Quando è iniziata l’avventura di Passione a 300 all’ora il mio ambito culturale, motoristicamente parlando, era limitato praticamente alla sola F1: all’interno della quale il limite era, a sua volta, piuttosto basso. E non mi vergogno certo di ammetterlo.
Questa esperienza, oltre ad avermi dato l’opportunità di conoscere persone dalla competenza estrema dalle quali attingere conoscenze, alcune delle quali sono diventate poi amiche, mi ha aperto anche il mondo del motorsport: ha acceso in me la curiosità di guardare anche fuori dal recinto nel quale avevo sempre sguazzato per tanti anni, con l’egoismo di chi pensa di non aver bisogno di guardare altrove.
Tra le categorie che ho iniziato a seguire, oltre all’Indycar, le propedeutiche alla F1 e in parte il WTCC, c’è anche il WEC. La scintilla si è accesa con l’esordio del campionato 2013 a Silverstone, al quale ho avuto la fortuna di assistere dal vivo insieme ad alcuni degli amici che con me portano avanti questo network. Ho subito notato la differenza di approccio della serie con il pubblico. Paddock sostanzialmente accessibile, piloti disponibilissimi, insomma ho scoperto subito l’assenza di quella barriera tra tifoso e pilota che contraddistingue, purtroppo, l’attuale Formula 1.
L’azione in pista è stata poi una novità meravigliosa. Quattro categorie che corrono insieme, auto velocissime, emozioni a non finire, assenza di elementi artificiali per aumentare lo spettacolo. Ma soprattutto, in quella prima occasione, ho avuto la sensazione che i ruoli fossero ribaltati. Cioè che la sei ore di Silverstone alla quale ho assistito fosse una gara sprint e la F1 in confronto una gara di durata..di un’ora e mezza. Questa poi è diventata, man mano, una certezza. Nel WEC si corre al 100% per tutta la durata della gara, si è sempre ‘flat out’ come si dice spesso nell’ambiente. In F1 la parola d’ordine è ‘gestire le gomme’. Ad un certo punto, all’inizio del 2014, a questo si associava ‘gestire il carburante’.
Da qui il pensiero che la direzione presa dalla F1 sia completamente sbagliata: e da qui anche deriva, secondo me, l’aumento dell’interesse nei confronti dell’Endurance. Perché non solo io mi sono avvicinato a questo mondo negli ultimi tre anni, ma anche tanti altri appassionati che trovano più emozionanti sei ore al 100% che un’ora e mezza all’80. Basti guardare l’ultima gara in Bahrain di ieri. Una lotta bellissima tra Audi e Porsche, con sorpassi e controsorpassi: sembrava una gara di mezz’ora e non una sei ore. Non a caso alcuni ex piloti di F1 ora corrono regolarmente nel WEC, e non a caso anche attuali piloti di F1 guardano all’Endurance con notevole interesse. Il caso di Nico Hulkenberg, vincitore della 24 ore di Le Mans del 2015 con Porsche insieme a Bamber e Tandy, è lampante. Così come è lampante la sirena dall’allarme suonata nella stanza dei bottoni di chi governa la F1. Con la decisione di tarpare le ali allo stesso Hulkenberg e ad altri che, magari, speravano di poter partecipare all’edizione 2016, piazzando il nuovo GP dell’Azerbaijan proprio nello stesso weekend della 24 ore del prossimo anno.
Una scelta evidentemente politica dettata, secondo me, dalla paura di perdere popolarità e lo status di ‘categoria regina’ del motorsport. Si tratta di un segnale preoccupante e che non depone sicuramente a favore della F1. Ma di chi è la colpa di questa crisi? Del WEC, che nella sua ‘sincerità’ sportiva sta riscuotendo sempre maggiore successo, o della F1 dopata da elementi artificiali che, con lo sport, non c’entrano nulla? Seguo le vicende del Mondiale ininterrottamente dal 1992, e non ho troppo timore nel dire che dal 2009 in poi il potere della F1 è drammaticamente calato. Il campionato 2008, per quanto mi riguarda, è stato l’ultimo caratterizzato da una competizione sana, se così possiamo chiamarla. Con i cambiamenti regolamentari introdotti dall’anno successivo, l’interesse è andato calando man mano che venivano introdotti nuovi elementi con l’obiettivo di rinforzarlo. Ora, siamo al fondo del barile. E non mi sorprende che sempre più gente guardi anche da altre parti. Se lo fanno i piloti, perché non dovrebbero gli appassionati?
E’ ovvio che io, per tradizione, sarò sempre legato a doppio filo alla F1. Ma questo non mi evita di affermare, almeno per quello che è il mio gusto personale, che WEC e Indycar in questo periodo mi danno di più e con più costanza. E credo di non essere il solo a pensarla così.
E l’impressione è che difficilmente in un futuro prossimo la tendenza possa invertirsi.
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