Tra futuro e nostalgia

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
26 Novembre 2017 - 23:15
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Si chiude il sipario sul mondiale 2017 di Formula 1. Ma non è semplicemente la fine di un campionato. È la fine di un’era che nel weekend tutto fintume e riccanza di Abu Dhabi ha mostrato non troppo velatamente quale sarà la nuova via.

Sul podio con Bottas, Hamilton e Vettel la nuova proprietà ha spazzato via in pochi secondi il logo che ci ha accompagnati per oltre un ventennio (fu ideato nel 1987 ma usato dal 1995), proponendo la nuova versione mediatica della Formula 1. Un logo semplice, minimal si dice di questi tempi, dal rosso forte. Niente più quell’F1 con l’1 che in molti confondevano identificandolo con la parte rossa, quando in realtà era nascosto proprio tra la F e l’ombra rossa. In pochi secondi il simbolo di più generazioni di tifosi ed appassionati è stato relegato al passato e sostituito su tutti gli account social della F1 targata Liberty Media. Era uno degli ultimi legami di questa F1 con Mister Ecclestone, da qui la fretta di slegarsi anche a livello di immagine al più presto. Forse non ce n’era bisogno perché le priorità dovrebbero essere altre, ma quanto meno tra i tre loghi proposti quello scelto è il “meno peggio”, mettiamola così.

La finale degli Esports apre un nuovo fronte, un legame tra realtà e virtuale che non sappiamo a cosa porterà in futuro. La Mclaren si è scelta il suo nuovo pilota del simulatore con un concorso, qui abbiamo i piloti reali che creano team di piloti virtuali e il tutto inizia a mescolarsi. Non so se mi piace o meno: sarà così se le due cose resteranno ben distinte, questo è sicuro.

Quella di oggi è stata l’ultima gara con il vecchio logo ma anche l’ultima senza Halo. Le prossime F1 vedranno la famosa infradito sugli abitacoli e ci vorrà una concreta dose di fegato per digerire questa novità. Halo non piace praticamente a nessuno: è talmente contrario a qualsiasi legge estetica che si preferirebbe evitare questa ulteriore forma di sicurezza. Fino ad ora abbiamo visto dei prototipi ma si spera solo che le soluzioni definitive riescano in qualche modo a mitigare la bruttezza di questa struttura. Ci sarà anche da lavorare sui cameracar ma non so, sono convinto che a breve si studierà qualcosa di diverso. Halo sembra un palliativo in attesa di qualcosa di più completo, definitivo.

Non è ancora chiaro cosa voglia inventarsi Liberty Media per riportare il pubblico ad avvicinarsi alla Formula 1. Apprezzatissimi sarebbero coinvolgimenti come quello di Londra, ma che ci si fermi qui. Durante l’anno si è sentito parlare di stravolgimenti del format, di opzioni che fanno venire la pelle d’oca. Va bene la nuova proprietà, ma l’importante è che la tradizione nei punti fondamentali venga preservata. In questo ho piena fiducia nei confronti di Ross Brawn, l’uomo migliore che Liberty potesse scegliere per analizzare e proporre soluzioni per migliorare la situazione.

A proposito di Brawn e del suo odio per il DRS, oggi abbiamo avuto l’ennesima prova dell’imbecillità di tale sistema. Cinque, dieci, non so quanti giri con Grosjean che superava Stroll nella prima zona per poi essere ripreso nella seconda. Davvero vogliamo continuare con questo scempio? Quando si capirà che è meglio un sorpasso sudato dieci dannati giri che scene come questa? Ci vorrà tempo anche per questo. 

Poi ci sono le gomme: sette mescole che lasciano interdetti, ma la preoccupazione maggiore è per la morbidezza: si spera di non ritrovarsi a situazioni come quelle di inizio 2012 con i vincitori a rotazione. Mi auguro che si sia imparato abbastanza da quell’esperienza.

Per finire quoto Jacques Villeneuve: “Un mondiale bellissimo e poi si finisce su questa pista”. Come dicevo qualche giorno fa, l’esempio principe dell’era Ecclestone. Lusso, VIP, milioni di dollari per avere l’ultimo appuntamento dell’anno per farlo poi disputare su un tracciato indegno, nel quale sorpassare è difficile di suo e se metti due zone DRS attaccate non fai altro che peggiorare le cose. Dei fuochi d’artificio, dell’illuminazione artificiale, degli Airbus A380 che sfrecciano a poche centinaia di metri dal suolo interessa poco. Chi se ne frega se il contenitore è meraviglioso quando il contenuto è povero. Corea ed India sono sparite in poco tempo, personalmente spero che Abu Dhabi faccia la stessa fine lasciando il suo posto in calendario a qualcosa di più meritevole. Ci vuole poco, tra l’altro.

E sia chiaro, non si tratta di astio a prescindere contro i Tilkodromi e i circuiti di nuova generazione in generale: Sepang è stato il tracciato migliore dell’architetto (ed è sparito), Istanbul non era male (sparito anche lui, pensa te…), Singapore ha preso il suo spazio ed è impegnativa, ostica. Austin, di suo, si fa apprezzare. Ma costruire un circuito da zero per avere poi uno scempio come Abu Dhabi lascia sbigottiti. Hamilton, oggi, diceva che per superare nell’Hotel con la pista intorno devi essere un secondo e mezzo più veloce di chi precede, altrimenti nisba. Pazzia. L’anno prossimo torneranno Francia e Germania, paesi con una storia per fortuna. Si chiuderà ancora tra gli Emiri: speriamo, quanto meno, che l’ultima sia almeno decisiva per il titolo come l’anno scorso giusto per non rischiare la pennichella o non dover raccogliere gli zebedei da terra.

Siamo quindi alla fine. Da domani il 2017 è archiviato e da martedì si inizia con i test in ottica 2018. È finito non solo un anno ma molto di più. Speriamo di non dover rimpiangere anno, logo e tutto ciò che ci ha accompagnati fino ad ora. Sarebbe grave.

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