TCR | Intervista a Nicolas Taylor: “Da difensore del titolo ho cambiato mentalità, sono stato più strategico. L’europeo mi ha aiutato a crescere”

Di: Marco Colletta
MarcoColletta marcocolletta
Pubblicato il 6 Novembre 2025 - 11:00
Tempo di lettura: 13 minuti
TCR | Intervista a Nicolas Taylor: “Da difensore del titolo ho cambiato mentalità, sono stato più strategico. L’europeo mi ha aiutato a crescere”
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Una chiacchierata con il due volte campione del TCR Italy, Nicolas Taylor, sulla sua stagione appena terminata e il suo futuro da coach e pilota

Vent’anni compiuti da un mese e il suo nome è già nei libri di storia delle TCR Series. Nicolas Taylor, dal suo debutto avvenuto a maggio 2024 nel TCR Italy, ha già portato a casa due titoli nazionali nel campionato italiano, oltre a conquistare anche l’alloro nella classifica rookie 2024 e quello riservato ai piloti Under-25 nel 2025.

Ma non solo, perché grazie al secondo trionfo iridato è diventato il secondo pilota nella storia della serie promossa da ACI Sport a conquistare il secondo titolo (ci era riuscito solo Salvatore Tavano dal 2018 al 2020, ndr), ma anche il pilota non italiano con più successi assoluti, andando a superare proprio in Gara 2 a Misano il record dei sei trionfi conquistati da Niels Langeveld diversi anni fa.

Il canadese di Calgary, dopo il titolo conquistato nel 2024, ha anche deciso di cimentarsi – con gli stessi presupposti – al gradino superiore delle competizioni turismo, facendo il suo esordio nel TCR Europe sempre con l’Audi RS 3 LMS della modenese PMA Motorsport, con cui ha conquistato un podio al Red Bull Ring chiudendo in seconda posizione.

Tanti successi, tanti traguardi che lo hanno portato in così poco tempo a diventare un punto di riferimento nelle competizioni TCR. Ma sarà questo il suo futuro? Per ora di certo c’è il suo nuovo ruolo da coach nel TCR Italy 2026, che lo vedrà legato per il terzo anno consecutivo alla squadra gestita dalla famiglia Ansaloni, mentre per quanto concerne l’attività al volante quel che lo aspetta tra pochi mesi è ancora tutto da scoprire.

Nella chiacchierata post-stagione con Nicolas Taylor abbiamo ripercorso la sua annata partendo dal titolo conquistato un anno fa a Monza, passando attraverso il lavoro in pista e fuori che lo ha riportato alla conferma, scoprendo anche qualche aneddoto esclusivo, che ha svelato ai microfoni di P300.it

Sei stato il primo ad annunciare l’impegno nel TCR Italy 2025, ma quando in anticipo è iniziata la tua preparazione alla stagione. Hai cambiato il tuo allenamento e il tuo approccio, sapendo di essere il pilota da battere?

Alla fine dello scorso anno, una volta terminata la stagione non mi sono fermato perché abbiamo iniziato con i test subito dopo, effettuando sessioni durante tutto l’inverno. Sapevo che sarebbe stata una stagione più competitiva e che ci sarebbe stata l’opportunità per correre nel TCR Europe, oltre al TCR Italy. Per questo motivo avevamo bisogno di più tempo per conoscere meglio le gomme e cercare di avere in generale un vantaggio competitivo sugli altri; e penso che si sia visto quest’anno. Abbiamo iniziato subito e questa è stata la scelta migliore come pilota, in quanto stare quanto più tempo possibile al volante ti permette di fare la differenza.

All’inizio dell’anno mi sono sentito subito a mio agio rispetto allo scorso anno perché, non è che avevo meno pressione addosso dato che non l’ho mai percepita, ma sapevo di aver vinto il titolo, di essere lì per difenderlo e quindi ho cambiato il mio approccio diventando un po’ più aggressivo, dato che lo scorso anno avevo una mentalità molto focalizzata sull’apprendimento. Quest’anno invece dovevo spingere, dare il 110% di me stesso e alla fine siamo tornati a casa abbastanza soddisfatti.

Hai disputato la tua prima gara internazionale a Valencia nel TCR Europe, ma l’annuncio della tua stagione europea è arrivato molto tardi. È stata una decisione dell’ultimo momento, o c’è stata una valutazione più profonda dietro?

“Nel 2024 è andata meglio di quanto ci aspettavamo nel TCR Italy e per questo abbiamo deciso di disputare il round di Valencia del TCR Europe e gli ultimi del TCR Spain, per fare un po’ di esperienza con le Kumho e prendere dimestichezza con un livello più alto di competizione. Avevamo pianificato di fare due o tre stagioni nel TCR Italy, perché sono partito da zero e avevo tanto da imparare. Una volta capito di aver raggiunto un buon livello così presto, abbiamo deciso di provare una gara nel TCR Europe per vedere come andasse e si è dimostrata essere una bella sfida”.

“Una volta chiusa la stagione del TCR Italy, ci siamo concentrati sul difendere il titolo italiano, ma abbiamo poi iniziato a parlare durante l’inverno se avesse senso disputare due campionati insieme, anche perché è difficile pianificare tutto dal punto di vista logistico siccome avremmo usato una sola macchina. Questa è anche una delle motivazioni che ci ha portato all’annuncio così ritardato, perché volevamo assicurarci che ne valesse la pena in termini di tempo e di investimento del budget. Sapevo sarebbe stato un rischio perché alcuni avrebbero fatto un solo campionato e altri magari che con il doppio impegno, avrebbero utilizzato una vettura per campionato, per mantenere basso il chilometraggio”.

“Abbiamo valutato che non era una cattiva idea utilizzare la stessa vettura in due campionati, quindi abbiamo fatto tanti test e siamo arrivati alla conclusione che sarebbe stato un passo in avanti importante per la mia carriera come pilota, ma anche per il team per crescere e interfacciarsi ad un livello superiore. È stato un passo buono perché nonostante sia stato difficile, tutti hanno imparato. Io in termini di guida e il team ha conosciuto i circuiti e il funzionamento delle gomme”.

Correndo sia nel TCR Italy che nel TCR Europe ti sei scontrato con due differenti tipi di competizione. Hai cambiato mentalità di gara in gara o ti sei concentrato su un livello più alto anche in Italia, specialmente guardando i tuoi risultati?

“Più o meno la mentalità è stata la stessa, ovviamente avevo un po’ più di “pressione” nel TCR Italy dovendo difendere il titolo, mentre nel TCR Europe dovevo capire i nuovi circuiti, le nuove gomme, alcuni nuovi piloti. Ho affrontato la stagione europea un po’ come quella passata del TCR Italy, pensando che fossi lì solo per imparare, anche come correre contro i nuovi piloti. In Italia invece mi sono focalizzato sul portare a casa punti con costanza e sapevo che quest’anno avrei avuto a che fare con più zavorra rispetto al 2024″.

“Ho cercato di essere più strategico, per rimanere costantemente davanti perché magari partire in pole o secondo, con il ballast, mi avrebbe resto più difficile guadagnare posizioni al vertice con tanta zavorra. In generale ho corso sempre allo stesso modo, con mosse anche abbastanza aggressive e provando a mantenere la costanza in entrambi i campionati. Per me è stato abbastanza importante sfruttare il TCR Europe per migliorare il mio stile di guida, perché sapevo che i piloti dell’europeo sono di un livello superiore rispetto a quelli dell’italiano. E correre contro di loro vuol dire non andare oltre il limite, che per me è stato uno step importante anche per il TCR Italy nella lotta per il titolo”.

“Disputare due campionati mi ha portato dei benefici, anche se mantenendo due mentalità differenti. Nel TCR Europe sono stato un po’ più aggressivo, mentre nel TCR Italy più conservativo, nonostante i sorpassi abbastanza aggressivi. Ma avevo tutto sotto controllo”.

Sapendo che preparare un evento del TCR Italy per te significa fare tanti test in circuito, nel TCR Europe sappiamo che hai speso molti giorni al simulatore. Ma quante ore hai provato ogni tracciato prima di scendere in pista?

“Il simulatore ha giocato un ruolo davvero importante nell’apprendimento dei nuovi circuiti, perché non ho avuto modo di provarli altrimenti. Sono curioso anche io di sapere quante ore ho speso sul simulatore, perché non ho avuto un modo per tracciare propriamente la mia attività, ma posso dire che più o meno ho percorso all’incirca 200 chilometri su ogni circuito prima di ogni weekend. Un po’ di ore ogni giorno, alle volte 3, alle volte anche 4 o 5, per conoscere il tracciato, trovare il limite, affinare il set up. Alcuni circuiti li ho trovati più tecnici di altri e quindi ho avuto bisogno di più allenamento per avere migliori sensazioni. Altri invece erano più semplici e quindi mi è servito meno per capirli al meglio”.

Qual è il circuito su cui hai riscontrato maggiori affinità con il simulatore e quello su cui hai dovuto lavorare maggiormente in pista?

“Il tracciato più semplice è stato Spa in termini di adattamento dal simulatore alla pista, considerando sia il lavoro a casa che quello in Virtex. Anche il Red Bull Ring è stato abbastanza semplice da imparare; il feeling con la vettura simile a quello del simulatore l’ho sentito sin dal primo giro, il che è stato un vantaggio”.

“Quello su cui invece ho avuto più difficoltà è stato Portimão perché ho trovato alcune differenze nel feeling di alcune curve tra il virtuale e la realtà e per questo ho dovuto dimenticare il lavoro svolto al simulatore e ripartire da zero. Lo stesso è stato a Barcellona, anche se non so se fosse perché ci fossero delle differenze con la pista reale. In generale che più della metà dei tracciati provati mi hanno dato un riscontro immediato dal vivo”.

Dato che Vallelunga è il tuo “tracciato di casa”, quale di quelli europei è stato quello su cui ti sei trovato più a tuo agio a prescindere dai risultati?

“Ovviamente abbiamo avuto buoni risultati al Red Bull Ring con una P2 e una P4, l’Audi era davvero forte lì anche se abbiamo faticato un po’ nel terzo settore, che è stato un po’ frustrante. In generale penso che però Spa sia stato quello che tra il mio stile di guida, il feeling con la vettura e la preparazione – nonostante gli errori in qualifica – è quello che mi è piaciuto di più visti anche i risultati in gara ottenuti partendo da dietro. Se avessi fatto una preparazione migliore delle gomme in qualifica, avrei sicuramente conquistato risultati migliori”.

“Anche a Hockenheim mi sono trovato molto bene, nonostante ci siano state difficoltà nell’adattamento, però una volta capite mi è piaciuto tanto. Se avessi fatto più test prima della stagione, forse sarebbe potuta andare meglio un po’ ovunque”.

WSC ti ha certificato come il pilota con più titoli ufficiali nelle prime due stagioni del TCR. Inoltre sei il pilota non italiano più vincente nella lunga storia del TCR Italy. Quali sono le tue sensazioni pensando di essere già parte della storia del TCR avendo solo 20 anni e quindi che in futuro potresti diventare uno dei piloti più vincenti della categoria?

“Mentirei se dicessi di non essere sorpreso di aver conquistato così tanti record nei miei primi due anni. È abbastanza incredibile. È un testamento del lavoro che abbiamo svolto, tutto l’allenamento nell’off-season, la preparazione pre-stagionale e il lavoro al simulatore che c’è dietro le quinte”.

“Se non mi fossi allenato e non avessi lavorato in questo modo, sarebbe stato impossibile perché ci sono tanti piloti che competono nel TCR Italy e che sono di alto livello. PMA Motorsport ha svolto un lavoro fantastico nell’adattare la macchina intorno a me. Da nuovo pilota avevo tanto da imparare e per questo mettere insieme entrambe le cose è stato un lavoro duro. È surreale essere già nei libri di storia a soli 20 anni perché so che c’è tanta gente che corre anche da più di dieci o quindici anni e per me essere a questo livello dopo due anni è incredibile”.

Vincere così tanto ti ha dato anche il vantaggio di essere tranquillo, di avere più fiducia in te stesso, nei momenti più duri senza avere rimorsi o perdere il morale quando qualcosa non ha funzionato?

“Penso che come atleta e pilota, sia molto importante avere l’abilità di poter controllare le proprie emozioni, anche quando vinci perché pensi sempre che c’è ancora del lavoro da fare durante la stagione. È importante celebrare i successi, ma non bisogna farsi trascinare e bisogna rimanere concentrati”.

“Allo stesso modo nei momenti negativi, come con l’incidente a Hockenheim, la rottura del motore a Monza. Sono stati episodi frustranti, ma utili per me e per il team per imparare ed estrarre comunque qualcosa di positivo e da cui imparare. Non faccio in modo che i punti più bassi mi influenzino”.

“Cerchiamo di capire cosa è successo, come possiamo fare passi in avanti e come magari evitare gli stessi errori un’altra volta in futuro e continuare a lavorare da ciò. Quando abbiamo fatto l’incidente in Germania, ci siamo concentrati per riparare la macchina e tornare in pista la domenica, allo stesso modo a Monza è stato frustrante – e ancora non sappiamo a cosa sia dovuto, forse un difetto di fabbricazione -, ma siamo riusciti a tornare in carrozza, siamo rimasti tranquilli con i ragazzi del team, dicendo che sono cose che capitano e che non possiamo farci nulla e di concentrarsi per la gara successiva”.

“È una cosa che è utile anche quando corri. Quando si verificano episodi antisportivi è importante rimanere tranquilli, perché se ti fai coinvolgere, inizi a commettere errori o a fare qualcosa di stupido che ti possa caratterizzare negativamente e che ti fa perdere anche credibilità come pilota”.

“Questa abilità è un qualcosa con cui sono cresciuto dato che quando ero in Canada sono stato un ginnasta di alto livello e, da quando avevo 4-5 anni, il nostro allenatore ci ha insegnato questo tratto. Fino a quando ho avuto 11 anni sono rimasto in questo ambiente in cui la calma e la tranquillità erano un fattore importante, in cui dovevi cercare di ottenere il meglio con ciò che avevi a disposizione. Ciò mi ha portato ad avere forse un vantaggio rispetto agli altri piloti, riuscendo a lavorare con tanta pressione e gestire me stesso. I risultati penso che si notino”.

Parlando del futuro, nel 2026 inizierai un nuovo percorso nella tua carriera come coach di un giovane pilota di PMA Motorsport. Cosa ti ha portato a intraprendere questo ruolo?

“Il coaching sarà uno dei miei ruoli per il prossimo anno. Ciò che mi ha portato a essere coach è anche un motivo di soddisfazione nel portare qualcuno che inizia da zero e avere l’opportunità di spiegargli ciò che io ho imparato in questi due anni per farlo crescere, sperando di portarlo a conquistare quel che ho ottenuto io”.

“Mi piace anche lavorare con i piloti, alcuni potrebbero essere difficili, ma nell’esperienza maturata con i kartisti è comunque molto divertente perché mi dà una visione differente del weekend di gara da una posizione differente, essendo che fino ad ora sono sempre stato solo un pilota”.

“Ora essere dall’altra parte della pit wall sarà interessante, anche per imparare di più nell’ambiente del motorsport. Penso sia anche una via aggiuntiva che posso intraprendere per poter vivere con le corse. Lavorare con i giovani piloti che hanno grandi aspirazioni è qualcosa che mi interessa tanto e dalla mia parte voglio dargli una mano per riuscirci”.

Se correrai un altro anno nel TCR Italy, hai pensato come gestirai l’eventuale doppio ruolo come pilota e come coach?

“Sarebbe abbastanza difficile se dovessi correre al fianco del pilota a cui faccio coaching, anche se sarebbe divertente. Ci sarebbe potuta essere l’occasione con mio fratello (Zachary Taylor, ndr), ma è ancora giovane. Magari un giorno avremo questa occasione e sarà davvero bello, ma per ora lui si concentrerà ancora sul karting. In un mondo realistico però penso che se dovessi fare il coach sia meglio focalizzarsi solo su questo ruolo e non mischiare le due cose, andando a correre contro il mio pilota. Ma forse mi sbaglio perché mi manca avere esperienza anche da questo punto di vista. Potrebbe però essere utile dal punto di vista delle strategie in una lotta per il titolo [dice sorridendo, ndr]”.

Stai creando attesa intorno al tuo futuro da pilota per la prossima stagione. I rumor dicono che passerai alle corse GT. C’è un eventuale possibilità di vederti nel doppio ruolo di pilota TCR (solo Europe) e GT?

“Sì ci sono alcuni rumors, ma al momento ci sono tante opzioni sul tavolo che sto valutando, per decidere quale sia il futuro migliore per me. Il mio obiettivo principale attualmente è quello di sostenermi e di poter vivere come pilota, a prescindere che sia nel GT o nel TCR. Come sai, amo il TCR, è una serie incredibile, ogni pilota ha la sua vettura, ci sono gare sprint con partenze da fermo, senza pit stop, senza condividere la vettura ed è tutto fantastico. Al momento però è molto difficile poter vivere come pilota TCR. Sarebbe un sogno vedere la crescita di popolarità del TCR World Tour, ma chissà, tutto può succedere”.

“Coprire un doppio impegno sarebbe abbastanza complicato perché l’ho già fatto nel 2024, anche se probabilmente non tanti lo sanno. Ho partecipato al TCR Italy ma allo stesso tempo ho continuato a correre sui kart disputando il campionato italiano. Penso di essere stato in grado di correre in entrambi, saltando dai kart al TCR, ma mi ha creato tanta confusione sui differenti stili di guida. Nei kart hai sei marce, trazione posteriore e si guida più come una GT, mentre passando poi sulle TCR cercavo di guidarle come se fossi sui kart e quindi mi ritrovavo a perdere tempo, avevo bisogno del venerdì per ristabilire la concentrazione sulle vetture turismo”.

“C’è poi la questione legata al budget. Se corressi nel GT3 e nel TCR, le cifre sarebbero astronomiche, quindi dobbiamo rimanere con i piedi per terra. Ma come detto, ci sono tante opportunità, non dico nulla al momento perché sarà un passo importante per la mia carriera, dato che posso sfruttare lo slancio che ho al momento e che voglio continuare ad avere e non voglio fermarlo immediatamente. Ora devo capire qual è l’opzione migliore per mantenere tutto in vita e mettermi su una strada che mi permetta di vivere come pilota”.

Vedendo che molti piloti di serie nazionali hanno corso uno o più round nel TCR World Tour, tra le tue opzioni del 2026 c’è anche la volontà di disputare qualche gara nel Mondiale?

“Sarebbe interessante, ma devo vedere prima il calendario del TCR World Tour, anche se sarà difficile data l’assenza di Audi. E per me la scelta più ovvia è quella di rimanere con loro. Se dovessi andare nel World Tour e cambiare costruttore, sarebbe un grande passo e avrei dovuto già farlo mesi fa per prepararmi al meglio. Penso dunque che non sia qualcosa di realistico. Sarebbe fantastico, ma senza supporto di Audi non sembra qualcosa di fattibile, però chissà, vedremo cosa potrà accadere nel futuro”.

Immagine di copertina: Pier Francesco Bisogno

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