Seb – Media: è finito il falso amore

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
31 Ottobre 2017 - 23:00
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Leggere adesso che il contratto in rosso di quello che potrebbe tornare “ditino fortunato” Sebastian Vettel, in memoria delle vittorie unicamente con favore di missile blu Red Bull, è stato da poco rinnovato fino al 2020 tra gridolini di gioia e dichiarazioni di fedeltà da entrambe le parti media compresi, fa ampiamente riflettere su quanto si sta scatenando in queste ore da parte degli stessi organi di informazione nei confronti del tedesco.

Gazzetta dello Sport e Sky, per citare due nomi grossi (ma non ci sono solo loro, sia chiaro), in meno di 48 ore dal Gran Premio del Messico hanno di fatto scaricato Vettel caricandolo (scusate il gioco di parole) della maggior parte delle responsabilità per la perdita del titolo a favore di Lewis Hamilton. Si punta il dito sugli errori (Baku, Singapore, Città del Messico), sulla fragilità mentale nei confronti dell’inglese e di Verstappen, e ci si chiede in buona sostanza se Vettel sia l’uomo giusto per la rincorsa al titolo. Boom: doppia bomba congiunta e sincronizzata come due orologi svizzeri.

Dopo tre stagioni, quindi, siamo arrivati al classico dietrofront già riservato in epoche recenti ad Alonso, Schumacher e compagnia bella. Con la differenza che in questo caso il pilota in questione è ancora in sella al cavallo e che il proprietario della stalla fa tutto il possibile per lavare i panni sporchi in pubblico. Già perché, e questo ho già avuto modo di sottolinearlo in passato, la difesa di un proprio dipendente, sia questo nel caso di un team di corse un ingegnere, un meccanico o il finalizzatore del lavoro, il pilota, è fondamentale affinché l’ambiente resti sereno e possa lavorare al meglio delle proprie possibilità. Purtroppo, soprattutto in questa stagione, il presidente si è lasciato spesso andare a dichiarazioni contrarie a questo tipo di logica nei confronti di entrambi i piloti, quando dovrebbe essere il primo tifoso pronto a difenderli a spada tratta davanti a tutti per poi riservare loro le dovute rimostranze in separata sede.

Detto questo, trovo abbastanza stucchevole e piuttosto concordata questa presa di posizione da parte dei media nei confronti del tedesco. Non tanto per i contenuti, sui quali mi soffermerò più avanti, quanto per la repentina inversione ad U nella considerazione di un pilota che fa parte del team da tre stagioni. Come se d’improvviso tutti avessero capito di essersi sbagliati, come se d’improvviso si fosse deciso che è ora di cambiare fantino. La storia Vettel – Ferrari in realtà è un qualcosa che tiene banco da nove anni, da quando in quella giornata piovosa a Monza a bordo di una Toro Rosso motorizzata “Cavallino” il tedesco strabiliò tutti con la sua prima vittoria in Formula 1. Era scritto su pietra che lui, connazionale cresciuto nel mito di Schumi, suo partner per diverse edizioni della Race of Champions, sarebbe prima o poi approdato in rosso. Si diceva, si sussurrava, si sapeva.

Quando l’accordo è stato siglato in Italia è partito il boom mediatico dell’erede di Schumacher pronto a riportare il titolo a Maranello. Confronti, paralleli, foto insieme e quant’altro per, come si dice, rendere più piacevole la pillola anche a chi quel tedeschino lì, quello del ditino sempre alzato, quello che solo pochi anni prima aveva tolto la gioia del mondiale in ben due occasioni ai ferraristi, proprio non lo poteva vedere. Ed i media si sono messi di grande impegno in questa campagna pubblicitaria, pregna di paralleli strappalacrime. Un po’ come ai tempi fu per Alonso, l’ex nemico acerrimo della Renault che, una volta giunto in provincia di Modena, ha visto pubblicare libri in suo onore di rosso vestito quando aveva iniziato a correre con la F10 da un paio di mesi. Modus operandi identico. Così come identico è, più o meno, il volta faccia ricevuto dopo aver sentito qualsiasi tipo di esagerazione a favore. In Italia siamo arrivati a dimenticare l’immancabile “Senna, Senna” sotto il podio di Interlagos confondendolo con “Seba, Seba”: ricordo la pelle d’oca. Il tutto per un ragazzo che di suo non dona alcuno spunto della sua vita privata sul quale montare storie e glorificazioni varie: niente social, niente feste, nessuna stravaganza almeno in pubblico. Riservatezza totale, che stride con l’essere showman di Hamilton a tutto tondo tra moda, musica, amici vip e quant’altro.

Mi fa sorridere, poi, che nell’arco di una giornata e mezza la stampa tutta abbia deciso di lanciarsi contro Vettel quando la vera stagione orribile, quella nella quale le critiche potevano essere giustificate davvero, è stata la scorsa, con un totale di punti non molto più alto rispetto a Kimi Raikkonen, la difficoltà (mia) a ricordare una sola gara nella quale abbia fatto davvero la differenza, ed errori decisamente più marcati come quello della Malesia, quando Seb andò a cozzare contro la Mercedes di Rosberg sbagliando clamorosamente la frenata alla prima curva.

Gli errori, giusto. E qui si apre un bel capitolo. Per quanto mi riguarda i grandi vuoti di questa stagione di Vettel sono stati due: su quello di Baku non credo ci sia molto da dire, mentre l’altro per me è stato compiuto nella gara che ha dato la svolta alla stagione. E qui sono d’accordo con l’amico Manuel Codignoni nell’indicare il Belgio come crocevia di questo campionato. Un po’ per la resistenza di Hamilton ai due assalti di Sebastian, un po’ per l’incredibile cocciutaggine del tedesco nel tentare di passare la Mercedes dell’inglese non una, ma due volte, all’esterno del rettilineo del Kemmel, quando era chiaro anche ai muri che non ci sarebbe stata, come si dice, trippa per gatti. Da Spa in poi il campionato ha preso un’altra piega, un po’ per l’autostima di Lewis uscita rafforzatissima da quel duello vinto in difesa nelle Ardenne, un po’ per quanto successo dopo. Non ho idea di quanto la storia dell’olio motore possa aver influenzato le prestazioni e il loro divario tra le due Power Unit: sono contrario ai cambi in corsa, ma è inutile pensarci ora.

Prima di procedere con Singapore e Messico, piccola premessa: “Vettel teme Verstappen”. Bene, benissimo, lo sappiamo tutti. Ma la mia domanda è: chi NON lo teme? Perché non vorrei che passasse il concetto per il quale l’unico ad aver paura dell’olandese volante è sempre e solo Sebastian. Mi pare relativamente chiaro che tutti con Max nelle vicinanze stringano un po’ il sedere. Lo stesso Hamilton a Sepang è stato piuttosto remissivo quando dopo pochi giri si è trovato la Red Bull alle calcagna pronta a passare. C’è chi dice per non rischiare, certo, ma il fatto stesso di non voler rischiare implica essere a conoscenza della pericolosità sportiva del personaggio. L’unico che, per evidenti motivi di inferiorità tecnica, non si è ancora prodigato in sportellate e staccate al limite con Max è Alonso: non credo dovremo aspettare ancora molto.

Arriviamo a Singapore: in un episodio indicato come incidente di gara dai commissari, quelli che solo un anno fa punivano anche lo starnuto dentro al casco, Vettel si prende la colpa perché era primo al via e ha chiuso Verstappen. In rigoroso ordine casuale: “Doveva immaginare che Kimi fosse oltre Max” (e se non lo immaginava doveva saperlo, aggiungo io), “Doveva lasciarlo sfilare e non rischiare” (perché in campionato non era lui a dover inseguire e guadagnare punti, no…), “Non doveva chiudere così tanto” (ma quando lo faceva Hamilton con Rosberg accompagnandolo delicatamente fuori pista tutti zitti, perché Lewis può e Rosberg è uno sfigato). Insomma, ragazzi, di che stiamo parlando? Di una partenza sotto i riflettori sul bagnato, con tre piloti che cercano di fare il loro massimo nei primi secondi e di tre azioni che prese singolarmente non hanno niente di eclatante ma che, combinate, creano un casino. Dobbiamo per forza cercare un colpevole? Per me va anche bene, ma sono convintissimo che qualsiasi altro pilota al posto di Vettel avrebbe cercato di chiudere la traiettoria. E, aggiungo, sicuramente nessuno ha un monitor in abitacolo per vedere cosa succede oltre la prima macchina a fianco. Ripeto: per me gli errori evidenti e palesi sono altri, non di certo questi.

Capitolo Messico. Al di là del fatto che Vettel, quest’anno, è riuscito a prendere la Pole proprio dove non doveva, ovvero dove c’è un chilometro tra semaforo e prima curva con evidenti problemi di scia (Sochi, Messico appunto), questa volta il tedesco vistosi infilato all’esterno da Verstappen, che è sempre in mezzo perché un potenziale fenomeno e non un “Pirletti” come viene definito in televisione, cerca di chiudere, lascia strada a Max ma nell’incrocio di traiettoria Hamilton si infila tra i due. Quando la Mercedes e la Red Bull si trovano in uscita da curva tre c’è un contatto sfuggito a molti tra la posteriore sinistra di Max, che resta fortunatamente intatta, e la parte destra dell’ala anteriore di Lewis, a seguito del quale l’inglese parzializza un attimo (e questo si nota benissimo dalla ripresa aerea, con la Red Bull che scappa via) venendo colpito da Sebastian. Una semplice conseguenza di eventi che ha portato ad una gomma forata e un’ala da cambiare. Tornando alle accuse, a Singapore il tedesco era colpevole per aver chiuso troppo, in Messico per non aver chiuso abbastanza ed aver toccato in preda all’isteria l’inglese. Della serie “non va bene mai niente”. Sui Social qualcuno ha anche prelevato minuziosamente un fotogramma in cui Sebastian controsterza per cercare di dimostrare che abbia volontariamente colpito la Mercedes. Bene ma non benissimo.

Insomma, praticamente Vettel a leggere giornali e web nella giornata di oggi ha buttato il mondiale, quasi esclusivamente per colpa sua. Come se tutto ciò che non è dipeso da lui “ora” non sia importante:

– La Safety Car in Cina che gli ha tolto la seconda vittoria di fila dopo quella di Melbourne.
– La toccata di Verstappen in partenza in Canada che l’ha costretto a rimontare dal fondo. (Oddio, ora che l’ho citata mi aspetto che si dica che era colpa del tedesco anche lì). Quarto posto finale invece di un potenziale secondo.
– La ruota forata a Silverstone a due giri dalla fine: da quarto a settimo.
– Il problema in FP3 in Malesia: fuori dalle qualifiche in Q1 e partenza dal fondo con recupero fino al quarto posto.
– La partenza a rilento con ritiro in Giappone.

Inutile mettersi a calcolare punti e quant’altro, perché con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Ma il concetto di “buttare il mondiale” riferito solo al pilota, con un filone simile di episodi non dipesi dalla sua volontà a compensare i suoi momenti negativi, mi sembra leggermente fuori luogo. Con questo non voglio dire che Vettel non abbia corso, in alcune occasioni, al 100%, ma l’accanimento che vedo alla luce di come si è sviluppata la stagione mi pare comunque sopra le righe. Fino a Spa, escludendo Baku e Silverstone, il percorso era stato ottimo. Soprattutto, è allucinante leggere una tale sintonia tra i media nello schierarsi contro di lui dopo la campagna a favore, a volte esageratissima, di questi anni. Un’inversione di tendenza, supportata dalle dichiarazioni delle alte sfere, che mi lascia presumere che i tre anni di prolungamento di contratto siano solo un numero. La non difesa pubblica da parte della dirigenza è il dettaglio che preoccupa di più: se non si è più convinti di un pilota è inutile rinnovare per tre anni. Se le critiche nascono solo da una gara o una serie di gare storte, forse è meglio rivedere parte della comunicazione. 

In ogni caso, ancora una volta si ripropone il solito ciclo nei confronti di un pilota che passa da Maranello. Certo, tutto questo non mi stupisce: aver visto denigrare Schumacher dopo 72 vittorie è stato illuminante. Quindi che Vettel si metta l’anima in pace ed impari a convivere anche con questo genere di situazioni, non solo con le smielate e i complimenti preconfezionati ed esagerati. Perché sono proprio quelli, spesso, a tradirti per primi. 

Per concludere, ormai la mia idea sull’attuale generazione si sta rafforzando alla luce delle ultime stagioni: tra chi parla sempre di Senna e chi viene sempre accostato a Schumacher, sia uno che l’altro non hanno niente da spartire con i rispettivi idoli. Attendo il ritorno di Alonso e l’esplosione di Verstappen per tornare a divertirmi un po’.

Con loro e con parte della stampa, ovviamente.

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