SSP | Intervista esclusiva a Stefano Manzi: “Non sono ancora riuscito a dare il massimo con la R9”

Autore: Francesco Gritti
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Pubblicato il 13 Giugno 2025 - 11:00
Tempo di lettura: 8 minuti
SSP | Intervista esclusiva a Stefano Manzi: “Non sono ancora riuscito a dare il massimo con la R9”
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P300.it ha intervistato Stefano Manzi, pilota di Yamaha Pata Ten Kate Racing, durante il Round dell’Emilia-Romagna della SSP.


da Misano Adriatico – Se ci fosse una parola per descrivere Stefano Manzi, quella sarebbe sicuramente “sincerità”. Il leader del mondiale Supersport ha raccontato la sua carriera, le sue ambizioni e il modo in cui vede la stagione 2025 durante quest’intervista, in cui ha mostrato molta personalità.

Ciao Stefano, grazie per essere qui con noi. Vorrei iniziare quest’intervista portandoti indietro nel tempo. Come è nata la tua passione per le due ruote?

“La mia passione è iniziata praticamente quando sono nato perché mio nonno faceva le gymkhane con le macchine da rally parecchio tempo indietro, mentre mio papà era un pilota di cross. Lui avrebbe sempre voluto correre nelle gare di velocità, ma mio nonno non voleva e quindi è sempre rimasto in quel mondo. Poi mio fratello ha iniziato a correre con la moto da strada. Sin da piccolo, avrò avuto 3 anni e mezzo o 4, ho iniziato a girare con la moto da cross, con cui ho iniziato. Per due anni sono andato con il minicross per divertimento, dato che non puoi partecipare a delle competizioni a quell’età. Poi ho fatto una gara per gioco con le minimoto e ho vinto subito, tra l’altro usando quella di mio fratello, che avevamo già in casa. Da lì ho sempre continuato in questo mondo.”

Per molti anni hai corso nel Motomondiale. Puoi raccontarci come è avvenuta la tua scalata che ti ha portato fino alla Moto2?

“Fino al passaggio prima del mondiale, quindi fino al campionato spagnolo e alla Rookies Cup, ero uno dei più promettenti in Italia, e sono i dati a parlare. Quando ho fatto il salto nel mondiale, invece, non ho ottenuto grandi risultati; anzi, sono stati veramente pessimi. Ho ottenuto la promozione in Moto2 quando sono entrato nell’Academy (VR46, n.d.r.), ma non sono riuscito ad ottenere dei buoni risultati neanche lì, dato che ho avuto delle stagioni tutt’altro che positive. Non è che abbia un bellissimo ricordo del tempo che ho passato nel Motomondiale, perché sono stati degli anni veramente bui per la mia carriera. Sono passato dall’essere molto promettente a non ottenere risultati fino al salto in Supersport.”

Come hai già anticipato, sei passato in Supersport nel 2022. Questo salto è stato naturale o è arrivato per altri motivi?

“Il passaggio in Supersport, anche se è brutto da dire, è stato un declassamento, dato che sono venuto qui perché in Moto2, che è considerata superiore alla SSP, non avevo trovato una sella. Non è stata una roba organizzata al meglio, così come non lo è stato il mio primo anno in questo campionato. Nonostante tutto, questo trasferimento mi ha permesso di ottenere dei buoni risultati, tra cui la prima vittoria con la Triumph, con cui ho corso nel 2022, e cinque podi, i quali mi hanno portato ad ottenere un contratto con Yamaha, dove mi trovo tuttora.”

La prossima domanda è abbastanza tecnica. Per te è stato difficile passare da un prototipo ad una moto derivata di serie?

“No, non è stato molto difficile per fortuna. Anzi, è stato molto favorevole, dato che mi sono trovato subito a mio agio con la moto derivata di serie. Ripeto, la situazione al primo anno non è stata delle migliori a livello di organizzazione, però mi ha permesso di essere al top e di competere per i podi e per le vittorie.”

Sei diventato vicecampione della Supersport per due anni di fila, tra l’altro sempre dietro ad una Panigale. Pensi ci sia stato un gap prestazionale tra la Yamaha e la Ducati?

“Allora, è difficile da dire perché, correndo con cilindrate diverse, non si potrà mai arrivare ad una parità. Questo vale anche tra moto molto simili, perché o dai a uno o togli all’altro, e, di conseguenza, non puoi metterle completamente alla pari. Non vorrei neanche sbilanciarmi troppo da questo lato. Ho finito due volte secondo nel mondiale, quindi sono ‘un po’ contento e un po’ no’ perché, dopo che concludi dietro al campione per due anni di fila, non sei troppo felice. Insomma, siamo qui per vincere. Va detto che questo gap di cilindrata è una caratteristica unica di questa categoria e quindi, nel bene e nel male, bisogna accettarla. Non mi sbilancio troppo su questa cosa perché è solo un mio punto di vista.”

Quest’anno Yamaha ha deciso di entrare nella nuova generazione di Supersport con la R9. Anche se vedendo i risultati la risposta sembra scontata, come ti trovi con questa moto?

“La risposta sarà scontata, ma, ti dirò, all’inizio ho faticato molto nonostante abbia vinto la gara di debutto, sia stato sul podio fino a Most e abbia ottenuto buoni risultati fin da subito. Ho faticato a trovare il feeling giusto nelle prime uscite, ma lo sto facendo adesso. Penso di non essere ancora riuscito a dare il massimo con questa moto nonostante i risultati dicano tutt’altro. Credo che questa moto abbia ancora più potenziale di quello visto finora, quindi spero di riuscire a tirarlo fuori il prima possibile.”

Parliamo di questo cambiamento importante. Quali sono le principali differenze tra la R6 e la R9? E i pro e i contro di entrambe?

“L’unica cosa che accomuna queste due moto è che entrambe corrono, o correvano, nella stessa categoria, perché non c’entrano niente l’una con l’altra. Yamaha le ha approcciate con due filosofie diverse. La R6 era una moto storica, di cui mi sono un po’ innamorato, dato che mi piace molto. La R9 è pensata per correre nella Next Generation e, per questo motivo, monta un motore più grande a tre cilindri, che è in grado di sprigionare più coppia. Se vogliamo parlare dei punti di forza di entrambe dovrei farti un elenco lungo un paio di chilometri perché entrambe sono moto fatte molto bene, anche se sono molto diverse fra loro. Anche ad inizio anno si faceva la comparazione tra le due moto. La R6 è arrivata alla fine della sua era ottenendo grandi risultati, quindi era ancora molto competitiva. La R9, invece, ha vinto al debutto, cosa tutt’altro che scontata. Su due piedi, il più grande punto di forza della vecchia moto è la maneggevolezza, mentre quello della nuova è la stabilità.”

Restiamo sempre in ambito tecnico. Pensi che la R9 abbia ancora un buon margine di sviluppo, soprattutto nelle aree in cui ha eccelso la R6?

“Secondo me la R9 ha un grandissimo margine di sviluppo e il suo limite sono i regolamenti, cioè quanto la FIM vorrà far sviluppare la moto perché, sai, non è tutto nelle mani del costruttore. Le idee sono tante e si possono fare altrettante cose. Il nostro limite, adesso, è che la moto ha già ottenuto troppi buoni risultati e quindi non possiamo fare tanto sviluppo. Siamo limitati da quello perché, secondo me, la moto ha molto margine di crescita.”

Almeno secondo la teoria dei grandi numeri, la R9 dovrebbe essere più vicina alla R1. Pensi che guidare questa moto ti permetta di avvicinarti più rapidamente allo stile di guida che richiede la Superbike?

“Questa domanda me l’hanno fatta 20 minuti fa in un’altra intervista. La risposta è no. Lo stile ci si avvicina, ma, dopo aver provato la R1 due settimane fa, posso dirti tranquillamente che una Supersport non c’entra niente con una Superbike. Certo, adesso spigoli un po’ di più e hai più coppia, ma, sia che guidi la R6, sia che guidi la R9, passare alla R1 è la stessa cosa. Non è che se utilizzi la moto nuova sei più agevolato perché è talmente tanta la differenza che è presente fra le categorie che non ti viene in mente l’idea che una moto sia più propedeutica dell’altra.”

Penso che anche la prossima domanda sia copia carbone di una dell’altra intervista. Come ti sei trovato sulla R1?

“Mi sono trovato molto bene perché è stato un bel test, non sono andato male. Ho fatto tanti giri, ma, purtroppo, ho partecipato solo ad una giornata, la seconda. Dico purtroppo perché avrei voluto passare più tempo in pista. Nonostante ciò ho percorso 103 giri durante quella sessione. Il primo test con la Superbike è stato bello, sia del punto di vista dell’esperienza, sia perché i tempi, secondo me, non sono stati lenti se comparati a quelli delle altre Yamaha. Certo, il gap era ancora abbastanza elevato dai primi, ma è una cosa più che normale. Sono molto contento di aver fatto questo test.”

Stai per affrontare quello che sarà il tuo weekend di casa dopo un Round di Cechia abbastanza sottotono. Come ti senti a livello psicologico?

“Come sempre mi trovo molto bene. Il round di Most è stato un po’ nero, visto che non sono salito nemmeno una volta sul podio nel corso di un weekend di gara per la prima volta dal 2023. Dopo tanti appuntamenti belli, farne uno brutto non è facile. Non nascondo che dopo la scorsa gara la delusione era tanta ma, alla fine, fa parte del processo di crescita. Quindi, purtroppo, ci devono essere anche dei momenti brutti. Si spera siano pochi, però ci sono anche quelli. Non ho tanto da aggiungere perché sono pronto e mi sono preparato, penso, al meglio per questo weekend, che sarà caldo. Anche a livello tecnico mi sento abbastanza apposto. Come ti ho già detto, abbiamo dei limiti sia nello sviluppo, sia nelle giornate di test che possiamo fare con questa nuova moto, con cui avrei voluto girare un po’ di più. Certo, ho guidato una Superbike, quindi mi va bene anche così. Mi sento pronto per Misano!”

Parliamo del bilancio provvisorio della stagione. Ti senti soddisfatto totalmente, o almeno in parte, di ciò che sei riuscito ad ottenere finora?

“L’obiettivo è vincere, è inutile girarci intorno, ed è chiaro da due anni a questa parte. Purtroppo non sono mai riuscito a raggiungerlo perché sono finito secondo in entrambi i casi. Mi sento abbastanza soddisfatto di quest’anno se escludiamo l’ultimo weekend, che vorrei cancellare dato che è stato brutto. Abbiamo ottenuto dei risultati abbastanza buoni e al momento siamo in un’ottima posizione. Una particolarità di questo campionato, che può essere bella o brutta a seconda dei casi, è che c’è molto tempo tra una gara e l’altra, quindi le volte in cui un weekend va bene ti porti dietro il bel ricordo, mentre quando va male e deve passare un mese prima della prossima gara ci pensi tante volte. Sono contento di come sta andando quest’anno.”

Domanda a risposta secca. Sapresti nominarmi il tuo rivale principale per questa stagione?

“Nominarti il mio rivale principale è difficile. Secondo me, nonostante la classifica non sia in quest’ordine, Öncü sarà un bell’osso duro fino alla fine, dato che è molto veloce. Bendsneyder ha esperienza, è bravo e va molto forte. Un rivale in particolare non saprei dirtelo perché, secondo me, Öncü, Bendsneyder e Booth-Amos, che quest’anno sta facendo bene, sono un po’ tutti allo stesso livello. Il bello e il brutto è che non è come il primo anno in cui ho lottato per il titolo in Supersport, in cui eravamo io e un altro a giocarcela da soli. Quest’anno, avendo tre o quattro persone in lotta, bisogna stare un po’ sul chi va là, però è bello così.”

Ti pongo una domanda personale. Hai un sogno nel cassetto?

“Il sogno nel cassetto che ho da sempre è diventare campione del mondo. Essendoci stato vicino negli ultimi due anni devo dire che è un bel sogno. Poi sai, le cose si evolvono e, così facendo, ti poni degli obiettivi sempre più lontani. Al momento mi piacerebbe diventare campione del mondo.”

Siamo arrivati alla fine di quest’intervista. Non so se potrai rispondermi, sarò sincero. Hai già dei piani per il 2026?

“Sì. C’è chi di dovere che sta facendo il suo lavoro per far sì che il mio 2026 vada per il meglio. Sono contento che ci sia già qualcosa di molto vicino alla firma. Stiamo facendo il nostro lavoro, com’è giusto che sia in questo periodo dell’anno, che è quello in cui comincia a muoversi tutto il mercato. Basti vedere gli ultimi giorni, in cui ci sono stati degli scoop interessanti. Vediamo un po’, chi di dovere sta già facendo il suo lavoro.”

Ringraziamo Stefano per la disponibilità e Monique di Ten Kate Racing per aver reso possibile quest’intervista.

Media: Yamaha Racing

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