Suzuka sarà sempre Jules

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 9 Ottobre 2019 - 22:25
Tempo di lettura: 3 minuti
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Suzuka sarà sempre Jules
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Sono passati cinque anni da quel weekend di Suzuka ed il ricordo di Jules è sempre vivo nella memoria di tutti.

Inconsciamente, almeno per me, più che quella di luglio è il 5 ottobre la data che sancisce il dramma. La curva 7, il diluvio, il buio. Ogni anno qualcuno lascia un fiore, un omaggio su quelle gomme che dovevano proteggere e che hanno invece assistito ad un episodio assurdo, inconcepibile. Non è il momento di riparlarne.

Suzuka sarà sempre Jules. Perché il ricordo di quella domenica maledetta è – sarà – sempre indelebile. Dopo anni di comodità e rischi superati quel giorno ha svegliato tutti, ci ha ricordato che la Formula 1 non era perfetta come tutti credevamo. Dopo un lustro sono cambiate tante cose. La sicurezza ha fatto ulteriori passi avanti. Da questa parte dell’oceano abbiamo l’Halo, negli States si sperimenta l’Aeroscreen. Certo, quel giorno probabilmente né uno né l’altro avrebbero potuto fare qualcosa contro l’imponderabile. Ma quella tragedia è stata un ulteriore motivo di sviluppo, della consapevolezza e delle soluzioni che si stanno adottando ora, in Formula 1 e nelle categorie inferiori.

Quando parliamo del rischio e della morte nelle corse l’abitudine è quella di dare a questi discorsi un peso relativo. Perché la trattiamo da freddi estranei, semplici spettatori senza alcuna implicazione personale. Il dramma di Spa, la scomparsa di Hubert e il miracoloso recupero di Correa hanno ulteriormente rafforzato la mia speranza che si faccia il possibile, ancora una volta, per rendere le corse più sicure in ogni loro aspetto. Il concetto per cui il motorsport è bello quanto più è pericoloso è anacronistico. Tanti piloti sono ancora vivi oggi grazie alle innovazioni che si sono via via susseguite nel corso degli anni. Avremmo preferito di no? Mi rifiuto di pensare che oggi si guardino le gare perché si rischia di morire e non perché ci si diverte a vedere le lotte in pista. Il discorso, però, è sempre lo stesso: finché non tocca a noi o a qualcuno a noi vicino è sempre facile parlare.

Il rispetto per chi non c’è più passa anche dagli insegnamenti che le scomparse ci hanno lasciato, da Gilles ad Elio, da Ayrton a Roland fino a Jules. Ognuno con il suo sacrificio ha puntato il dito su qualcosa che non andava. Ignorare tutto questo per un puro sadico piacere personale sarebbe stato e sarebbe assurdo. E, per fortuna, si sta andando pian piano nella giusta direzione.

Cinque anni dopo, su quella Ferrari che Jules tanto sognava, c’è il suo fratellino acquisito Charles. Quella Rossa che desiderava, che aveva provato, ora è nelle mani di chi stava aiutando a crescere seguendo i suoi passi. Un passaggio del testimone ritardato, uno di quegli intrecci che fanno riflettere e pensare come, a volte, tutto sia sempre collegato. Anche se, a volte, tremendamente malinconico.

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