La F1-75 strabilia ma perde decine di punti in classifica. Affidabilità, strategie ed errori dei piloti minano la stagione 2022
Alzarsi stamattina e leggere la classifica del campionato che pone Max Verstappen con 63 punti di vantaggio su Charles Leclerc potrebbe far pensare, ad uno non del mestiere, che siamo di fronte ad un campionato fondamentalmente dominato da parte dell’olandese.
È invece incredibile come questa differenza si sia sviluppata nelle ultime sette gare, da quando Max è tornato in testa al mondiale e in una situazione nella quale la Ferrari, a più riprese, ha dimostrato di essere la macchina migliore del lotto dal punto di vista prestazionale.
Affidabilità, errori dei piloti e strategie non perfette ai box stanno minando una campagna che ha visto dall’inizio la Ferrari come monoposto più concreta rispetto alla Red Bull, con un successivo rovesciamento dei ruoli che ora è ben riscontrabile nelle classifiche iridate.
È evidente che il valore della F1-75 non valga 63 punti in meno in classifica piloti e 82 in quella costruttori. Erano anni che da Maranello non usciva una monoposto capace di 8 Pole su 12 qualifiche e con un passo spesso inarrivabile per gli avversari; proprio per questo l’andamento del mondiale è poco veritiero se guardiamo ai puri risultati e fa anche sensibilmente innervosire.
A Maranello, oltre ad aver costruito una monoposto efficiente aerodinamicamente, si è puntato tutto sull’aggiornamento della Power Unit e questa strategia sta mostrando il rovescio della medaglia. Se nelle prime gare le prime unità hanno retto il confronto con Red Bull, con il maturare dei chilometri i punti deboli sono emersi con rotture, conseguenti penalità in griglia e necessità di rimonte. In prospettiva futura e visto il congelamento delle PU, però, è meglio averne una meno affidabile (e che può essere “riparata”) che lenta: accertate le sue prestazioni, le modifiche per affidabilità e sicurezza sono permesse. E, immaginando una PU allo stesso livello di resistenza di quella Red Bull, le classifiche ad oggi sarebbero probabilmente diverse.
Con la consapevolezza di una monoposto più veloce ma anche più fragile, ciò su cui bisogna essere perfetti è tutto il resto. Abbiamo già visto dopo Silverstone come la non decisione di puntare su un solo pilota per il titolo abbia fatto perdere diversi punti a Leclerc. Decisione che, presa coscienza della situazione iridata e della concretezza di Red Bull, poteva essere presa dopo il GP di Miami con Charles in testa al mondiale con 104 punti e Sainz fermo a 53. Anche ora, con il divario da Verstappen di 63 lunghezze, quei punti persi per strategie ed indecisioni avrebbero fatto molto comodo, con una differenza che sarebbe notevolmente ridotta nonostante il ritiro di ieri, con una speranza che potrebbe essere ancora viva.
L’errore di Leclerc di Le Castellet pesa tanto ed è stato lo stesso Charles ad ammetterlo, aggiungendo al discorso anche quello di Imola. Gli errori dei piloti, però, fanno parte del gioco soprattutto in una stagione con monoposto stravolte e, nell’arco di un campionato da 22 gare, due o tre possono essere definiti fisiologici. Verstappen è a quota uno, ma viene dimenticato perché uscito vittorioso dalla gara di Barcellona, che si era complicato da solo.
Si può perdere, quindi, un mondiale con la macchina migliore? Ad oggi sembra di sì, anche se bastano due gare storte degli avversari per riaprire i giochi. Il problema, semmai, è la sensazione che fino ad ora – affidabilità esclusa – non sia stato fatto tutto il possibile per giocarselo con un solo cavallino, per una par condicio che in questa F1 funziona solo e soltanto in condizioni di netta superiorità; ovvero quando, in ogni caso, il mondiale resta all’interno del team, come successo a Mercedes nel 2016. E non è questo il caso, decisamente.
Immagine: Media Ferrari
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