La Peugeot 905 è uno di quei prototipi entrati di diritto nella storia del motorsport per bellezza, risultati e contesto in cui ha corso. Debuttante nel mondiale sul finire del 1990, ha gareggiato nel 1991 e nell’ultimo campionato del mondo marche del 1992, partecipando alla 24h di Le Mans e vincendone due edizioni nel 1992 e nel 1993.
Conforme ai nuovi regolamenti FIA entrati in vigore a fine anni ’80, la 905 era spinta da un V10 da 3,5 litri che poteva erogare a seconda delle gare tra i 620/680 cv.
La prima vittoria assoluta alla 24h di Le Mans arrivò nel 1992 con la vettura #1 guidata dall’equipaggio composto da Warwick, Dalmas e Blundell. In quella gara salì sul podio anche la 905 che ottenne la pole con un giro fantastico, la #2, condotta da Alliot, Baldi e Jabouille. In quella stagione difficile per il mondiale sport, a causa dei pochi iscritti e dalla scellerata situazione creata dalla FIA, la 905 vinse il campionato piloti e costruttori. Nel team guidato da Jean Todt vi era l’ingegnere argentino Enrique Scalabroni, grande tecnico dal passato ricco di successi con, tra le altre, Williams e Ferrari. A lui abbiamo rivolto questa intervista.
Ingegnere, lei firmò con Peugeot circa una settimana prima della 500km di Monza del 1992. Come entrò in contatto con il team francese?
“Sarei arrivato prima nel team, ma siccome non era chiaro se il mondiale si facesse oppure no firmai prima di Monza. Entrai in contatto con Jean Todt grazie a Keke Rosberg, che fino all’anno precedente era pilota ufficiale Peugeot. Arrivai per lo sviluppo della 905 ma soprattutto per il progetto Peugeot F1, che poi purtroppo per volere dei vertici della struttura non andò in porto”.
Che rapporto aveva con Jean Todt e con De Cortanze?
“Il team era molto professionale, gestito in maniera egregia da Jean Todt. Con lo stesso De Cortanze ho avuto uno splendido rapporto di collaborazione”.
Che caratteristica principale aveva la 905?
“Era dotata di un motore molto potente, ma era l’aerodinamica il suo punto di forza. Possedeva un carico superiore ad una F1 dell’epoca di oltre due volte e mezzo. A Magny Cours il tempo della pole position di Alliot sarebbe valso la quarta fila con l’ottavo tempo in F1, un risultato fantastico. In quel periodo girammo tantissimo per sviluppare la vettura facendo tanti km di test con i nostri piloti”.
È vero che provaste le sospensioni attive?
“Esisteva un progetto per le sospensioni attive, di cui personalmente mi occupai, soprattutto per gli anni successivi”.
Cosa ricorda della vittoria della 24h di Le Mans del 1992?
“Una grande soddisfazione, non ho dormito più di cinque ore in tre giorni consecutivi. Ricordo anche la tanta pioggia di quella edizione”.
Secondo lei, perché il V10 Peugeot non riuscì ad essere competitivo in F1 al suo esordio con la Mclaren nel 1994?
“Semplicemente perché il motore era progettato per la 905 e quindi per le gare endurance, non si superavano i 13.000 giri. In F1 per cercare più potenza si è aumentato questo valore, portandolo a 19.000 giri e quindi si aveva bisogno di tempo per sviluppare un nuovo motore per la F1, specialmente nella parte affidabilità del motore”.
Ringraziamo l’ingegner Scalabroni per questa breve intervista.
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