Singapore svela il segreto di Pulcinella: il problema non è Masi, Wittich o Freitas, ma le regole e la discrezionalità di giudizio

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
3 Ottobre 2022 - 02:29
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A Singapore riscoppiano le polemiche verso la Direzione Gara. Ma il problema è sempre e solo un altro

Sembra ormai prassi dover uscire da ogni GP con una polemica. Cosa sicuramente gradita sotto certi versi ma che, spesso, sposta l’attenzione dall’elemento sportivo a quello politico/regolamentare. Singapore non fa eccezione in un weekend nel quale si sono raggiunge vette di inquisizione nei confronti di un Team – Red Bull – che formalmente ad oggi non è accusato formalmente di alcuna infrazione da parte della FIA ma viene invece già giudicato e sentenziato; perché il condizionale, al giorno d’oggi, suona come un imperativo.

Ma non è tanto questo il punto del discorso. Sul Budget Cap ci sarà modo di parlarne una volta che ci saranno dati e sentenze vere, mentre per ora si è fatto solo del bellissimo e chiassosissimo circo equestre.

La pantomima di fine gara a Marina Bay, con la penalità di 5 secondi + reprimenda diretta a Pérez apre nuovamente – dopo Monza – il fronte delle polemiche sulla Direzione Gara, qui diretta da Eduardo Freitas. E, per quanto mi riguarda, svela un segreto che in tanti non vogliono accettare, ovvero che l’epurazione di Michael Masi è stata la soluzione di facciata più ridicola che si sia vista negli ultimi anni a fronte di un problema che, di fatto, non è stato risolto ed è ancora sotto gli occhi di tutti.

Perché, se non si fosse ancora capito, il problema non era Michael Masi, non è Eduardo Freitas e non è nemmeno Niels Wittich. Il problema della F1 è, in questo caso, il regolamento sportivo e la discrezionalità di giudizio che il suo contenuto estende ai direttori di gara e ai commissari, chiunque essi siano.

La discrezionalità di giudizio è quella che ha dato potere a Michael Masi di decidere di sua sponte come agire ad Abu Dhabi. Una possibilità che gli era permessa da un articolo preciso, il 15.3, e che gli era stata richiesta su accordo tra FIA e team nella riunione del mattino della gara che ha deciso il mondiale. Un mondiale che non sarebbe dovuto finire in regime di Safety Car. E così è stato.

[ Apro e chiudo parentesi: i team non dovrebbero avere MAI voce in capitolo in questo genere di discorsi. Dovrebbero esserci delle regole e basta, anche se antipatiche a team e piloti. ]

Sapete qual è stata la grande modifica al regolamento dopo l’ultima gara dell’anno scorso? No, non il siluramento di Masi: quello è servito per ripulire a qualcuno l’immagine e per accontentare qualcun altro. La modifica è stata il cambiamento della parola “any” in “all” nello sdoppiamento delle monoposto dalla Safety Car. Adesso si devono sdoppiare tutte. Infatti, a Monza, non è stato possibile ripartire anche per questo motivo, perché non c’era tempo a sufficienza per far sdoppiare tutti i piloti.

E com’è finita? In polemica, ovviamente. Indovinate invece che fine ha fatto l’articolo 15.3, quello che permette al Direttore di Gara un overrule nella gestione (tra le altre cose) della Safety Car? È esattamente al suo posto, nemmeno sfiorato. Sapete cosa significa? Che, ad oggi, un’altra Abu Dhabi 2021 è formalmente ancora possibile.

La gestione della Safety Car di Monza è figlia del fatto – confermato anche da Andreas Seidl, TP McLaren – che non si è trovato un accordo sul come operare con delle bandiere gialle / Safety Car sul finire delle gare. Chiaramente la questione si gioca sul fronte sicurezza e su quello sempre più prepotente del puro spettacolo, ma ad oggi il regolamento permette al Direttore di Gara di comportarsi come reputa corretto. Non ci sono indicazioni del tipo “Se negli ultimi 5 giri deve essere introdotta la Safety Car allora si ferma la gara”. Quando e se qualcosa del genere verrà introdotto, non ci saranno più discussioni. Ma bisogna essere d’accordo con una modifica del genere.

Quanto successo con Pérez a Singapore fa sorridere per diversi motivi. Non è la prima volta che si attendono ore per certificare un risultato e sarà sempre così, fino a quando non si definiranno alla perfezione criteri e sanzioni da applicare alle singole infrazioni. La violazione delle “10 macchine di distanza” dalla Safety Car non è accompagnata da una sanzione relativa, e questo vale per tutte le altre infrazioni escluse quelle per le Power Unit.

Al di là del fatto che 10 macchine dice tutto e niente: sono macchine una attaccata all’altra? Con dello spazio tra loro? E quanto sono lunghe? Voglio dire, sembra un po’ di essere in gastronomia quando ci dicono “Ci sono due fette in più: che faccio, lascio?”.

E poi entriamo ancora una volta nel campo della discrezionalità. “Tre anni fa si è fatto così”, “Dieci anni fa si faceva così”. Per due ore non si sono sentiti che riferimenti a violazioni del passato sotto Safety Car che hanno portato a questa o quella sanzione, per giustificare il fatto che fosse doveroso togliere Pérez dalla prima posizione.

Tutto molto bello, ma gli esempi che oggi sono stati portati erano figli di un’altra Direzione Gara, che gestiva a suo modo le regole. Anche in questo caso, se nel regolamento fosse scritto che lasciare troppo spazio dalla Safety Car porta a X secondi di penalità, ci sarebbero meno interpretazioni da fare e, soprattutto, non bisognerebbe attendere ore come degli idioti per avere una comunicato che chiuda la questione.

Attenzione, però: un regolamento più chiaro e preciso porterebbe con sé due effetti collaterali.

Il primo sarebbe quello di non potersi più lamentare a prescindere, sport nazionale (non solo da noi) che fa della convenienza un punto cardine. Non credo sia necessario ricordare quante volte una regola, proprio grazie alla discrezionalità, viene interpretata a proprio favore sulla base dell’interesse del momento.

In secondo luogo, più chiarezza significherebbe meno polemiche, meno rimbalzi di notizie, meno attesa per determinate decisioni, meno pagine viste e tumulto sui Social. Siamo proprio sicuri che piacerebbe una svolta in questo senso per quella che è la Formula 1 odierna, trainata dal mood di Drive To Survive?

Io, sicuro, non lo sono per niente, non so voi. L’importante, però, è capire dove si trova il problema, come sempre.

Immagine: Media Mercedes

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