Ai nostri microfoni Gabriel Alonso, promoter del TCR Spain e consigliere senior dello staff nel TCR Europe
Da Misano Adriatico – Per far sì che un campionato sia competitivo, di grande interesse e soprattutto accolga una griglia piena di team e piloti il lavoro parte da dietro le quinte. In occasione del quarto round del TCR Europe che si è tenuto in Italia, P300 ha avuto l’occasione di intervistare Gabriel Alonso, riferimento primo del TCR Spain e da quest’anno anche membro dell’organizzazione del campionato europeo.
Presidente di Rivazza Branding (società organizzatrice della serie spagnola dal 2023), Promoter del TCR Spain e – da quest’anno – Senior Staff Advisor del TCR Europe, Alonso e il suo team hanno dato grande luce al campionato turismo spagnolo, che nelle prime due stagioni aveva visto griglie abbastanza contenute. Già dall’inizio alla fine del 2023 lui e il suo gruppo di lavoro hanno rilanciato la competizione nel paese iberico, continuando a farla crescere anno dopo anno ponendola come una delle più importanti a livello europeo.
Le due parole chiave di questa formula vincente? Futuro e internazionalità: questo il modus operandi della squadra del TCR Spain, che non si vuole porre come un campionato in competizione con gli altri grandi stati europei, ma come un modo per dare ancora più spazio a team e piloti.
Una visione analoga è quella che guida anche il TCR Europe, con il nuovo promoter Rubén Fernández e il suo entourage che hanno fatto splendere nuovamente la luce sulla serie regionale, che punta ancora più in grande per il prossimo futuro.
Dal 2023 lei è promoter del TCR Spain e da allora abbiamo visto una continua crescita della serie. Quale tipo di lavoro avete fatto con Rivazza Branding per consolidare l’importanza del campionato e specialmente per attrarre così tanti team e piloti anche da altre serie?
“Ci piace molto il concetto TCR e per me è stato molto importante capire come funzionasse il TCR in Italia perché in questo paese c’è una grande storia, un gran numero di team, piloti eccellenti, quindi si poteva considerare come un punto di riferimento. Abbiamo cercato di partire con una griglia di dieci vetture, ma quel che in Rivazza è stato un punto fondamentale sin dall’inizio è di pensare in maniera internazionale. Non volevamo creare una serie spagnola, ma una serie internazionale situata in Spagna. Abbiamo grandi circuiti, meteo favorevole, buone infrastrutture e quindi una buona base da cui poter costruire qualcosa”.
“Il perché del pensiero internazionale è dovuto al fatto che il marketing interno spagnolo non è al livello ad esempio dell’Italia per quanto riguarda i circuiti, mentre con i rally o altre categorie è molto sviluppato”.
“Abbiamo sviluppato un modello simile a quello visto in Sud America e siamo partiti. Appunto, con dieci vetture, ma al Montmeló abbiamo chiuso con 22 macchine. Nel 2024 è stato molto importante per noi perché abbiamo iniziato con 20-22 auto, che sono un buon numero perché avendone di più significherebbe fare metà delle gare in regime di Safety Car ed è qualcosa che non mi entusiasma”.
“Nel 2025 abbiamo sei gare durante tutta la stagione, due in più rispetto al primo anno, e stiamo cercando di stabilizzarci sempre sulle 20-22 vetture. A Valencia abbiamo avuto anche il TCR World Tour per la prima volta in Spagna, evento che ha avuto un grande successo. Sono molto felice dell’organizzazione, di ciò che hanno fatto Marcello (Lotti, ndr) e Nunzia (Corvino, ndr). Per questo motivo stiamo pianificando un altro evento nel 2026”.
“Quest’anno abbiamo anche iniziato a lavorare con il TCR Europe e sempre con la stessa mentalità: una visione internazionale, seria, cercando di collaborare con i team. E penso che ciò che è stato fatto fino ad ora stia funzionando bene; le squadra sono soddisfatte e alcune stanno già chiedendo per il 2026”.
Al suo terzo anno Rivazza ha tenuto un round congiunto tra TCR Spain e TCR World Tour. Era uno degli obiettivi che si volevano raggiungere all’inizio di questo percorso? Pensa che abbia contribuito ad aumentare l’importanza della serie?
“Noi pensiamo sempre al futuro che è molto importante. Ogni anno cerchiamo di lavorare bene con la struttura al fine di proporre un bel campionato, ma allo stesso tempo guardiamo anche in avanti. Per me il TCR a livello nazionale dà buone opportunità ai giovani piloti, ma non permette a questi di sviluppare tutte le proprie abilità, quindi con il TCR Europe si dà l’occasione ai piloti in arrivo dai campionati nazionali di crescere al di fuori dei propri confini e di continuare a fare passi in avanti. Per questo motivo cerchiamo di sviluppare sempre nuove cose anno dopo anno”.
Il TCR Spain ha un calendario atipico con gare inserite quando le altre serie devono ancora iniziare le proprie stagioni o al termine delle stesse. È una strategia quella di coprire periodi dell’anno in cui altre serie TCR in Europa non sono attive?
“Questo è uno degli aspetti vincenti dal mio punto di vista perché non vogliamo competere con il TCR Italy o il TCR Europe. Penso sempre dal punto di vista delle squadre. Se guardi la stagione in Italia, questa parte a maggio e finisce a ottobre e poi? I team devono continuare a lavorare ogni giorno, ma magari non è possibile per condizioni meteorologiche, o anche per questioni storiche”.
“Il calendario quindi diventa fondamentale per noi. In Spagna possiamo correre a gennaio o febbraio a Jerez, che è al sud, a marzo possiamo fare un paio di gare, poi dopo la fine del campionato italiano ed europeo, a ottobre e novembre, possiamo continuare a correre. Mettiamo giusto una gara a metà stagione, come quest’anno è stato il caso di Valencia”.
“Se alcuni team italiani o scandinavi vogliono pianificare la propria stagione, possono aggiungere anche il TCR Spain perché partono dalla Spagna, poi continuano ad esempio in Italia, e quindi tornano in Spagna. In questo modo riescono a lavorare durante tutto il corso dell’anno. Questa è la nostra idea”.
“Oltre al fattore calendario, un altro aiuto che cerchiamo di dare alle squadre è quello di rimediare piloti. Se vuoi ad esempio che alcuni team italiani vengano a correre in Spagna, posso proporre loro dei piloti che vogliono partecipare, quindi chiedo se hanno delle auto a disposizione per venire da noi. Se accettano, il gioco è fatto. E questo è possibile perché quelle macchine non sono impegnate per correre appunto nel TCR Italy in quel momento. Questa è una strategia anche perché è inutile competere con l’Italia che da sempre ha un proprio campionato TCR”.
Il campionato è l’unico ad avere una pre-season e una stagione regolare. Avete mai valutato di rendere tutte le gare valide per la classifica o è un format che avete deciso di intraprendere e mantenere in questo modo?
“Mi piace avere una pre-season. Quest’anno abbiamo avuto una sola gara a Valencia con 15-16 vetture, ma la cosa più importante è stata che abbiamo avuto otto nuovi piloti arrivati dal Regno Unito o altre categorie. Per noi è fondamentale perché possiamo avere nuovi team e nuovi piloti che possono sfruttare il TCR Spain per iniziare la propria stagione. Per questo preferisco avere un weekend pre-season e cinque di campionato vero e proprio. Magari un giorno avremo anche la sesta gara, però mi piace comunque avere una fase pre-stagionale”.
“Rivazza non prende mai alcuna decisione senza prima consultarsi con i team, perché loro sono i nostri clienti. Se a loro piace avere una pre-season, noi continuiamo con quella”.
Come ha detto, nel TCR Spain si guarda sempre al futuro. Quali sono i prossimi passi che lei e il suo team vuole raggiungere nella serie?
“Penso che dovremo fare uno sforzo maggiore per attrarre nuovi sforzi per attrarre nuovi brand come Lynk & Co, alcune Toyota dal South America, la nuova Peugeot dall’Australia. Vorrei avere due o tre nuovi marchi in pista e avere una griglia anche da 24-26 vetture, ma solo se possiamo avere nuovi modelli presenti”.
Dal 2025 collabora anche con la nuova organizzazione del TCR Europe. Possiamo considerare questo suo nuovo impegno anche come un punto di incontro con il TCR Spain e anche per rendere generalmente il concetto TCR più importante?
“Lavorando e parlando con Rubén Fernández (promoter del TCR Europe, ndr) abbiamo capito che è importante definire se questo obiettivo può arrivare da nuovi paesi o da quelli con cui attualmente stiamo già collaborando. Per me è importante avere buoni campionati in Germania, o in Est Europa, che quest’anno ha una griglia con solo una decina di vetture, o in Scandinavia dove c’è la serie con meno di dieci auto. Voglio rinforzare i campionati locali oppure rafforzare in generale l’ambiente europeo”.
“Il futuro è trovare una risposta a questa domanda. Se la risposta è quella di lavorare con paesi differenti – ad esempio con Germania o Scandinavia -, iniziano i contatti con loro per cercare di capire come muoverci e se dobbiamo impegnarci maggiormente su queste zone”.
“Una soluzione potrebbe essere anche quella di aiutare team di altre parti del mondo, come il Messico o Panama, che vorrebbero correre qui in Europa, noi possiamo fare da ponte tra loro e il nostro Continente. Questo è molto importante anche perché ciò che non bisogna mai dimenticare è che il TCR ha le stesse vetture che corrono in tutto il mondo e basta solo prendere un aereo per venire a correre qui”.
Guardando al buon lavoro fatto fino a questo punto della stagione nel TCR Europe, c’è già interesse per il 2026 non solo da parte di piloti e team, ma anche da parte di paesi che vorrebbero unirsi al calendario?
“Assolutamente sì. Ci sono già un paio di paesi che chiedono di entrare nel calendario 2026 e questo è molto importante. Potremmo anche replicare quanto accaduto a Valencia con il TCR World Tour e il TCR Spain e fare un evento in cui corrono affiancati il TCR Europe e il campionato locale. Probabilmente per il mercato danese o scandinavo sarebbe un enorme aiuto se noi andassimo a corre lì”.
Immagine di copertina: TCR Spain
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