Sic, 10 anni e la potenza del ricordo

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Ottobre 2021 - 01:31
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Gli anni che passano sono un numero che può dirci tante cose: quanto stiamo invecchiando, quanto il mondo attorno a noi è cambiato o quanto siamo cambiati noi e la nostra stessa esistenza, i nostri affetti, tutto quello che ci circonda. Misuriamo il nostro vivere dividendolo in periodi, magari ad ogni Capodanno ci illudiamo che l’anno che sta per arrivare possa essere davvero diverso da quello precedente. Invece è tutto legato, unito dallo stesso filo e dalla stessa storia che siamo noi a portare avanti.

In dieci anni può succedere davvero di tutto. Il mondo può trasformarsi completamente supportato dalla tecnologia e così, molto più rispetto a decenni fa, questo diventa un lasso di tempo enorme. Oggi sono dieci anni che Marco Simoncelli non c’è più. È cambiato tutto e, allo stesso tempo, non è cambiato nulla. Il Motorsport è colmo di nomi che, all’aumentare del distacco, hanno visto rimanere intatta (se non addirittura crescere) la loro presenza.

Marco Simoncelli è sempre qui. È come se la sua magia non se ne fosse mai andata. Il suo nome è sempre lì, sulla bocca di tutti, come se ogni anno da quel maledetto 23 ottobre venisse cancellato, unendo direttamente con un filo il 2011 ad oggi, al presente.

Non succede a tutti di rimanere così incredibilmente fissi nella mente di tutti nonostante le primavere che trascorrono. Certo, la Squadra Corse a suo nome, la Fondazione e le attività che la famiglia porta avanti incessantemente aiutano quotidianamente a mantenere vivo il nome di Marco.

Ma è Marco stesso, con quello che ha lasciato, ad alimentare il fuoco in un camino che non accenna mai a smettere di illuminare la stanza. La potenza del ricordo è nei suoi atteggiamenti, nell’essere sconsideratamente onesto, genuino, senza un minimo filtro ai limiti dell’imbarazzo davanti alle telecamere. Un personaggio vero, autentico, che non si poneva mai la domanda “ma questo potrò dirlo o devo essere più diplomatico?”. Niente. Col Sic avevi la certezza, perché te lo faceva capire, che così come davanti alla alla TV si sarebbe comportato in qualsiasi altra situazione.

Fortunatamente, nonostante un mondo che premia vergognosamente le impalcature in favore dell’immagine e dell’essere finti, ci sono ancora dimostrazioni di umanità, di empatia, di comprensione tra chi è vero e chi indossa maschere spesse cinque centimetri per mostrarsi ciò che non è. La storia di Marco Simoncelli e del suo essere ancora presente ad oggi, come se fosse ieri, dimostra che la sincerità arriva ancora, buca lo schermo più di ogni altro stratagemma per elevarsi a qualcosa di diverso.

Si potrà credere o meno alle coincidenze, ma vedere Valentino Rossi salutare per l’ultima volta il pubblico italiano sul circuito intitolato al Sic, a dieci anni dalla sua scomparsa, è qualcosa che in ogni caso tocca il cuore. Papà Paolo ha detto che sarebbe stato il suo erede. Lo speravamo, forse sotto sotto lo pensavamo, ci sarebbe piaciuto.

Non abbiamo potuto averne la conferma ma questi dieci anni ci hanno regalato qualcosa di emozionante: un affetto enorme, un ricordo comune che continua e si alimenta giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Oggi sono dieci, domani saranno quindici, venti e via così. Ma il Sic, il suo “diobò” ed il suo essere se stesso continueranno ad accompagnarci sempre, con quel modo di vivere la vita che dovremmo adottare tutti. Con leggerezza e la forza di un sorriso, bello e sincero.

Ciao Sic. Ciao Marco.

Immagine: ANSA

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