P300.it ha intervistato Adrian Huertas, pilota in forza ad Aruba.it Racing WorldSSP Team, durante il Round di Italia della SSP.
da San Martino del Lago
Adrian Huertas è un ragazzo che ha superato notevoli difficoltà prima di riuscire ad essere leader del mondiale Supersport. In questa intervista, il ventunenne madrileno ci ha raccontato la sua carriera e la sua progressione, sia dal punto di vista della guida, sia da quello umano.
Ciao Adrian, grazie per essere qui con noi. Come ti sei appassionato al motociclismo?
“La storia è abbastanza strana! Nella mia famiglia nessuno era molto appassionato di moto. Eravamo più per le gare di auto. Mio papà ha comprato delle minimoto cinesi per venderle nel suo negozio. Una, però, l’ha tenuta per mia sorella, che è stata la prima a iniziare a correre. Quando sono cresciuto ne abbiamo presa un’altra. All’inizio stavo dietro a mia sorella per imparare, ma, dopo un po’, le stavo attaccato mentre lei era già al massimo. Decise poi di smettere, sia perché avevo 5 anni meno di lei, sia perché il passo da tenere la rendeva nervosa e lei aveva paura di cadere. Poi ho cominciato a correre nelle categorie più piccole e, passo dopo passo, sono arrivato qua.”
Hai iniziato la tua carriera nelle ruote alte nella ETC e nel JuniorGP. Cosa ricordi di quegli anni?
“Penso che, in quel momento, io non abbia avuto la giusta preparazione per affrontare quelle competizioni. Provengo da una famiglia umile, senza troppi soldi e perciò non sono potuto andare nei team migliori che, in quel momento della tua carriera, ti fanno imparare molto. Io dovevo sempre dare il massimo per tentare di vincere e, quindi, cercare di prendere le opportunità che mi avrebbero permesso di proseguire la mia carriera. Sono stati degli anni difficili, anche perché fin dall’inizio ho perso l’opportunità di continuare quel percorso. Ho trovato la mia via qui in Superbike, in cui ho dimostrato di saper essere veloce con il ‘materiale’ giusto. Sono davvero contento di tornare a correre con i prototipi il prossimo anno!”
Hai proseguito il tuo cammino in Supersport 300. Perché hai deciso di correre in quella categoria?
“La 300 è una categoria che ha salvato tanti piloti che non avrebbero potuto correre nel JuniorGP per via dell’alto costo che devono sostenere le famiglie. La 300 mi ha permesso di continuare a correre!”
Sei diventato campione del mondo di Supersport 300 nel 2021. Ci puoi raccontare qualcosa di più su quella stagione?
“Nel 2020 ho corso in un team che non aveva molto budget, quindi è stato molto difficile cercare di essere campione del mondo già il primo anno. Nonostante ciò ho imparato molto, perché quello che non c’era a livello tecnico l’ho dovuto mettere io. La stessa cosa è successa negli scorsi due anni in Supersport con l’altro costruttore (Kawasaki, n.d.r.). Quando non hai il materiale per vincere devi essere tu quello a posto, per tentare di ridurre al minimo i danni. Penso che la mia prima stagione in 300 sia stata di formazione. Nella seconda, visto che avevo una moto competitiva, sapevo di avere il potenziale per essere veloce e io e la squadra lo abbiamo dimostrato.”
Il passaggio dalla 300 alla Supersport è molto complesso. Quali sono le difficoltà più grandi in cui si può incorrere in questo cambio di categoria?
“Passare dalla 300 alla Supersport è quasi come cambiare sport! Le due moto sono molto diverse: la SSP ha 3 volte la potenza di una 300, freni maggiorati ed è anche più pesante. Ti accorgi subito di questi cambiamenti. Penso che tu debba stare calmo e tentare di imparare cosa serve per vincere, senza essere concentrato solo sull’obiettivo in sé. Credo non sia possibile ragionare in modo diverso, perché lo stile di guida della 300 è molto diverso rispetto a quello della Supersport e, di conseguenza, solo quelli che lo comprendono riescono a diventare abbastanza veloci. Il segreto è la calma!”
Hai fatto due anni in Supersport prima di passare in Ducati. Come li descriveresti?
“Sono state due stagioni abbastanza difficili! Quando sei campione del mondo della 300 vuoi subito provare a vincere anche in Supersport, ma se non hai le armi per lottare non puoi tentare di ottenere l’impossibile. Penso che il secondo anno sia stato complesso, soprattutto per l’infortunio che ho subito. Solo in Australia ero abbastanza veloce da provare a salire sul podio. Ci ho provato diverse volte, ma non è mai arrivato. Guardando l’anno a posteriori posso dire di aver fatto qualcosa che in pochi sarebbero riusciti ad ottenere con quella moto. Mentalmente, è stato comunque un momento duro. Poi Ducati mi ha dato l’opportunità di passare in Aruba. In questa stagione penso di aver fatto bene, visto che è il nostro primo anno insieme e stiamo lottando per vincere il mondiale. Certo, abbiamo fatto degli errori e adesso potremmo essere primi con più margine, ma penso che stiamo correndo bene e che possiamo lottare per il titolo fino alla fine.”
A proposito di Ducati, com’è arrivata la chiamata?
“Io e Serafino (Foti, n.d.r.) abbiamo parlato un po’, e, in seguito, lui ha chiamato il mio manager. Sai, il progetto Supersport è nato principalmente per crescere giovani talenti prima di lanciarli in Superbike. Visto che stavo facendo bene con Kawasaki, Serafino ha messo il mio nome sul tavolo. Dopodiché Stefano (Cecconi, n.d.r.) mi ha dato l’opportunità di correre con Aruba. Lui e Daniele Casolari hanno fatto di tutto per permettermi di correre in questo team. Quest’anno stiamo dimostrando che non si stavano sbagliando!”
Al momento sei primo in classifica. Stai rispettando gli obiettivi che ti eri posto a inizio stagione?
“Penso che la mia carriera in questa categoria sia simile a quella che ho avuto in 300, in cui ho fatto un anno di ‘apprendistato’, due in realtà in Supersport, in cui sapevo di avere il potenziale ma non i mezzi, per lottare. All’inizio sono stato calmo. Nei test ho fatto tanti giri per cercare di comprendere la moto e ho lavorato molto con il team, cosa che credo sia la chiave dei risultati che stiamo ottenendo. Adesso posso dire di essere uno tra i migliori della categoria.”
Terminiamo la nostra chiacchierata parlando del tuo approdo in Moto2, che avverrà l’anno prossimo. Come ti porrai in questa nuova avventura?
“Sarà una nuova sfida, visto che sono abituato alle derivate di serie e tornerò a correre con i prototipi. Sono molto motivato! Sono un pilota che lavora molto a casa, quindi se noto che c’è qualcosa che non posso avere dall’inizio m’impegno moltissimo per arrivarci. Sono abbastanza tranquillo, anche se so che dovrò imparare molte cose e che dovrò lavorare con un nuovo team. Adesso, però, il tutto passa in secondo piano. So solo che la Superbike mi ha dato tanto e che devo uscire da qua dal ‘portone’, e non c’è miglior modo di farlo se non vincendo il mondiale con il mio team, Aruba.”
Ringraziamo Adrian per la disponibilità e Federico di Aruba Racing per aver organizzato e permesso lo svolgimento dell’intervista.
Media: Aruba Racing
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