Non c’è dubbio sul fatto che vedere la Ferrari ammutolirsi due volte in tre gare e, in quella di mezzo, perdere più per questioni strategiche che prestazionali possa provocare un fastidioso prurito. Così come sono comprensibili i mugugni dopo le dichiarazioni di Mattia Binotto, in sintesi un “quest’anno volevamo essere competitivi prima che lottare per il titolo”. Le classifiche iridate, poi, dopo 8 gare e con la debacle azera, sono sufficientemente tristi da leggere.
Però, però… Ecco, io non griderei a metà giugno il dolore per la fine del mondiale. Mai. Perché non è così che si fa fronte alle difficoltà. Vale per i team, per i piloti e dovrebbe valere anche per i tifosi. Certo, come ho scritto l’altro ieri c’è una grande differenza tra pole e vittoria. E qui si deve capire che l’esaltazione deve essere proporzionale al risultato ottenuto. Le pole sono importanti ma non danno punti. Se ne possono fare anche 22 senza ottenerne nemmeno uno, per assurdo.
Al netto di questo bisogna ricordare ancora una volta che questo mondiale ha appena superato il suo primo terzo di esistenza. Mancano 14 gare, potenziali 350 punti almeno al termine del campionato e la distanza tra Verstappen e Leclerc è di 34 lunghezze, un decimo. Non è ancora detto nulla, perché l’affidabilità è un’incognita: così come Red Bull ha avuto problemi all’inizio e Ferrari nell’ultimo mese, non è scontato che la situazione si sia stabilizzata allo stato attuale, anzi. Queste monoposto continuano ad essere sviluppate e non possiamo sapere ad oggi quali saranno le loro prestazioni e carenze al termine della stagione.
La differenza in campionato tra Max e Charles, a parità di ritiri (2), è data in realtà quanto dai risultati delle altre gare. In particolare quelle che pesano sono Imola e Monaco, dove sono stati gli errori umani (di guida in Emilia-Romagna, di strategia nel Principato) a creare il solco con una Red Bull che, in questo momento, sbaglia pochissimo.
Ma per tutti i problemi che possono esserci non è ancora il momento di tirare i remi in barca, specialmente con una monoposto che ha dimostrato a ripetizione di essere competitiva, sin dall’inizio della stagione. L’affidabilità è una preoccupazione anche visti i clienti, ma è proprio in questo momento che bisogna rimboccarsi le maniche, capire i problemi e risolverli, con il supporto del pubblico e non un onda di commenti ribaltati da una settimana con l’altra.
Non oso immaginare cosa avremmo letto tra 1992 e 1993 sulle prestazioni della Rossa se ci fossero stati i social, ma forse è meglio così. Certo è che, visto da fuori, è strano vedere Mattia Binotto passare nell’arco di pochi mesi dalle grazie alle grinfie, dai complimenti agli insulti, dalle glorificazioni al lancio dalla torre. Alti e bassi di cui il tifoso soffre un po’ come la Ferrari quando saltella sui rettilinei, riuscendo però a correre e non poco veloce. La volubilità del tifoso è ben nota, ma dopo otto gare forse è esagerato lasciarsi andare così. Quanto successo un anno fa, proprio di questi tempi, dovrebbe insegnare qualcosa.
Immagine: ANSA
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