SBK: la finiremo mai con questa pagliacciata?

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 5 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
5 Settembre 2021 - 22:07

Uno dei duelli per il titolo più belli degli ultimi anni di SBK rovinato da una scellerata regola sui track limits.


I dieci giri della Superpole Race del GP Francia a Magny-Cours hanno lasciato tutti col fiato sospeso. La lotta tra i due fenomeni della SBK, il campione Jonathan Rea e lo sfidante Toprak Razgatlıoğlu, ha fatto emozionare tutti coloro in grado di apprezzare una competizione motociclistica di questo livello. Gli ultimi quattro chilometri e mezzo della pista di Nevers si sono trasformati in un autentico ring da combattimento e, personalmente, l’esaltazione raggiunta dal duello tra “Johnny” e “Razga” sarà difficilmente replicabile. L’attacco del #1 alla chicane Imola, la difesa alla Chateaux d’Eau ed il successivo affondo in staccata dello yamahista. Tutti ingredienti che hanno reso la SP Race in Francia una delle manche più belle della stagione 2021.

Anzi, forse dovrei usare il condizionale perché la FIM, sottoforma di direzione gara, ha deciso di mandare bellamente in vacca tutto ciò che di spettacolare si è visto, decidendo il risultato a tavolino. Il giro da cuore in gola ha assunto un valore nullo quando a Razgatlıoğlu è stata comminata una penalità per aver toccato il “verde” in uscita da curva 11, cedendo così la vittoria (e i 12 punti annessi, chiaramente) al pilota della Kawasaki.

Per l’ennesima volta dalla sua introduzione nel Motomondiale a metà 2019, la regola sul mancato rispetto dei track limits all’ultimo giro è stata in grado di falsare un risultato, per giunta dopo una manche di un pathos e di un’importanza così elevati per le sorti del campionato del mondo. Quando a Misano 2019 Augusto Fernández sfruttò l’asfalto esterno del curvone per attaccare Di Giannantonio al Carro nell’ultimo giro della Moto2 si è creato un precedente, ma nessuno si sarebbe aspettato conseguenze così distruttive nel panorama delle corse a due ruote.

Partiamo col porci una domanda: cosa c’è che non va in questa regola?

In primis, l’applicazione. E’ vero, i commissari presenti a Magny-Cours hanno applicato alla lettera il regolamento (seppur con quattro ore di ritardo e dopo Gara 2, applausi), retrocedendo Razgatlıoğlu poiché era in lotta con Rea durante l’ultimo giro. Tuttavia, osservando le immagini e guardando anche i cronologici dell’ultimo passaggio, il vantaggio ottenuto da Razgatlıoğlu sull’avversario in quel frangente è stato nullo considerando che, alla curva successiva, Rea ha poi sferrato il suo attacco.

Qui i cronologici della Gara Sprint di Magny-Cours. Sottolineati in rosso i tempi nel T3 di Razgatlioglu (sopra) e Rea (sotto). Si può notare come, nel tratto in cui è situata curva 11 dalla quale lo yamahista è andato largo in uscita, Rea ha guadagnato ben 0″4 sull’avversario.

L’applicazione, dunque, dovrebbe avvenire solo in caso di effettivo e comprovato guadagno di tempo sull’avversario con cui si sta lottando, come successo appunto a Misano 2019 nella gara della Moto2. Deve essere questo il principale metro di giudizio, non il tocco (anche di pochi millimetri) del “verde” in sé.

In secondo luogo, il concetto alla base della regola. Sempre per il discorso relativo al risultato che rischia di essere falsato, viene spontaneo chiedersi “perché non mettere direttamente l’erba o la ghiaia, impedendo al pilota di ottenere il guadagno di tempo a priori grazie al limite fisico imposto?”, e difatti è una domanda sacrosanta.

L’unica motivazione che un organizzatore potrebbe porre è la sicurezza, poiché mettere in uscita di curva una striscia di ghiaia o di erba (magari addirittura bagnata) porterebbe a possibili incidenti. Tuttavia, essendo un argomento già più e più volte trattato in questi lidi (anche recentissimamente), non si può non ammettere come l’utilizzo dell’asfalto al posto della ghiaia abbia fatto più danni che altro, sia nelle gare di moto che in quelle di auto. Per non parlare di quando tutto questo assume contorni tragici, come la botta di Lando Norris a Spa-Francorchamps quando va bene o gli incidenti di Anthoine Hubert nello stesso punto due anni prima o di Luis Salom a Barcellona nel 2016 quando va male. Tutti casi in cui, volente o nolente, l’uso dell’asfalto anziché lo sfruttamento della ghiaia ha portato a delle conseguenze.

Aggiunte come il long lap penalty o i warning possono sì limitare il pilota a spingersi oltre le linee bianche del tracciato, ma quando si è nel pieno della battaglia qualsiasi pilota sfrutterebbe tutto l’asfalto disponibile ed anche oltre, soprattutto in punti dove, effettivamente, si può continuare ad accelerare senza perdere tempo (come appunto l’asfalto verde esterno). E’ nel concetto stesso di gara motoristica lo sfruttare ogni centimetro a disposizione, pur di tagliare il traguardo nella miglior posizione possibile. Andare contro a tutto questo assegnando penalità nel post-gara e decidendo la classifica a posteriori vuol dire andare contro ad un concetto basilare del motorsport; ergo, contro il motorsport stesso.

Al termine di questo weekend quindi cosa ci rimane? Potevamo essere completamente soddisfatti e gioire dei magnifici duelli visti, ed invece la FIM ha deciso di rovinare quella che era stata una giornata storica, col meritevole vincitore di una gara costretto al secondo posto per aver guadagnato… nulla.

Razgatlıoğlu, dal canto suo, è passato dall’essere il terzo pilota a concludere una tripletta in SBK ad essere il primo vincitore-non vincitore della massima categoria nelle derivate di serie. Immagino la soddisfazione.

Fonte immagine: worldsbk.com

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