Una Spagna che non molla

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 5 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
14 Aprile 2017 - 11:08

Il parallelismo che sto per fare potrebbe esser criticato dai più, ma sono intenzionato a farlo comunque data l’importanza mastodontica di questi due campioni nelle loro rispettive categorie (e degli ultimi avvenimenti anche…), che la gente li ami o no.

Cominciamo da quello che nell’ultima settimana ha fatto più parlare di sé, ovvero Fernando (che io ho soprannominato “Samurai Jack” per via della barba… è identico a quel personaggio, davvero). Nando sta vivendo una delle stagioni più difficili dal suo debutto, quasi da far invidia al 2004 con la Renault o alla sua stagione di debutto in Minardi. Avere sotto il sedere una vettura chiamata McLaren-Honda ed essere sempre a metà schieramento è frustrante sia per lui, sia per Vandoorne, sia per il suo team. Ma pur avendo un mezzo scadente, lo spagnolo di Oviedo riesce pur sempre a stupire.

Dove, in pista? Anche, ma soprattutto col microfono in mano e un giornalista ad ascoltarlo. Non solo manda a quel paese direttamente i propri datori di lavoro (Honda in questo caso), ma ammette con sicurezza che la propria vettura, quando non va, semplicemente non va. Senza troppi giri di parole. Per non parlare poi delle critiche o delle frecciatine che lancia e che ha sempre lanciato ai team avversari (Red Bull, Mercedes, McLaren… la lista è lunga). Insomma, si può amare o odiare Nando (ed io non sono un fan dell’Alonso “persona”, che sia chiaro) ma è uno dei pochi che aggiunge alle sue pietanze (le parole) le spezie (le critiche) che i suoi colleghi spesso non aggiungono per vari motivi.

Per non parlare poi degli annunci shock, come quello di ieri dove ha annunciato la sua partecipazione alla 500 Miglia di Indianapolis, grazie alla collaborazione tra il team Andretti e la McLaren. Una sorpresa che non sarebbe arrivata se la MCL32 fosse stata competitiva, perché a detta dell’asturiano queste F1 sembrano davvero essere delle F1, e la cosa gli piace. Ed è una fortuna che sia così, poiché diventa una specie di assicurazione per continuare a vedere lo spagnolo in Formula 1 anche in futuro.

Passiamo ora a Marc, un pilota, una persona, che paga certamente a caro prezzo agli occhi dei tifosi (soprattutto italiani) il voler essere sempre il protagonista. Il suo modo di vincere, di mostrare il sorriso alle telecamere e anche di saper lanciare critiche (non proprio velate), unito alle sue straordinarie abilità di guida, fa di lui il personaggio che ha fatto più discutere negli ultimi due anni.

Ciò che è avvenuto a Sepang e a Valencia nel 2015 (non conto Phillip Island, quella gara secondo me è quasi intoccabile), con tutta la buona volontà che ci può mettere, è qualcosa che non si scollerà mai di dosso, ed è l’unico problema che non lo renderà mai l’idolo capace di soppiantare Valentino Rossi nei cuori della gente dopo un possibile ritiro del 46. Era l’unico ad avere le carte in regola, a parer mio, per sfondare nel cuore del popolo del motociclismo internazionale; ciò fa di lui una grossissima occasione sprecata a livello di tifo. Un enorme peccato.

Nonostante ciò, Marquez sa vincere, e in più modi come ha dimostrato nel 2016: di forza, in lotta fino all’ultimo giro, amministrando i punti o la moto, anche accontentandosi, ed è così che si vincono i mondiali. E a quest’età, capire già quando si può esagerare e quando invece bisogna aspettare in una corsa, è fenomenale. Molti hanno detto che è stato Rossi nel 2016 a essere il più veloce di tutti, ma io non sono per nulla d’accordo: come Rosberg ci ha insegnato, la velocità pura da sola non basta per vincere un titolo, ma serve anche pazienza e concentrazione, anche a costo di perdere una coppa d’oro per una d’argento.

Il suo rapporto coi tifosi, già nel 2016, è fortunatamente migliorato dopo il 2015 in cui era stato dipinto come un vero e proprio “villain” di Rossi, ma alla fine c’è poco da fare: quando uno ha il carisma (e lui ne ha a bizzeffe), riesce sempre a penetrare nel cuore dei fan. Alcuni fanno resistenza perché appartenenti al popolo Giallo (com’è giusto che sia in fondo), ma prima o poi anche loro sapranno farsi coinvolgere. Certo, sempre che non faccia altre capperate

Alla fine di questo discorso, cosa possiamo vedere di comune in Fernando Alonso e Marc Marquez?

I punti che li rendono di due “mondi differenti” sono tanti, come l’età o il numero di ruote dei loro mezzi, ma se parliamo di presenza davanti alle telecamere, di discussioni attorno ai loro personaggi e di tenacia per raggiungere la vittoria, loro due sono forse ineguagliabili.

Molti pensano a una MotoGP senza Rossi o a una F1 senza Hamilton o Vettel, ma una mancanza di questi due dalle competizioni secondo me sarebbe altrettanto sconcertante. Sono due che sanno scacciare la noia, sia nella guida che con le parole. Sia quando vincono sia quando perdono.

E a noi questo… ci piace!

Fonte immagine: twitter.com e crash.net

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