Rompere gli alettoni

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Samuele Prosino
17 Maggio 2018 - 14:30
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La Formula uno è costantemente alla ricerca del centesimo perduto, e ogni gara i team portano qualche chicca aerodinamica per guadagnare qua e là, per provare a risollevare le sorti delle macchine, per sperimentare qualcosa di nuovo.

Tutte stronzate?

Da fuori, dal nostro mondo di appassionati che si appiccicano alle reti o alla tele per vedere un po’ d’azione, tutto questo è lontano anni luce. Certo, sarebbe interessante se un giorno un team ritornasse in pista con i candelabri, o decidesse di fare a meno dell’alettone anteriore, o costruisse nuovamente un muso a tricheco. I regolamenti non lo permettono, chiaramente, ma sarebbe bello. Delle alettine e dei disegni ondulati, invece, ci interessa davvero? E soprattutto, cambia qualcosa nell’arco del weekend?

Non voglio mandare Giorgio Piola e gli altri esperti del settore anticipatamente in pensione, s’intende. Lui questi cambiamenti li nota, li analizza, sa che hanno un valore di qualche genere. Poi però arriva Max Verstappen e con un alettone anteriore danneggiato sulla parte sinistra si prende il lusso di tenersi dietro una Ferrari con gomme nuove, e piano piano recupera terreno su una Mercedes, seppur in palese modalità gestione.

Dunque, quel pezzo che Max ha perso, tamponando Stroll, dove lo mettiamo, nella scala dei valori della Formula 1? Io direi, a mio modestissimo parere, di metterlo nel sottoscala dei valori. Se quelle alette fossero state davvero importanti, il carico aerodinamico sulla macchina di Max si sarebbe ridotto a tal punto da non permettergli di proseguire con quel ritmo. Invece, complice anche la sempre minor quantità di benzina in auto, la vettura sembrava andare più che bene. Pure Perez, con la Force India, ha percorso molti chilometri con il pezzo dell’auto di Verstappen incastrato nella parte destra della vettura. Ovviamente è andato a punti e non ha mai perso terreno nel confronto con gli avversari diretti.

Poi, al ring dei giornalisti, i piloti sono soliti dire che questi problemi non sono facili da gestire, che quel carico aerodinamico serviva. In realtà l’impressione è che tutto questo discorso sia orchestrato a monte, per giustificare delle spese totalmente inutili. Mi piacerebbe sentir dire, dalla voce di Max, un suono diverso, parole che stronchino tutto questo teatrino della finezza aerodinamica, ma dubito che verranno mai pronunciate.

I flussi aerodinamici: un concetto che ai team interessa quasi quanto le prestazioni degli pneumatici, salvo poi scoprire che basta una mescola di un colore per cambiare totalmente le carte in tavola. D’altronde, le auto poggiano sulle gomme. E i motori? Da quando la Honda e la Renault hanno costruito dei motori decenti, nessuno se ne lamenta più. Eppure sono loro che muovono le vetture, sono loro che hanno il potere di “formare” il tempo sul giro. Il flusso aerodinamico è importante per molte cose, ma per la prestazione complessiva conta molto meno.

Chi guarda la Indycar (mi dispiace per il classico paragone, ma sento di doverlo fare) sa che due belle ali dritte, ma ben congegnate, fanno venir fuori dei bei duelli ravvicinati, mettono impegno ai piloti e sono pure belle da vedere. Quando, con la Dallara precedente, si diede spazio a Honda e Chevrolet per la costruzione dei rispettivi aerokit, improvvisamente i duelli tra i piloti diminuirono. Si leggano le interviste ai piloti di un tempo, a tal proposito: si lamentavano di non poter seguire da vicino l’avversario per via delle turbolenze. Oh, diamine… Dove ho già sentito questa frase?

Ultima cosa, i costi. Immaginate quanto possa costare il ciclo di produzione di un’ala complessa come quella di una Formula 1, a partire dalla progettazione, fino ad arrivare alla pista. E quanto possano costare anche tutti i tentativi a vuoto, che non escono mai dalla fabbrica. Pezzi per altro fragilissimi. Il solito discorso, alla fine, è questo: la F1 ha un amore ossessivo per l’aerodinamica e per le complicazioni. E fa finta che questi due elementi NON siano la causa di molti dei suoi problemi.

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Un Commento su “Rompere gli alettoni”
Lucifero Regazzoni dice:

La questione sull’areodinamica è molto interessante. Di per sé, uno sport di motori, dovrebbe avere un orientamento più meccanico che aerodinamico. Il motore spinge la macchina, il pilota la guida. Di questo parliamo. Eppure, nella F1 in particolare, sembra che deflettori, alette, alettoni e pinne, siano elementi di imprescindibile importanza.
Sono convinto che non siano appendici inutili e abbiano un impatto decisivo nella performance, perché per avere grandi velocità in curva serve più un alettone che un motore, tuttavia condivido l’idea che si stia esagerando in una direzione sempre più assurda. Infatti, sebbene la prestazione sia importante sportivamente, arrivare ad una complicazione aerodinamica tale da generare turbolenze che rovinano le possibilità altrui è cosa che con lo sport non ha niente a che fare. È un paradosso: cercando di competere nel miglior modo possibile, affinando il proprio livello, si pratica indirettamente un atto di sabotaggio nei confronti degli avversari.
Per questo vedo parzialmente di buon occhio le nuove regole proposte per il 2019. Ovvero una semplificazione degli alettoni, in modo da limitare gli effetti negativi per le monoposto inseguitrici, così da lasciar liberi i piloti di ingaggiar lotte…
Nella mia visione tecnica della F1, ci dovrebbe essere libertà di cercare la complessità nella ricerca del miglioramento. Odierei una categoria con macchine standard, tuttavia, qualsiasi evoluzione tecnologica, dev’essere prima di tutto neutra rispetto alle condizioni di guida altrui.
Non posso che detestare il DRS, quindi, come l’intenzione di aumentarne l’effetto l’anno prossimo. Se le turbolenze hanno l’effetto di un sabotaggio, l’aletta mobile è un vantaggio disonesto. Il sorpassante viene agevolato mentre il sorpassato non può difendersi.
Poi, se l’intenzione è quella di fare solo show, come suggerisce la recente indiscrezione sulla cancellazione delle bandiere blu, allora si impari dal wrestling.
È meglio far diventare tutto una buffonata, che svilire un sport con l’ipocrisia.

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