Schumi e l’ottava “neraviglia” del test di Fiorano 1997

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Tempo di lettura: 2 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
7 Marzo 2018 - 21:45
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Il 23 Dicembre 1997 sulla pista di Fiorano, in una giornata dove il freddo era particolarmente pungente e tipico dell’inverno emiliano, Michael Schumacher portava al debutto la nuova Ferrari F300. Dal box, situato sotto il ponte della pista di proprietà della scuderia di Maranello, il V10 con il suo inconfondibile e meraviglioso urlo muoveva i primi “passi” di un vero e proprio inizio d’era per la rossa.

Quel test durato solamente 2 giri e mezzo, con Michael Schumacher alla guida e rientrato anticipatamente dalle vacanze, è entrato nella storia di ogni appassionato. Il progetto 649 fu il primo realizzato dalla coppia Rory Byrne/ Ross Brawn ed interamente “lavorato” nella fabbrica di Maranello dopo il periodo molto british firmato John Barnard. Rispetto all’ultima vettura realizzata dal mago inglese, la F310B del 1997, la nuova rossa aveva una filosofia completamente diversa.

Il nuovo pensiero era quello di “costruire” attorno ad un motore potente una macchina che anche nell’aerodinamica avrebbe dovuto permetterne di sfruttare al massimo le proprie potenzialità. Barnard, al contrario privilegiava, le parti meccaniche a quelle aerodinamiche, costringendo poi ad interventi massicci durante la stagione. Una nuova ventata di aria fresca, un nuovo metodo di lavoro che nel corso degli anni avrebbe portato la rossa di Maranello e Michael Schumacher a vincere 11 titoli tra campionato piloti e costruttori.

Un test passato alla storia anche per la colorazione (temporanea) della nuova monoposto che non aveva il rosso tipico delle vetture di Maranello ma un nero del carbonio nudo che la rendevano una vera e propria perla nera. Nonostante i pochi km accumulati in quella sessione (Larini sei giorni dopo avrebbe completato 67 giri totali) a causa di un problema elettrico, quella “neravigliosa” Ferrari è entrata nel cuore degli appassionati che con tanta malinconia, come il sottoscritto e a distanza di 20 anni, ricorda un periodo che purtroppo è passato troppo velocemente.

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