Schiavi di “Drive To Survive”?

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
22 Novembre 2021 - 00:56
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Dopo quanto successo in Brasile e quanto visto in Qatar in questi tre giorni inizio ad avere il sospetto che ci sia qualcosa che non va. O meglio, di cose che non vanno in generale ce ne sono parecchie, ne abbiamo parlato in lungo e in largo.

Giusto qualche giorno fa avevo sottolineato l’insoddisfacente gestione delle penalità dal punto di vista della coerenza, ma vedendo gli enormi ritardi nell’investigare e decidere se sanzionare o meno i piloti inizio a pensare che ci sia anche dell’altro.

“Drive to Survive”, meglio conosciuta sui Social come DTS, è la serie che racconta il mondo della Formula 1 al pubblico generalista. Viene indicata come uno dei motivi dell’aumento dell’audience del Circus, soprattutto negli USA, ma a quale costo? Perché DTS ha sicuramente contribuito a far conoscere la F1, magari anche per curiosità, a chi prima non ci si era mai avvicinato. Creandone, però, una visione distorta, raccontando frizioni inesistenti tra piloti, romanzando oltre il verosimile situazioni che, altrimenti, sarebbero assolutamente normali.

Diciamo che, pur di coinvolgere l’utente che normalmente non conosce i piloti, le loro abitudini e non ha idea delle dinamiche che regolano la Formula 1, si è andati in alcuni casi oltre il bordo del vaso, causando anche delle critiche da alcuni piloti.

Cosa c’entra tutto questo con il Brasile ed il Qatar? Beh, ci arrivo. Partiamo da Interlagos: nella serata di venerdì viene investigato Hamilton per il problema col DRS aperto. Si attendono ore ed ore per una decisione che non arriva e, praticamente alla mezzanotte di San Paolo, si decide di rimandare il tutto al sabato. Nel frattempo si creano drama, attesa, interazioni sui Social, commenti e via dicendo.

Passiamo a Losail. Stessa scena. Verstappen, Bottas e Sainz vengono investigati per le bandiere gialle dopo qualche ora dalla fine delle qualifiche. Una decisione che potrebbe essere presa in un’ora (andando con calma) viene rimandata ancora al giorno dopo. Si aspetta fino a meno di due ore dall’inizio della gara per comunicare le sanzioni, tanto che poi la stessa FIA sbaglia a conteggiare le posizioni di penalità e prima mette Bottas al 5° posto, poi lo retrocede al 6° dietro Sainz. Immaginate che bello fare briefing di ore e quant’altro senza sapere dove si parte e da quale lato della pista.

Nel frattempo, per oltre 15 ore i commenti sul penalizzare o meno Verstappen si sono scatenati, il drama è esploso, la lotta mondiale di qua, la lotta mondiale di là. La mail ufficiale della F1, alle 10 del mattino della domenica, è indicativa.

Tornando a DTS: le loro telecamere sono presenti ovunque (ma non a tutte le gare: Netflix sceglie in quale gara seguire il tale team) e catturano quanto di interessante c’è per poi lavorare sul girato. E cosa c’è di meglio di una serie di weekend ad alta tensione dove le investigazioni necessitano ore per essere valutate? E, in generale, cosa c’è di meglio di tanta suspense da raccontare per realizzare puntate coinvolgenti per il pubblico – in buona percentuale – generalista, al quale puoi raccontare che Sainz e Norris si sono scornati in McLaren quando non è assolutamente vero?

Che Liberty Media abbia a cuore il business l’abbiamo capito. Che la preponderanza di questo in rapporto all’aspetto sportivo ci sia è fuori da ogni dubbio. Abbiamo anche capito che ormai si va a correre solo dove c’è del denaro contante in arrivo; il Qatar non fa eccezione con la sua massiccia pubblicità ai mondiali di calcio del prossimo anno, per non parlare dell’Arabia Saudita, il cui tracciato solo a vederlo in simulazione fa incrociare le dita, nella speranza che non succeda nulla.

Ma non vorrei che la spettacolarizzazione a tutti i costi porti anche a modificare comportamenti e consuetudini, ad uso e consumo delle telecamere di quello che, a tutti gli effetti, è un (reality) show e non un documentario vero. Comunicare durante la conferenza stampa dei Team Principal, con Horner e Wolff ai microfoni, che il Right of review chiesto da Mercedes è stato rigettato, è puramente spettacolarizzazione da televisione ad esempio.

Così come comunicare a meno di due ore dall’inizio della gara delle sanzioni, quando le ore minime per la pubblicazione della griglia dovrebbero essere quattro, è totalmente fuori senso.

Perché, nel caso in cui un team volesse prendere la palla al balzo per sostituire delle parti, unendo sanzione e penalità tecnica in un colpo solo, non avrebbe fisicamente il tempo per farlo. Però, nel frattempo, se n’è parlato e tanto sui social.

Schiavi di “Drive To Survive”, quindi? Non lo so, ma la sensazione che l’ombra alle spalle di team e piloti sia fin troppo importante c’è. Il tutto per raccontare una Formula 1 diversa da quella che abbiamo imparato a conoscere. Più spettatori e più appassionati? Certo, ma con quale cultura? Quella delle soap opera?

Immagine: ANSA

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