Schumi, il Dottor Hartstein, le solite inutili speculazioni

F1
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di Alessandra Leoni @herroyalblues
26 Marzo 2014 - 16:10
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Disclaimerstamattina, mentre preparavamo le news per voi, ci siamo accorti che – come al solito – si sta generando un’ondata di fraintendimenti sullo stato di salute di Schumi. Tutto questo, è causato da cattive traduzioni (o coscienti manipolazioni per fare audience e visualizzazioni, ma chi siamo noi per dirlo?) di un post proveniente dal blog del Dottor Gary Hartstein, ex-medico di F1 e che ha parlato molto diffusamente della condizione di Michael, mettendo a disposizione tutta la sua competenza e la sua esperienza di medico. Il tutto, in un quadro molto ben specifico e molto chiaro, dove lui, in quanto medico, non coinvolto direttamente nella cura di Schumi, ha potuto solo fare ipotesi e riflettere sui possibili scenari che attendono la sorte del pilota, in base alla sua conoscenza. Sono ipotesi e non affermazioni. Pertanto, ci sentiamo di voler tradurre in italiano il post del Dr. Hartstein, specialmente la parte “medica” e “tecnica”, al di là della nota finale e personale. Questo è il post dal quale sono state tratte fantasiose dichiarazioni che affermavano che Michael stesse per morire. Tutto questo, lo facciamo per amor di chiarezza e completezza nei confronti anche di chi l’inglese ha difficoltà a masticarlo. E per ribadire di far riferimento solo a dichiarazioni ufficiali e prendere qualsiasi riflessione nella giusta ottica. Questo è il post originale

“Credo sia giunto il momento di chiarire qualche punto di discussione sottopostomi di recente, e magari anche di chiarire qualche definizione (niente di nuovo, penso di aver affrontato tutto questo nei post precedenti) – semplicemente perché ho come la sensazione che ci saranno notizie, nel futuro prossimo. Ne parlerò più avanti”.

“PERDITA DI PESO”

“Mi è stato chiesto qualcosa in merito all’articolo che affermava che Michael avesse perso il 25% del suo peso, rispetto a quanto pesava prima dell’incidente. È altamente possibile, e difatti, è probabile. Ci sono alcuni fattori che lo spiegano. Prima di tutto l’incidente, le operazioni, e quelle atroci settimane in cui la vita di Michael era in bilico, minuto dopo minuto. Questo tipo di situazioni rendono il corpo soggetto a tremendi livelli di stress. Non stress psicologico, attenzione, ma stress fisico, accompagnato dal rilascio di ingenti quantità di ormoni da stress.  Questi ormoni si sono sviluppati per la risposta fisiologica verso lo stress (“fight or flight” ndR) e sono stati predisposti dall’evoluzione per mettere istantaneamente a disposizione “benzina” per l’azione. Così facendo, causano (oltre ad altre cose) la scomposizione dei muscoli per formare aminoacidi, che il corpo può usare come “benzina”. Il problema è quando questi ormoni da stress rimangono in circolo per troppo a lungo: diventa molto difficile, se non impossibile, sostituire la perdita della massa muscolare, almeno a breve termine”.

“La massa muscolare di Michael era già abbastanza ridotta quando è stata interrotta la fase di sedazione. A questo punto, quella che viene solitamente chiamata atrofia da inattività (o letteralmente, atrofia da disuso) inizia a distruggere gradualmente i muscoli. Dato che un paziente in coma ha pochissimi movimenti, se non nessun movimento, i muscoli perdono lo stimolo meccanico, che è il fattore principale che li mantiene attivi nella normale attività quotidiana. E per quanto i pazienti in stato comatoso subiscano terapie fisiche intense, queste impediscono che le articolazioni si irrigidiscano, ma non mantengono o ricostruiscono massa muscolare”. 

“Ci possono essere comunque fattori contribuenti più sottili. Un cervello normale produce gli ormoni della crescita di notte, durante il sonno. Questi ormoni aiutano il corpo a prendere forma e a mantenersi, e lo fanno aiutando i muscoli ad assorbire proteine. È altamente possibile, se non probabile, che gli impulsi che gestivano questa secrezione siano perduti (se ci sono neurochirurghi o neurologi che stanno leggendo quest’articolo, liberi di contribuire!) in pazienti che non hanno più il ciclo sonno-veglia. È anche possibile che la secrezione dell’ormone sia precipitata a livelli molto bassi. Anche questo può aver avuto, come effetto, quello di eliminare un importante stimolo trofico”.

“Fortunatamente, le conseguenze non sono particolarmente drammatiche, almeno nell’immediato. Per essere onesti, un paziente in coma, non ha veramente bisogno dei propri muscoli… Ad eccezione del diaframma. Il diaframma, che come il cuore, è praticamente sempre attivo, resiste all’atrofia meglio di qualsiasi altro muscolo, ma si atrofizza anch’esso. E avere un macchinario che respira per te è uno dei modi migliori per vedere come l’atrofia da inattività colpisca pure il diaframma. Sfortunatamente e ipotizzando (come ho fatto fino adesso) che Michael sia attaccato a un respiratore, c’è probabilmente qualche possibilità di atrofia diaframmatica, a questo punto”.

“Ricordatevi la situazione di Michael – è uno dei 45enni più in forma, più tonico del pianeta. Questo vuol dire che se e quando sarà tolto dalla respirazione artificiale, riallenare il suo diaframma non sarà un problema. Per il resto della sua massa muscolare, dovesse svegliarsi, la sua fame nel dare sempre il meglio di sè lo aiuterà a tornare alla sua forma fisica superba”.

“IL TRASFERIMENTO”.

“Mi è anche stato chiesto perché Michael non sia stato trasferito in un reparto di terapia intensiva più vicino a casa. Ovviamente, non ho idea di come rispondere a questa domanda, ma alcuni fattori vanno presi in considerazione”.

“Prima di tutto, da un punto di vista medico, una volta che si è fuori dalla fase drammatica e potenzialmente fatale di pressione intracranica elevata, e togliendo altri problemi rilevanti che potrebbero causare instabilità fisiologica, il paziente può anche essere trasferito lontano. Il trasferimento va preparato con attenzione, chiaramente, ma anche voli lunghi ore possono diventare possibili con pazienti intubati e con respiratore come Michael. Perché è ancora a Grenoble? Mi baso sul fatto che Michael è ancora in Terapia Intensiva (ICU: Intensive Care Unit) e sta ancora respirando assistito da un macchinario”.

“Questo mostra chiaramente che il suo entourage si fida totalmente della qualità delle cure che Michael sta ricevendo. È importante ricordare che un reparto di Terapia Intensiva ha posti molto limitati. Ogni giorno, ai medici del reparto intensivo viene chiesto di ricoverare pazienti in condizioni critiche anche quando il reparto è completo. Questo richiede una procedura di triage (sistema che stabilisce le priorità dei pazienti in reparto) – ovvero decidere chi dei pazienti ha le possibilità maggiori di migliorare, una volta ricoverato in reparto. I pazienti “in condizioni critiche e croniche” come Michael che dipendono dai macchinari per sopravvivere sono un dilemma per i reparti di Terapia Intensiva. Con il passare del tempo (più dettagli di seguito), diventa sempre meno probabile che Michael possa migliorare in qualsiasi modo. Pertanto, credo che sia inevitabile che, dovesse andare avanti così, lo staff di Terapia Intensiva possa decidere in un futuro non troppo lontano di ammettere pazienti che hanno più bisogno di quel posto di Michael, una volta considerata la sua situazione clinica e la prognosi. Potrebbe essere questa una delle ragioni per organizzare un trasferimento – verso una clinica privata o trasferirlo a casa, dove il suo entourage può far costruire un ambiente con attrezzatura da Terapia Intensiva”.

“In ultima battuta, come devo aver detto qua e là, credo che ci siano stati delle imprecisioni nel giudicare la situazione di Michael, per quello che riguarda la fase iniziale (questo lo so da fonti impeccabili che hanno accesso alle informazioni). Queste inesattezze hanno contribuito (e molto certamente lo hanno fatto) a peggiorare la situazione di Michael, è dunque possibile che lo staff di Grenoble si sia sentita in obbligo a NON fare pressioni alla famiglia per un eventuale trasferimento, per quanto tetra possa essere la prognosi… Prognosi che è stata inficiata da chiari (ma imprecisati) errori di valutazione iniziali”. 

“(RI) DEFINIZIONI”

“Credo sia utile rivedere alcune definizioni, brevemente, nel caso in cui la stampa ne riparlerà, e credo ne riparlerà presto”.

“Morte Cerebrale: Un paziente morto cerebralmente, è morto. C’è una cessazione oggettiva, dimostrabile e irreversibile di tutte le funzioni cerebrali. Quando si procede con un’arteriografia (raggi x speciali che mostrano le arterie e il flusso al loro interno) si guarda al flusso sanguigno verso il cervello e si vede che non c’è ALCUN FLUSSO SANGUIGNO nella scatola cranica. Non ci sono reazioni agli stimoli, a parte piccoli e semplici riflessi (che partono a livello spinale) e il paziente è evidente che non respiri spontaneamente, anche quando l’anidride carbonica è a livelli elevati. Non ci sono cellule viventi nel cranio. Nessuna. Per nulla. Le famiglie dei pazienti non devono neanche autorizzare a fermare i macchinari sui pazienti, perché non sono più pazienti… Sono morti. Ci sono pazienti che diventano donatori di organi, in circostanze ben chiare e definite. Il cervello, interamente funzionante, è necessario al corpo, perché possa sopravvivere in maniera soddisfacente, di solito il cuore di un paziente morto cerebralmente continua a battere per non più di pochi giorni o poche settimane (ci sono pochissimi casi dove la circolazione continua più a lungo, ma sono casi molto rari), malgrado qualsiasi trattamento, anche il più aggressivo”.

Coma: il coma è uno stato in cui il paziente non mostra coscienza o non è in stato di veglia. Il paziente in coma ha gli occhi chiusi e non ha il ciclo sonno-veglia, e non mostra alcun segno di coscienza di sé, o di interazione con l’ambiente. Anche gli stimoli dolorosi non causano interazioni significative. A seconda delle aree danneggiate, questi pazienti respirano o non respirano autonomamente. Detto questo, saranno sempre intubati, o sottoposti a tracheotomia, per evitare casi di ostruzione causati dal cervello che non riesce a coordinarsi con i muscoli della lingua, della faringe e della laringe. Sono aiutati da un tubo che viene passato dal naso fino allo stomaco, e in seguito (e così deve essere per Michael) sono aiutati da un tubo inserito direttamente nello stomaco o nell’intestino tenue, attraverso gli addominali. Solitamente, un coma viene detto persistente quando dura da più di due mesi, rispetto all’incidente. Penso che sia questo lo stato attuale di Michael”. 

“Mentre per i pazienti morti cerebralmente, segue una morte della circolazione entro qualche giorno o qualche settimana, per i pazienti in coma persistente, invece, c’è ancora una certa attività cerebrale, specialmente in quelle aree che mantengono una stabilità fisiologica (temperatura corporea, pressione sanguigna, volume d’acqua nel corpo, ecc.). Questo implica che le aspettative di vita di un paziente in stato comatoso, che non migliora neurologicamente, sono misurate da qualche mese a qualche anno. Ancora una volta, è necessario che il cervello funzioni perché ci siano le attività corporee che contribuiscono a un’aspettativa di vita normale”.

Stato vegetativo persistente: dobbiamo distinguere due cose – lo stato di veglia e stato cosciente. I pazienti in uno stato vegetativo persistente mostrano segni di veglia, dove aprono spontaneamente gli occhi e hanno cicli che assomigliano a quelli di sonno-veglia. Ma sono, tuttavia, incoscienti. Manca totalmente la coscienza di sé (incluso il dolore, al di là dei riflessi, l’istinto di sete, ecc.) o dell’ambiente circostante. Solitamente, questi pazienti respirano autonomamente. Uno stato vegetativo viene definito persistente, quando dura due mesi dall’evento. Come abbiamo detto prima, più uno rimane in uno stato vegetativo a lungo, meno è probabile che ne esca, e ci sono alte probabilità di gravi conseguenze se il paziente dovesse uscirne. Molte definizioni considerano lo stato vegetativo permanente un anno dall’incidente”.

“I pazienti che sono in uno stato vegetativo persistente o in uno stato vegetativo permanente, hanno possibilità di vita che vanno dai mesi a pochi anni. Dipende dalla base “di funzionamento” da cui partono, la qualità delle cure e altri fattori imponderabili. Di solito, muoiono di infezioni respiratorie o urinarie. Ci sono sopravvissuti che durano più a lungo, ma sono un’eccezione”. 

Stato minimamente cosciente: qui, come nello stato vegetativo, c’è lo stato di veglia. Ma in questo caso, ci sono segni di coscienza minimi, variabili, ma chiari e oggettivi, e riproducibili: interazioni con l’ambiente o interazioni con sé. Quali? Reazioni motorie, dilatazione e contrazione delle pupille, sorrisi, teste che si girano e reagiscono alle voci, ecc. O ci sono reazioni appropriate agli stimoli. Anche questo stato può essere persistente; è un momento significativo, perché rappresenta il primo passo fuori dallo stato vegetativo, verso un normale stato di coscienza… E sono le prime interazioni che le persone attorno al paziente possono vedere. Anche i pazienti in stato minimamente cosciente hanno aspettative di vita molto più brevi, ma non sono così cupe per come coloro che sono in condizioni peggiori”.

Questa, dunque, la traduzione letterale del post del Dottor Hartstein. Una serie di analisi mediche generali (e anche interessanti) e non specifiche, come qualcuno vorrebbe far pensare, sullo stato di salute di Schumacher.

Come sempre, attendiamo notizie ufficiali da Sabine Kehm riguardo le sue condizioni. Le uniche notizie su cui, al momento, possiamo e dobbiamo fare affidamento.

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