In occasione del round del TCR World Tour a Inje, P300.it ha intervistato il due volte Campione del Mondo Turismo
Da Inje – Il TCR World Tour è arrivato in Corea del Sud, in casa di Hyundai, e il tracciato di Inje Speedium non poteva essere lo scenario migliore in cui parlare con chi del Mondiale Turismo e del brand automobilistico di Seoul ne è stato il volto più rappresentativo: Gabriele Tarquini.
Con il “Cinghio”, P300.it ha affrontato una lunga chiacchierata ripercorrendo i momenti salienti della carriera dell’ex pilota abruzzese, passando dal BTCC (in cui ha vinto il campionato nel 1994 con l’Alfa Romeo 155), al Superturismo Italiano, all’ETCC (di cui è stato campione nel 2003 con l’Alfa Romeo 156 GTA), per poi raggiungere l’apice tra WTCC e WTCR, con i due titoli raccolti nel 2009 e nel 2018 rispettivamente con SEAT e Hyundai.
Un racconto che riprende anche le emozioni di Tarquini nel vedere la Hyundai i30 N TCR nascere, crescere e vincere attraverso le sue mani, e che – con un percorso che potrebbe affrontare lo stesso cammino – lo vedrà intraprendere la nuova avventura nel WEC con l’ingresso di Genesis (brand di lusso di casa Hyundai, ndr) nel 2026, della quale ne sarà il Direttore Sportivo.
Non solo una passeggiata tra quella che è stata la sua attività vincente in pista e dietro le quinte del marchio sudcoreano, ma anche del nuovo ruolo da coach intrapreso nel 2024 con Jacopo Cimenes e Gabriele Covini nel TCR Italy e TCR Europe.
Inoltre, da storico volto delle corse turismo, che ha vissuto l’era d’oro di queste vetture in Italia, in Europa e nel Mondo, abbiamo chiesto il suo punto di vista sulla situazione attuale del TCR World Tour e quale potrebbe essere il futuro della massima espressione di questa categoria di vetture.
Gabriele, partiamo da un ricordo generale della tua lunghissima carriera. Se dovessi scegliere i tre momenti più significativi, quali sarebbero?
“Per primo scelgo l’ultimo titolo vinto perché nel 2018 sia per l’età che per il coinvolgimento che ho avuto nello sviluppo della i30 N, è stata una bellissima soddisfazione. Vincere un Campionato Mondiale a quasi 57 anni, su una macchina che avevo sviluppato io insieme ai tecnici di Hyundai è stata forse la soddisfazione più grande della mia carriera”.
“Poi tra le altre metterei il Mondiale di kart nel 1984, che è stato un po’ il trampolino di lancio verso il mondo delle auto e l’esperienza in Formula 1, soprattutto il sesto posto in Messico nel 1989 con l’AGS, una piccola squadra, che posso considerare una piccola ciliegina sulla torta della mia attività non esaltante in F1, ma una bellissima esperienza comunque con dei bei ricordi”.
Sei stato il padrino della Hyundai in pista. Come è stato veder nascere la i30 N, svilupparla ed essere stato il primo a portarla al successo, lottando anche contro il tuo rivale storico Yvan Muller?
“È stata una soddisfazione doppia perché la macchina andava molto bene e il mio avversario era molto tosto perché guidava la stessa macchina, nonostante fosse con un altro team. Ho inseguito il titolo per tantissimi anni, ci ero riuscito nel 2009 con la SEAT, però lì c’era una macchina già sviluppata con il motore diesel che io ho guidato nella seconda fase del campionato. Posso dire di non aver partecipato all’evoluzione della vettura, quindi è stata una cosa totalmente diversa”.
“Il 2018 è stato un avvicendamento diverso. L’ho vista sul computer, l’ho guidata per primo, l’ho sviluppata, sono stato il primo a vincerci e il primo anche a portare un titolo a Hyundai perché all’epoca loro non lo avevano ancora ottenuto nel Mondiale Rally. È stata quindi una grandissima soddisfazione”.
Qual è stata la macchina che ti ha dato i ricordi più belli e quale quella che ti ha lasciato dei rimpianti?
“Per i rimpianti dico subito la Honda perché ci ho trascorso tantissimi anni e non sono mai riuscito a portare a casa un titolo. Forse è l’unica squadra con cui non sono riuscito a ottenere un bel risultato. Per quanto riguarda le altre squadre non ho grossi rimpianti perché le ho portate tutte al successo, o quanto meno parziali, come con l’annata difficile con la Lada con cui ho comunque vinto due volte in un anno, qualcosa che non era mai successo prima”.
“Nei miei anni in Alfa Romeo ho ottenuto il titolo nel 1994 nel BTCC, quello nell’Europeo nel 2003. È chiaro che essere in una squadra completamente italiana, con una macchina italiana e vincere prima in Inghilterra e poi il titolo contro BMW in Italia, perché l’ultima corsa del 2003 si era svolta a Monza, è stata una bella soddisfazione”.
“Sono stato bene un po’ dappertutto. Se dovessi dire una squadra che mi è rimasta particolarmente nel cuore è anche la SEAT. Sono stato trattato come uno di casa, mi sono sentito molto meno straniero rispetto ad altri team stranieri. È stato più semplice invece con BRC nel 2018 e con Alfa sia nel 1994 che nel 2003”.
Cosa ne pensi del fatto che rispetto ai tempi del WTCC, del Superturismo e dell’ETCC l’interesse per i campionati turismo sia andato via via scemando? Cosa bisognerebbe fare per riportare in alto queste serie?
“Nel 2018 e 2019 avevamo trenta macchine in pista, otto costruttori differenti con macchine diverse tra loro. Da quel momento siamo andati scemando con il Mondiale. È chiaro che bisogna fare qualcosa: in primis ci vuole interesse di costruttori che hanno abbandonato. Qualcuno si è fermato, altri hanno puntato su altro e questo non ha fatto bene al campionato”.
“Dobbiamo cercare di avvicinarci alla gente. Alcuni campionati turismo vanno ancora discretamente bene, però manca un vero e proprio campionato di vertice come era il WTCC una volta, come è stato il Campionato Europeo di inizi anni Duemila o i primi mondiali dell’era WTCR, dove c’erano tante persone e tanto interesse”.
“Manca una televisione che ci dia molta visibilità. Prima avevamo Eurosport, adesso non abbiamo più quel supporto. Seguendo tanti campionati, l’italiano, l’europeo, tanti mi dicono che non riescono a vederci; anche gli appassionati. Esclusi quelli che ci seguono sul web, manca l’appoggio di una TV. Dagli anni storici in cui c’era Telemontecarlo con il Superturismo Italiano che era fantastico, con momenti epici, ora abbiamo perso questo appeal”.
“Serve anche il ritorno della gente, bisogna far tornare le persone nel paddock, bisogna interagire con i fan. Non siamo sullo stesso livello della Formula 1 o della MotoGP, dove tengono le persone lontane perché hanno troppo interesse. Noi dobbiamo andare verso la gente, magari sfruttando qualche circuito cittadino. Quest’anno siamo andati a Vila Real e si è visto l’interesse delle persone quando corri dentro le città. Serve riaccendere l’entusiasmo perché le gare, nonostante siamo in pochi adesso, sono sempre belle. Il turismo è ancora una formula che da appassionato seguirei perché ci sono sorpassi, contatti, la gara è corta e vivace e potrebbe suscitare ancora l’interesse di un grosso pubblico”.
Negli ultimi anni anche il BTCC, ultimo faro del turismo di un tempo, non brilla più come in passato. Qual è la tua opinione in merito e pensi che un giorno si arriverà anche lì alla fusione con il TCR?
“La vedo dura. L’Inghilterra è la patria del motorsport ed è difficile cambiare determinate cose dato che sono molto tradizionalisti, hanno sempre avuto la ToCA e non credo che mai si arriverà alla fusione tra i due campionati. Lì le due serie possono vivere divise e ottenere una buona visibilità perché l’Inghilterra riesce ancora a suscitare grosso interesse nella gente”.
“A noi manca un faro illuminante, manca il faro del vecchio Mondiale. Bisogna cercare di crescere con il TCR World Tour, che è un concetto che a me piace moltissimo. Qui abbiamo visto piloti locali che hanno fatto benissimo. Quindi l’incontro tra il team ufficiale o semi-ufficiale con i clienti in tutto il mondo secondo me è una bella idea. Ci vogliono più costruttori che credano in questo progetto, che è valido”.
Essendo stato uno dei volti di Alfa Romeo, cosa ne pensi del fatto che non ci sia mai stato un impegno ufficiale, preferndo la via della F1? E inoltre cosa pensi dell’assenza di marchi italiani nel TCR che di italianità ne vede tanta a partire dal fondatore?
“Questo è lo specchio dell’industria automobilistica italiana. Adesso è difficile pensare che un marchio italiano possa entrare in un campionato importante. Io sinceramente da appassionato mi sono vergognato delle ultime attività di Alfa Romeo nel motorsport e lo dico con rammarico perché Alfa ce l’ho nel cuore. Essere in F1, che ti dà grossa visibilità, con uno sticker, con un motore e una macchina che non hanno niente a che vedere con l’Alfa e sapendo che loro hanno fatto la storia dell’automobilismo: prima di tutto da appassionato e poi da pilota mi sono vergognato. Non ho mai accettato il concetto di mettere un adesivo e dire che questa è un’Alfa Romeo. Era una pubblicità, come una qualsiasi. Alfa Romeo non è uno sponsor, ma un costruttore”.
“Io sarei dell’idea di tornare a fare qualcosa come tale, il TCR è un campionato che non costa troppo e potrebbe essere perfetto per ripartire. Senza grossi sogni, ma con i piedi per terra potrebbero apparire di nuovo e tornare a fare la loro parte”.
“Al di là di chi la gestiva e chi la costruiva, ai tempi del WTCR correva un’Alfa Romeo, che un appassionato poteva facilmente riconoscere perché era una Giulietta. Questo è un campionato che è fatto di vetture derivate di serie, con un costruttore che ha trasformato il modello in un auto da corsa che ha fatto una bella figura e che poi purtroppo si sono fermati perché non avevano il supporto della Casa madre. Però la cosa importante era l’Alfa Romeo che correva come macchina e non come sponsor”.
A Le Mans sei stato annunciato come Direttore Sportivo di Genesis per la nuova avventura di Hyundai nel WEC. Come affronterai questa nuova sfida, qual è il tuo approccio e qual è il pensiero che ti ha portato a “correre” al comando di questa squadra?
“Sto già lavorando al progetto da parecchi mesi, nato da un foglio bianco. Abbiamo creato tutto da zero, gestiamo tutto direttamente, senza appoggi esterni. Faremo tutto internamente, quindi abbiamo dovuto anche fare tutto di corsa, cercando le persone, la sede, costruirla da zero, inserire personale valido, assemblare la macchina, costruire un motore, provarlo. Stiamo girando ogni settimana. Io arrivo da Magny-Cours e tornerò lì al termine del weekend”.
“Sarà non solo il mio presente, in cui mi sto dividendo tra TCR e WEC, ma anche il mio futuro. La mia è una sfida perché l’endurance non è stato il mio mondo negli ultimi anni. Ho avuto un’esperienza nel 1985. Sono corse con macchine belle, fantastiche, che mi hanno sempre affascinato dal punto di vista estetico e sono molto complesse. Il WEC è un campionato che, a dispetto del turismo, sta risplendendo in questo momento perché ci saranno dodici costruttori nei prossimi anni e se si pensa a un marchio di lusso c’è già, escludendo forse solo Mercedes. Ci sono molti più costruttori che in Formula 1, quindi è il campionato in cui tutti vogliono entrare adesso. Sta vivendo un momento di splendore”.
“Per noi non sarà facile perché siamo dei rookie. Approcciamo con grande rispetto, abbiamo un impegno a lungo termine e speriamo di fare bene. Certamente, nessuno si aspetta di vincere al primo anno, però dobbiamo cercare di essere lì, competere con gli altri e provare a migliorarci nel corso del 2026”.
Nel tuo lavoro da coach, com’è approcciarsi con piloti giovani di ora? Hai riscontrato delle differenze rispetto a quando hai iniziato a correre tu con le vetture turismo? Che tipo di lavoro affronti con loro in preparazione di un weekend di gara e anche durante l’evento stesso?
“L’esperienza di coach è stato qualcosa che non avrei mai voluto fare. Me l’hanno chiesta in tantissimi negli ultimi anni, anche quando correvo. Sono sempre stato riluttante perché lavorare con i giovani ha bisogno di tanto tempo, perché non è un lavoro che si può fare a cuor leggero, quindi prima di decidere ci ho pensato tantissimo”.
“Dall’anno scorso mi sono deciso, ho trovato Cimenes e Covini, mi sono affiancato a loro fin dall’inizio. Avevano pochissima esperienza entrambi, sono entrati in punta di piedi nel TCR Italy, un campionato tostissimo, tra i più tosti considerando quelli nazionali. Ho visto in tutti e due una crescita esponenziale. È stato un momento formativo anche per me perché, non avendolo mai fatto, ho potuto trasmettere la mia esperienza perché ho passato quarant’anni della mia vita nelle macchine turismo e ho potuto dar loro tanti consigli, da un punto di vista psicologico, tecnico, sportivo. Su questi tre campi ho cercato di lavorare con loro, insegnandogli come mettere a punto la macchina, come sentirla”.
“Siamo partiti quasi da zero, ho visto risultati importanti soprattutto per quanto riguarda la velocità. Entrambi mi hanno impressionato, Covini ha fatto due pole quest’anno, Cimenes ha fatto una pole e si è sempre distinto in qualifica. Purtroppo insieme non abbiamo fatto grandi risultati in gara, ma penso che entrambi possano ancora migliorarsi notevolmente. Spero di avere il tempo di seguirli in futuro, anche perché sono molto legato a loro e spero di poterli seguire nella loro carriera perché credo che possano fare veramente bene”.
Se dovessi dare un consiglio ai ragazzi giovani che vogliono avvicinarsi al mondo delle corse e in particolare a quello del turismo, cosa diresti loro?
“Per prima cosa serve la passione, perché parliamo di uno sport costoso. Ci sono tantissime formule meno costose del TCR, però correre in macchina è assolutamente costoso. Serve fare tanti sacrifici, cercare un aiuto in amici, conoscenti, sponsor e cercare di avvicinarsi con curiosità a questo sport perché non si finisce mai di imparare. Io sono la dimostrazione vivente perché ho resistito fino a quasi 60 anni come pilota e devo dire che sono sempre stato curioso di migliorarmi anno dopo anno”.
“L’avvicinamento è una fase importante, bisogna avere dedizione, ma anche avere la curiosità della meccanica, di come funziona la macchina e provare a migliorarsi in ogni aspetto, non solo alla guida e sui social – che sono importanti perché attraggono sponsor e aiuti finanziari -; non bisogna vivere solo di questo. Bisogna coltivare una passione dentro di sé, che porta a migliorarsi continuamente”.
Ringraziamo Gabriele Tarquini, Hyundai Motorsport e BRC Hyundai N Squadra Corse per la disponibilità concessa.
Immagine di copertina: TCR World Tour
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