capitata ad un pesce piccolo, ed ecco perché i padri padroni e la direzione gara anche questa volta la passeranno liscia tentando, anzi, di difendersi in tutti i modi possibili. Perché possono farlo. Perché, tramite i vari delegati, più che porre l’attenzione sulle mancanze preferiscono ribadire quanto si siano comportati tutti correttamente.
Quanto sarebbe cambiata la F1 dal 1994 in poi se a morire ad Imola fosse stato solo Roland Ratzenberger, pesce piccolo con la valigia per soli 5 GP e a bordo di una Simtek? Io ho sempre pensato che sarebbe cambiato pochissimo, forse nulla. Perché di lamentele in quel 1994 già ne erano arrivate, ma nessuno si era mosso. Ci voleva il pesce grosso perché qualcuno capisse di non poter più scherzare con i giochetti dello scarica barile e della difesa. E il pesce, in quel caso Ayrton, fu grossissimo. Ai pesci grossi non puoi imputare delle colpe, a quelli piccoli sì anche se sappiamo che entrambe le disgrazie di Imola furono il risultato di problemi tecnici.
Ora molti, moltissimi addetti ai lavori (giornalisti, delegati FIA, tra cui svariati ex piloti) si ergono a difensori delle regole andando indirettamente ad addossare la colpa dell’uscita di pista al povero Jules, che non sappiamo se potrà un giorno ribattere. Ma siamo sicuri che queste stesse persone, e chi comanda, in questa settimana si sarebbero comportati nello stesso modo se sulla gru si fosse schiantato un altro pilota? Lo dico con una mano sulle parti basse, ma il risultato dell’incidente di domenica sarebbe solo un adesivo sulle vetture (gesto comunque onesto, sincero ed apprezzato da parte del buon Vergne) se il pesce fosse stato uno tra Ferrari, Red Bull, Mclaren o Mercedes? Qualcuno avrebbe avuto il coraggio di dire che un top driver, magari campione del mondo, non aveva rispettato le bandiere gialle? O forse qualcuno si sarebbe messo una mano sulla coscienza e avrebbe capito che non è più il tempo di scherzare?
E invece no. Siamo a Sochi, a prendere milioni di dollari, quattro giorni dopo che un incidente ha distrutto la vita di un 25enne su una vettura che l’anno prossimo, magari sarà più in griglia, giusto per poter dimenticare ancora più in fretta. Cosa ci resta? Un adesivo. Cosa cambierà, nel frattempo? Poco, nulla, forse ci sarà un GP nel deserto in più, in qualche angolo sperduto del pianeta.
Sono pessimista? Forse. Ma se trovate dell’ottimismo in giro, però, fatemelo sapere.
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