P300.it ha intervistato Remy Gardner, pilota di GYTR GRT Yamaha WorldSBK Team, durante il Round dell’Emilia-Romagna.
da Misano Adriatico – Remy Gardner è un pilota spontaneo, che sa come raccontarsi e ama farlo senza mentire, con simpatia e un pizzico di ironia che non guasta mai. Noi di P300 abbiamo avuto l’occasione di parlare con il campione del mondo Moto2 2021, attualmente in forza al GYTR GRT Yamaha WorldSBK Team, durante il Round dell’Emilia-Romagna del mondiale Superbike.
Ciao Remy, grazie di aver trovato il tempo per essere con noi oggi. Corri oramai da molto tempo. Qual è stato il tuo primo approccio al motociclismo?
“Ho iniziato a correre tardi per gli standard attuali. Avevo 9 anni quando ho cominciato in Australia a gareggiare nel flat track, che, praticamente, è una competizione di moto da cross fatta su una pista sterrata in piano. Le prime gare sono andate bene. Ci ho corso per 3 o 4 anni, vincendo un titolo australiano e altri campionati qua e là, quindi posso dire di essere stato abbastanza veloce all’epoca. Ho provato per la prima volta a cimentarmi nella velocità a 12 anni o giù di lì. Il primo approccio a questo mondo è stato quindi tardivo, ma sicuramente positivo, dato che mi sono trovato a mio agio praticamente subito. La mia prima gara su asfalto è avvenuta in Spagna, ad Albacete. In quell’occasione sono stato invitato a partecipare alla NSF100 Cup da Honda Australia. Da lì è partito tutto quanto.”
Sei arrivato nel Motomondiale in Moto3, salvo salire in Moto2 dopo una singola stagione. Perché hai preso questa decisione?
“Ho fatto 3 anni nel campionato spagnolo di Moto3 prima di salire nel Mondiale a 17 anni. A quell’età stavo già cominciando a diventare alto e pesante. Oltretutto non mi è mai piaciuta così tanto la Moto3, se devo essere sincero. Inoltre avevo già guidato delle moto più grosse durante i track day, tra cui i 1000cc, e sono andato bene perché il loro stile di guida ricorda di più il tipo di gare da cui provengo. Come nel flat track, difatti, devi far scorrere la moto di più, cosa che ricorda molto il primo stile di guida che ho appreso. Ho avuto una stagione terribile in Moto3 perché la Mahindra non era competitiva e io ero già alto e pesante. Dato che non volevo fare un altro anno simile ho deciso di passare in Moto2. Così ho iniziato a guardarmi in giro nel Mondiale ma non ho trovato posto, quindi sono tornato in Spagna. Ho cominciato subito ad andare forte, vincendo anche una gara, e, a metà anno, ho ricevuto la chiamata da Tasca Racing, con cui ho finito la stagione.”
La Moto2 è, da un punto di vista esterno, la classe che ti ha forgiato, dato che hai progredito lentamente, ma in modo costante, anno dopo anno fino alla vittoria del titolo. Potresti parlarci di come è avvenuto questo processo?
“Probabilmente sarei arrivato in alta classifica prima se avessi avuto il materiale giusto. Ho fatto un ‘mezzo anno’ con Tasca, che, devo essere sincero, non è andato benissimo, anche perché avevo una moto vecchia, ma in fin dei conti mi va bene bene così. La stagione successiva ho firmato un contratto con Tech 3, che correva ancora con la Mistral, la quale, nonostante non fosse la moto più veloce del mondo, mi ha permesso di imparare come spingere al massimo un mezzo di questa categoria, cosa che sicuramente mi ha aiutato negli anni successivi. Sono tornato su una Kalex nel 2019 dopo due anni in Tech 3 e già alla seconda gara ero sul podio. Ho lottato per l’alta classifica e ho ottenuto una pole position in quella stagione, ma non riuscivo ancora a gestire la pressione derivante dall’essere tra i più veloci, quindi ho commesso molti errori e diversi incidenti. La velocità, però, c’era già, e l’anno dopo, in cui sono rimasto nello stesso team, ho conquistato 4 podi e la mia prima vittoria. Forse sarei riuscito ad arrivare prima a questi livelli se avessi avuto una squadra competitiva, ma mi va bene così, perché ho imparato molto strada facendo.”

L’anno in cui hai vinto il titolo in Moto2 hai lottato contro quello che è stato il tuo compagno di squadra per due anni, Raul Fernandez. Come sono i rapporti fra di voi in questo momento?
“Ho visto Raul settimana scorsa, dato che ero ad Aragon. Quell’anno abbiamo cominciato la stagione in modo abbastanza amichevole, però, come è normale che sia, nel corso dell’anno la lotta per il titolo ha reso entrambi più chiusi nei confronti dell’altro fino a praticamente tagliarli verso la fine, cosa che, ripeto, è normale. Sono sempre stato rispettoso nei suoi confronti e lui ha sempre fatto lo stesso con me, anche in pista, in cui abbiamo sempre corso in modo abbastanza pulito, dato che nessuno ha mai fatto qualcosa di sporco. Ha fatto un anno incredibile, dato che, da rookie, mi ha tartassato per tutto il tempo! Mi ha impressionato, lo devo dire. L’anno in MotoGP è stato davvero difficile per entrambi perché provenivamo da un team vincente, cosa che non avevamo nella classe regina. Devo dire che è stato frustrante per entrambi. Non abbiamo mai litigato, quindi il rapporto è sicuramente cordiale. Quando capita ci scriviamo, ci vediamo e parliamo. Gli ho chiesto come va in Aprilia e lui mi ha fatto dei paragoni tra la moto che guida adesso e la KTM, mentre io gli ho parlato di com’è una Superbike rispetto a una MotoGP. Siamo buoni amici. Certo, non usciamo a cena insieme, ma abbiamo un bel rapporto!”
Dopo un anno di MotoGP sei passato in Superbike. La scelta è arrivata dall’alto o è stata una tua decisione?
“L’assenza di trattative in MotoGP nel momento in cui tutti si stavano blindando per l’anno successivo è stata un fattore determinante. Ho ricevuto l’opportunità di tornare in Moto2 in un team vincente. Penso che nessuno abbia mai sentito Aki (Ajo n.d.r.) chiedere a qualcuno di tornare per conquistare altri titoli. Però non volevo farlo. Insomma, ho corso lì per molti anni, il mio lavoro era finito. Avevo deciso di voltare pagina e proseguire nella mia carriera facendo altro. La Superbike mi era sembrata fin da subito la categoria più convincente. Quell’anno ho guardato le gare e per qualche motivo ho cominciato a seguirla di più. Mi sono detto che era davvero un bel campionato. Così abbiamo preso la decisione di passare in questo campionato. Yamaha mi ha accolto a braccia aperte e stiamo crescendo insieme oramai da 3 anni.”
Immagino che la prima volta su una Superbike sia stata molto emozionante. Quali aspetti ti hanno stupito di più al primo contatto con la nuova moto?
“Quando guidi una MotoGP per un anno e poi sali su una qualsiasi altra moto ti senti così così. Quando ho provato per la prima volta la Yamaha mi sono detto di essere tornato alla realtà! Quei prototipi sono davvero delle astronavi, quindi quando ho guidato una derivata di serie l’ho trovata davvero facile. Insomma, non impenna per tutto il rettilineo, no? Mi è piaciuta fin da subito e le sensazioni che mi ha fornito erano molto buone, soprattutto all’anteriore. Inoltre mi hanno stupito le gomme, che sono ottime. Pirelli fa un buon lavoro, dato che le coperture ti danno delle buone sensazioni e non sono pericolose.”
Penso che molti abbiano notato la tua crescita graduale in Superbike. Come la valuteresti tu?
“Il primo anno ho fatto molta fatica, soprattutto nell’abituarmi alle gomme, e ci sono stati alcuni problemi tecnici che fino a metà stagione non siamo riusciti a risolvere, cosa che per me è stata una barriera difficilissima da superare. Fortunatamente poi siamo riusciti a capire cosa succedesse e abbiamo trovato una soluzione. Da quel momento in poi siamo cresciuti. Da pilota posso dire che, anche se i risultati non sono ancora arrivati, sento di star guidando sempre meglio e so che i miei tempi migliorano di volta in volta. Il problema è la competitività della griglia, che rende difficile vedere questa crescita. Nonostante ciò so di star migliorando costantemente. Penso di non essere mai stato così veloce, dato che ritengo di essere un pilota migliore anche di quello degli anni nel Motomondiale, incluso quello in cui ho vinto il titolo.”
Un collega mi ha detto che secondo lui quest’anno hai fatto un vero e proprio salto di qualità. Pensi sia un’affermazione corretta?
“Sì. Quest’anno sto facendo un’ottima stagione. Abbiamo avuto un inizio abbastanza complesso a Phillip Island e Portimao, che non sono stati dei fine settimana semplici per noi. C’è voluto un attimo di tempo per comprendere come guidare le nuove parti permesse dalle concessioni, che, ora che le abbiamo capite un po’ meglio, ci stanno certamente aiutando. Sto gestendo tutto questo mentre lavoro con il team, che sta facendo veramente bene. Stare calmo nelle ultime gare è stata la chiave per ottenere quei risultati.”

Oramai guidi la Yamaha da diversi anni. Qual è il miglior pregio della tua moto? E il peggior difetto?
“Il miglior pregio di questa moto è la sensibilità dell’anteriore, che ti passa dei feedback importanti. Parlando di difetti, beh, non lo so. Non ce ne sono! (ride)”
La moto ha ricevuto degli aggiornamenti importanti per il 2025. Come si comportano queste nuove parti?
“Abbiamo le alette, le concessioni e un nuovo telaio. Il lavoro del reparto corso ha migliorato la moto quest’anno. Questo è il mio punto di vista, anche se penso che i tempi sul giro diano una dimostrazione.”
Porti un cognome importante in questo mondo. Ti ha mai messo pressione?
“No, non mi crea problemi. Insomma, non sono mio padre! Io sono Remy, un pilota completamente diverso che è anche un campione del mondo. Quindi questo fattore non mi crea stress, anzi, non me ne frega proprio niente!”
Torniamo al presente. Il 2025 sta andando come previsto? Cosa pensi di poter ottenere durante questa terza stagione?
“I primi due weekend sono stati abbastanza tosti, dato che avevamo bisogno comprendere il funzionamento di queste nuove parti. Per il resto, negli altri siamo andati bene, cosa che mi rende molto felice. L’obiettivo di quest’anno è di portare in pista le stesse performance e, almeno spero, migliorare la posizione in campionato. Basta restare calmi per sviluppare la moto e migliorarsi nel modo necessario.”
Ti pongo una domanda personale. Quale pensi sia il momento migliore della tua carriera?
“Beh, vincere il mondiale, non ci sono dubbi. Oltre a quello, devo dirti che un momento molto bello è avvenuto nella settimana precedente, quando abbiamo corso a Portimao. Era una gara molto importante perché il titolo avrebbe potuto decidersi lì. Al tempo stesso, Raul (Fernandez n.d.r.) avrebbe potuto recuperare punti prima di arrivare all’ultimo round. Ho avuto un incidente grave il venerdì con Marcos Ramirez, di cui ho colpito il retro dato che ero molto più veloce di lui all’ultima curva. Non mi aspettavo che fosse così lento. Dopo averlo toccato ho fatto un highside e, atterrando, mi sono rotto due costole. Tutto questo il venerdì. Ho cercato di resistere al dolore per tutto il weekend e ho vinto la gara la domenica. Certo, è stato un fine settimana stressante anche perché avevamo mescole diverse tra cui scegliere, una morbida, che ha utilizzato Raul, e una più dura, che, invece, ho deciso di utilizzare io. Inoltre le costole mi facevano molto male, ma sono stato più forte del dolore e ho fatto una bella gara. A causa delle gomme dure ero un po’ piantato all’inizio, ma, nella parte finale, ero più veloce del mio rivale e l’ho passato. Un giro in più e anche Sam Lowes avrebbe superato Raul, che, in caso, sarebbe sceso in terza posizione. Ciò mi avrebbe garantito la vittoria del titolo in anticipo. Quello è stato veramente un momento importante per la mia carriera.”
Dato che non hai ancora nulla di programmato, c’è la possibilità che tu non possa rispondermi a questa domanda. Hai già dei piani per il 2026?
“Al momento sto parlando con Yamaha. Per il resto no comment.”
E ora passiamo all’ultima domanda. Sei giunto ad un’età matura. Hai ancora dei sogni che vorresti realizzare?
“Certo! Mi piacerebbe vincere altri campionati, di cui uno qui.”
Ringraziamo Remy per l’intervista e Pierpaolo di GRT per averci permesso di entrare in contatto con il pilota.
Media: medialibrary.yamaha-motor.eu, press.ktm.com
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