Singapore 2010: la prova di forza di Fernando

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
14 Settembre 2017 - 09:00
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La stagione 2010 di Formula 1 verrà ricordata per sempre per la grande “beffa” di Abu Dhabi, con Fernando Alonso incapace di superare la Renault di Vitaly Petrov in un GP che è entrato nella storia. Quel mondiale venne vinto da un giovanissimo Sebastian Vettel con la Red Bull RB6 motorizzata Renault, dando vita di fatto al dominio della squadra di Milton Keynes e dello stesso pilota tedesco sino al 2013.

La Ferrari F10 del 2010 era una vettura piuttosto competitiva, in grado per gran parte della stagione di inserirsi nella lotta al vertice anche grazie al talento di Fernando Alonso. Dopo le vittorie del Bahrain e quella del “Felipe, Fernando is faster than you” di Hockenheim, la Ferrari ebbe un periodo particolarmente competitivo tra settembre e ottobre.

Alonso vinse in serie le gare di Monza, Singapore e Corea riuscendo anche a portarsi in testa al campionato del mondo. Un tris di vittorie che fece cullare più di qualche sogno di gloria ai tifosi e alla Ferrari stessa. Una gara che diede mostra della forza di Alonso e della F10 fu quella notturna di Singapore, che si corse domenica 26 settembre 2010.

Il circuito di Singapore è uno dei più duri e selettivi dell’intero mondiale. L’elevato tasso di umidità unito ad una pista molto tecnica, che non permette il minimo errore, ha spesso messo in difficoltà i piloti. Dopo le edizioni 2008 (vinta da Alonso anche grazie al  famoso “Crashgate”) e quella del 2009 (vinta da Hamilton con la Mclaren) i favori del pronostico ricaddero sulle Red Bull e appunto sulla Ferrari dello spagnolo.

La Ferrari aveva introdotto gli scarichi soffiati dopo averli provati durante i test di Valencia a giugno: concetto riportato in auge da Newey sulla RB6, permettevano alla vettura di avere più carico aerodinamico grazie al soffiaggio dei gas di scarico nel diffusore. Una “novità” che soprattutto sul circuito di Singapore avrebbe dato i propri frutti, a differenza dell’F-Duct della Mclaren.

Nelle qualifiche del sabato Alonso ottenne la pole con il tempo di 1’45”390 davanti a Vettel e alle Mclaren di Hamilton e Button. Il leader del mondiale in quel momento della stagione era Mark Webber, che però non riuscì ad andare oltre il 5° posto in griglia.

Al via lo scatto di Alonso non fu dei migliori, con Vettel che partì meglio ma si dovette accodare alla Ferrari dello spagnolo dopo essere stato “accompagnato” verso il muro dopo il verde. Alle loro spalle il gruppo superò indenne la prima chicane, ma al secondo giro Heidfeld e Liuzzi entrarono in collisione causando l’ingresso della Safety Car. In quel momento Webber venne chiamato al box per cambiare la strategia, passando alle gomme dure che gli avrebbero consentito di finire la gara.

Alla ripartenza Alonso a suon di giri veloci riuscì ad accumulare un vantaggio di 2″4 su Vettel, facendo però da “elastico” con il pilota tedesco impegnato anche a non alzare troppo le temperature dei freni della sua RB6. La Ferrari, oltre a contenere gli attacchi di Vettel, si preoccupò anche di monitorare il distacco su Webber, in rimonta dopo il pit-stop, per effettuare il cambio gomme e restare davanti al pilota australiano.

Al 29° giro i due leader della corsa entrarono ai box contemporaneamente, nonostante Vettel fosse più veloce in quel momento e potesse provare a superare Alonso con la strategia. Alla ripartenza dalla sosta il tedesco fece quasi spegnere il motore perdendo qualche secondo prezioso su Fernando, ripartito perfettamente.  Con le dure però Alonso andò in difficoltà, permettendo a Vettel di attaccarsi agli scarichi della F10 e di pressare il pilota della Rossa.

La Safety Car che uscì a causa dell’incidente di Kobayashi-Senna venne in soccorso di Alonso, che alla ripartenza grazie a qualche giro veloce riuscì a mettere 2″ di distacco su Vettel. Nel frattempo Webber, con l’aiuto della strategia e del ritmo non troppo esaltante delle due Mclaren, si mise davanti alle Frecce d’Argento, ma nel tentativo di difendersi da Hamilton entrò in collisione con l’inglese che fu costretto al ritiro a causa della rottura della sospensione posteriore.

Per Hamilton uno zero pesantissimo per la classifica e per l’umore, dopo quello arrivato qualche settimana prima a Monza, che venne “sfogato” con il lancio del volante della sua Mp4-25. Vettel si riportò vicino ad Alonso fino al 42° giro, quando lo spagnolo con un T2 clamoroso (più veloce di 6 decimi rispetto a quello del suo inseguitore) diede inizio ad un ritmo gara infernale.

I due in testa iniziarono ad alternare giri veloci su giri veloci con il pilota della Red Bull in scia ad Alonso, il quale al 58° giro piazzò il suo crono migliore della gara mettendo in chiaro le cose. La gara si concluse con il fuoco della Lotus di Kovalainen sul traguardo e con il pugno alto di Fernando a salutare una vittoria di rara intensità.

Ai giornalisti che gli chiesero se quella fosse stata la sua vittoria più bella della carriera, Alonso rispose: “Probabilmente no, ma quando lotti per l’11° posto nessuno ti guarda, invece quando vinci con la Ferrari…”

Sul podio con Alonso e Vettel salì anche Webber, che qualche giorno dopo in Corea avrebbe messo praticamente fine, così come lo stesso Vettel (o almeno così sembrava…), alle sue speranze di titolo andando a sbattere sotto la pioggia mentre Alonso vinse il GP.

La storia però andò poi diversamente per la Rossa e per Fernando, ma sicuramente Singapore 2010 resta una delle perle della sua carriera.

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