“Red Bull troppo forte”. Eppure, con Mercedes, non ci si lamentava

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
22 Marzo 2023 - 10:33
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I pareri di oggi sono molto diversi da quelli sentiti fino ad un paio d’anni fa. Sbadataggine o faziosità?

Le prime due gare del 2023 hanno gettato nello sconforto chiunque non provenga da Milton Keynes. Con Aston Martin che è l’unica capace di sorridere, tutti gli altri sono in preda ad una crisi di panico.

Mercedes ha già deciso di ribaltare la W14, Ferrari dopo i proclami di inizio anno si trova più lenta e inaffidabile dell’anno scorso, McLaren sembra non si sia neanche presentata. Tutti gli altri sono dov’erano prima: lontani.

La prestazioni della Red Bull di questi primi due appuntamenti stanno facendo discutere ampiamente e mi preme sottolineare come un sottile velo di ipocrisia, giusto quei quattro o cinque metri, stia serpeggiando tra appassionati, tifosi, media e, forse, anche all’interno della stessa Liberty.

Di approfondimenti su una Red Bull troppo forte se ne sono già letti dopo il Bahrain. Jeddah ha confermato le impressioni e la paura è che questo mondiale possa dimostrarsi ancora più facile da chiudere in anticipo di quanto non sia stato quello del 2022.

Dal punto di vista commerciale e di immagine un mondiale dominato rappresenta, soprattutto in questo periodo gestionale, un pericolo di calo di interesse. Il regolamento 2022 doveva compattare il gruppo ma, alla fine, non è cambiato nulla. Perché, a conti fatti, si possono imporre limiti di spesa ma non si può obbligare Adrian Newey a disegnare dieci macchine.

Quello che fa sorridere è leggere le lamentele sul vantaggio di Horner e soci quando, per otto anni, Mercedes ha fatto quello che ha voluto in F1 con percentuali di vittorie da elezioni dittatoriali. Un cammino inarrestabile partito nel 2014 e concluso nel 2021 che ha attraversato due cicli regolamentari (2014-2016 e 2017-2021) ma, grazie al favore di molti media, senza mai essere contestato.

Anzi, la cavalcata da record di Lewis Hamilton, nello storytelling che ci è stato imposto, è stato imputato spesso e volentieri maggiormente alle capacità del pilota (discorso valevole per le stagioni 2017 e 2018) che a quelle di monoposto capaci di vincere 19 gare su 21 come nel 2016.

Non si vede perché, allora, la stessa applicazione concettuale non debba essere espressa nei confronti della Red Bull. La quale non solo non ha conosciuto con largo anticipo i dettami di una nuova era, come successo con l’ibrido, ma ha rincorso per stagioni intere tra difficoltà e momenti difficili come nel passaggio tra Renault e Honda.

Non possono esistere due pareri diversi. O entrambi i domini sono stati ingiusti, o entrambi devono essere accettati. Criticare l’attuale e non il precedente denota una faziosità da propaganda (ne avevo già parlato l’anno scorso) di cui la F1 non aveva e non dovrebbe avere bisogno.

Se poi Liberty Media ha paura che il valore del prodotto cali perché un Team lavora meglio degli altri, ha il potere di introdurre tutte le artificialità che vuole per rimediare. Oggi come oggi, gara 2 su 23, otterrebbe l’obiettivo solo escludendo la Red Bull dal mondiale.

Non sembra la soluzione sportivamente migliore ma, da qualche tempo a questa parte, dello sport in senso lato sembra interessi poco a tutti.

Immagine: Media Red Bull

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