Tra vecchio e nuovo… perché scegliere?

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 10 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
28 Luglio 2020 - 11:00

Tra giovani rookie arrembanti e piloti con oltre dieci anni di stagioni alle spalle, ce n’è per tutti i gusti in questa MotoGP.


Sono passate più di ventiquattro ore dal Gran Premio di Andalusia della MotoGP, che ha così concluso la coppia di round a Jerez de la Frontera organizzata per dare finalmente il via a questo mondiale. Dalle due gare andaluse sono emersi tantissimi temi per l’inizio di stagione, roba che basterebbe per bloggate e bloggate. Vi annuncio già che, alla fine, ne vedrete solo due (almeno da me).

Quello che più mi preme trattare è ciò che il GP di Andalusia ci ha dato, ovvero un’ulteriore conferma di come il livello di questa MotoGP, che racchiude al suo interno sia giovani che piloti di grande esperienza, sia davvero alto. Dopo che Marc Márquez, nello scorso weekend, era riuscito a umiliare tre quarti di griglia girando un secondo più veloce e recuperando da 16° a terzo fino alla rovinosa caduta in curva 3, molti hanno pensato che la concorrenza affrontata dal #93 non fosse all’altezza. Per quanto mi riguarda, Marc rimane, in termini di livello, il pinnacolo da raggiungere, ma tutti coloro che gli stanno subito sotto per velocità sono altamente competitivi.

Ci sono i nuovi che avanzano, il vento del cambiamento, la nuova generazione di piloti che, un po’ parallelamente alla F1 coi vari Verstappen, Leclerc, Norris e Russell, si sta rivelando sempre più interessante. Immagino abbiate già capito chi sia l’esponente di maggior spessore e interesse: Fabio Quartararo si è definitivamente sbloccato, un po’ tutti ce lo aspettavamo dopo lo strepitoso 2019 e sono sempre di più le persone che vedono nel franco-siciliano il secondo fenomeno che ha debuttato nello scorso decennio, dopo Márquez. Ciò che mi ha impressionato, di questi due weekend vittoriosi, è la differenza di maturità e precisione che ha contraddistinto Quartararo da Jerez 1 a Jerez 2: nella prima gara non era partito bene, si è lasciato un po’ prendere alla sprovvista dalle Ducati, da Viñales e da Márquez, per poi ricomporsi e approfittare dell’uscita di pista dell’altro fenomeno (a proposito, strepitoso quel che ha salvato Márquez), fino a vincere la sua prima gara con tanto di esplosione dell’airbag dall’impeto di gioia (che pare stia diventando un suo marchio di fabbrica). Nella seconda gara è sembrato di vedere un pilota due volte più completo, dallo scatto sino al traguardo, quasi una versione moderna di Jorge Lorenzo nel periodo Yamaha. Carlos Sainz diceva che “la sensazione di vincere la prima gara è come quella di sfondare un blocco di cemento. Dopodiché, diventa tutto molto più semplice”, e credo proprio che anche stavolta il campione spagnolo di rally abbia centrato il punto.

Quartararo non è però l’unico nome che compare nella lista. C’è anche Maverick Viñales, suo futuro compagno di squadra e, un po’ per opinione comune, quello che dovrebbe essere posto come rivale naturale di Márquez, forse per la nazionalità, per i trascorsi in giovane età o perché non si sopportano nemmeno granché. Su “Top Gun” farò una bloggata dedicata, ma credo che sia comunque giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, riconoscendogli come sia tra i più forti attualmente in pista. Nella generale per ora fa la formichina, 40 punti in cascina, ma oltre questo si tratta di un pilota dall’indiscutibile talento. Nonostante i soli venticinque anni (anche se, per l’età media di chi corre ora, possono pure sembrare abbastanza), Maverick ha già assaporato diversi bocconi amari, come la sconfitta, il difficile confronto col compagno di squadra, gli errori, le cadute, delle moto non competitive con cui dover combattere. Tutte cose brutte, ma che fanno crescere e ti permettono di accumulare esperienza. Maverick comincia ad averne in buona quantità, è ora di farla fruttare limando i punti deboli.

Anche il tricolore italiano ha molto da dire per il futuro. “Pecco” Bagnaia e Franco Morbidelli sono stati tra i protagonisti sia a Jerez 1 che 2, fino a quando, nella seconda gara, le rispettive moto non hanno deciso di abbandonarli a bordo pista tra rotture di motore e fumate. “Franky”, nello stare vicino a Rossi e addirittura davanti a Viñales in quelle fasi, stava dimostrando di non essersi meritato la retrocessione del box Petronas (non so se avete notato, ma la moto di Morbidelli assomiglia un po’ troppo a una M1 2019 piuttosto che alle M1 2020 degli altri tre yamahisti), confermando invece ciò che penso di lui sin dai tempi della Moto2: “Morbido” è un diesel, che ci mette un po’ a carburare ma, dopo esser maturato per qualche stagione, può esprimere il suo pieno potenziale.
Bagnaia invece è stato autore di una gara strepitosa, fino a quando è durata: con una Ducati a cui Jerez è sempre stata indigesta, è riuscito a mettere in riga alcuni dei nomi più interessanti del campionato quali Viñales, il compagno Miller e proprio il mentore Rossi, cominciando poi a girare con tempi simili a quelli fatti da Quartararo. Solo la sfortuna gli ha impedito di ottenere un secondo posto ampiamente meritato, ma sono sicuro che nelle prossime gare, dove la GP20 dovrebbe esprimersi molto bene (Repubblica Ceca a Brno, Austria e Stiria al Red Bull Ring), potrà ottenere ciò che merita. Da un po’ penso che sia il pilota italiano più forte che abbiamo come talento, perciò non ti abbattere “Pecco”, perché hai tutti i numeri.

Alcune squadre si stanno invece concentrando al 100% sui nuovi arrivati. Molti dicono che la Suzuki sia la vera portabandiera per le squadre di giovani talenti, ma io tengo sotto la lente d’ingrandimento anche la KTM. La Casa di Hamamatsu può contare su Rins e Mir: per il primo questo campionato, che doveva decretarne la consacrazione a big in lotta per il titolo mondiale, è partito nel peggiore dei modi con l’infortunio. Álex pare quasi l’equivalente opposto di Maverick: deludente in prova, in rimonta spesso in gara, più forte nella lotta corpo a corpo che nelle gare di ritmo. Questa lussazione alla spalla arriva nel momento forse peggiore di sempre, ovvero quando anche Márquez si è infortunato, togliendogli la possibilità di approfittarne adeguatamente; a Jerez 2 ha comunque portato a casa un decimo posto importante per il morale. Sul suo compagno Mir c’è poco da dire: in molti puntano sul suo talento, Suzuki in primis, anche a costo di fargli fare un percorso Moto3-Moto2 a tempo di record. Ha ancora tutto da dimostrare e ora che la moto c’è, potrà farlo. Il suo team gli ha già rinnovato il contratto, vedremo nel 2020 se questa fiducia è stata ben riposta.

KTM nel Motomondiale ricalca un po’ l’Academy Red Bull dei bei tempi per la F1 (visto che quella attuale non sta avendo una gran fortuna, anzi…). Con un Pol Espargaró in partenza verso HRC, la Casa austriaca si è già preparata assicurandosi due giovani molto interessanti quali Miguel Oliviera e Brad Binder. Una coppia collaudata dalle altre classi, vincente e competitiva, e ora finalmente ben fornita grazie alla nuova moto. Fino allo scorso anno, ai proclami di Pit Beirer e Stefan Pierer ci credevo ben poco: due anni a fondo gruppo, l’assunzione di Zarco trasformatasi ben presto in un buco nell’acqua, la tremenda gestione della fine del rapporto col francese, le pochissime prestazioni memorabili date da “Polyccio”, tutti elementi che mi facevano pensare al fallimento certo del progetto. Finalmente, la RC16S è nata molto bene, grazie anche alla direzione fornita da Daniel Pedrosa, che fornisce al team la giusta esperienza di un ex-pluricampione del mondo. Sia Oliveira che Binder hanno incredibilmente stupito nelle ultime qualifiche, con Miguel addirittura quinto sulla moto Tech3 ma che sfortunatamente è stato centrato proprio dal sudafricano. Ma non pensiamo che il Binder più anziano sia casinista come il fratello: l’aggressività mostrata in sella alla moto sin dalle sue due gare di debutto ha impressionato, come anche le sue due rimonte dal fondo dello schieramento.

L’altra faccia della medaglia di questa MotoGP è data dai piloti veterani, dalla saggezza e dall’esperienza che solo anni e anni di gare ti possono dare. Ancor prima di Valentino Rossi, di cui ovviamente si parlerà tra poco, mi piacerebbe menzionare Andrea Dovizioso: una pista per nulla amica, una moto inferiore alla concorrenza osservando i test e una clavicola fratturata meno di tre settimane prima non sono bastate a fermare il ducatista e a permettergli di ottenere il suo primo podio nella gara spagnola. “Dovi” ha saputo giocare d’esperienza, approfittando del calo o degli errori altrui per poi piazzare un terzo posto d’oro, considerando le attese (tra l’altro a meno di un secondo da Viñales su Yamaha ufficiale). Purtroppo, questa bellissima gara viene controbilanciata da quella deludente di sette giorni dopo, anche se paradossalmente è stata proprio la seconda a essere più fedele alle aspettative. In ogni caso, l’obiettivo di uscire da Jerez con un bel gruzzolo di punti è stato raggiunto; ora arrivano tre piste dove non basta giocare d’attesa, ma bisogna andare all’attacco e sfruttare i punti forti della Ducati, cosa che il #04 ha già saputo fare l’anno scorso in alcune occasioni.

Sulla questione Valentino, molti hanno tirato un sospiro di sollievo, per un’attesa che sembrava non finire mai. Il 199° podio in classe regina della leggenda arriva dopo oltre un anno da quello ottenuto ad Austin dopo la battaglia persa contro Rins per la vittoria, ma soprattutto dopo un 2019 difficile, l’anno più brutto della sua carriera in classe regina. Il 2020 non è partito molto meglio col guasto nella prima gara, ma nella seconda abbiamo finalmente rivisto un Vale che non si vedeva da un bel po’: piuttosto forte in qualifica, difficile da superare in gara, imbattibile in staccata dove ancora oggi dà lezioni a tutti quanti, in primis al compagno Viñales che ha dovuto attendere il penultimo giro per passarlo. A 41 anni, questo podio ha un gran bel sapore di rivincita, anche verso Yamaha stessa a cui sono state dedicate alcune frecciatine nel post-gara. Purtroppo, è una cosa a cui ci abbiamo fatto il callo negli ultimi tempi, quindi ci tocca digerirla.

Non nascondo però di avere una seconda visione riguardo a questo risultato di Valentino, più pessimista e che si basa su aspettative forse troppo alte. Da una parte spero di rivederlo ancora su uno dei tre gradini del podio (magari con un po’ di fortuna anche su quello centrale e più alto), dall’altra mi rendo conto che, per quanto eccellente la sua difesa su Viñales, alla fine ne sia uscito comunque come lo sconfitto; si può concedere l’onore delle armi, ma una sconfitta rimane e rimarrà sempre tale. Forse questa mia seconda visione si basa su un pensiero ingenuo, quasi fanciullesco, ovvero che l’età non dovrebbe condizionare le prestazioni di fenomeni come Valentino. Ma, stupidamente, penso ancora che quando si parla del 46 giallo, ciò debba avvenire quando lotta per le prime posizioni e non per essere nei primi sei a fatica.

Non ci resta che portare pazienza per la ripresa del campionato a Brno, attendendo di vedere la ripresa questo scontro generazionale tra meno di due settimane. Sul tracciato Masaryk potremmo veramente vedere uno spettacolo degno dei nomi che questa categoria porta.

Fonte immagine: motogp.com

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