Quindi Bottas è il nuovo Rosberg?

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
9 Luglio 2017 - 22:00
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Dopo il Gran Premio del Bahrain, nel quale aveva lasciato strada due volte al caposquadra, avevo scritto di Bottas che il rinnovo passava anche dal fatto di doversi piegare alle logiche di squadra. In quel frangente e fino a quel momento pareva che Lewis potesse, tra virgolette, disporre di un Valtteri incatenato alle logiche aziendali, in modo da lasciare lo stesso inglese tranquillo dopo un triennio di fuoco con Rosberg.

Eppure, proprio dopo quell’articolo (giusto per farmi passare per uno che spara boiate) e dopo quella gara, con la classifica che diceva Hamilton 61 punti e Bottas 38, il buon Valtteri ha ingranato un’altra marcia, tanto da fargli collezionare nelle successive sei corse 98 punti contro i 90 del più titolato compagno. Bottino sul quale, tra l’altro, pesa lo zero del ritiro di Barcellona nella quale Hamilton ha vinto. 

La classifica, ora, parla di un Hamilton che con 151 punti insegue Vettel a 171 e Bottas che, con la vittoria di oggi, sale a 136. E qui si apre un caso che ha delle similitudini con quanto successo in passato ma anche un nuovo elemento che rende il tutto più complesso. Vale a dire che Valtteri, dopo la vittoria di oggi e punteggi alla mano, ad una nuova eventuale richiesta di aiuto da parte del team nei confronti del caposquadra potrebbe storcere il naso più di quanto non abbia fatto a Sakhir, dove i ruoli potevano essere interpretati in modo abbastanza chiaro. Ma ora? Tenendo conto degli ultimi due mesi e mezzo Bottas può benissimo essere paragonato, in termini di “fastidio” provocato ad Hamilton, a Rosberg. Perché incassa e quando può piazza la stoccata. 

Qualcuno se lo aspettava, altri no. Insomma, che Rosberg sia sempre stato leggermente sottovalutato si è un po’ capito, ma su Bottas non ci sono mai stati pareri chiari fino al suo approdo in Mercedes, perché dopo un anno brillante con la prima Williams ibrida nel 2014 si era un po’ afflosciato nel 2015 e 2016, e con lui tutto il team. Nelle prime tre gare 2017, nonostante il divario in punti da Lewis e un erroraccio da rookie in Cina, quando si è girato da solo sotto Safety Car, si era comunque intuito che avesse le carte quanto meno per non sfigurare. A Melbourne era infatti arrivato in coda a Lewis, mentre in Bahrain aveva lasciato strada. Il dopo, però, non era pronosticabile. Due vittorie, due pole e il ruolino di marcia che abbiamo visto dalla Russia in poi. Come se la timidezza dell’esordio nel team campione avesse lasciato il posto piano piano alla consapevolezza di poter fare bene, senza alcun timore reverenziale nel confronto con super Lewis. Oggi Valtteri ha lanciato una frase molto significativa: “Io credo in me e il team crede in me”. La domanda è lecita: “e se continua così?“.

Il problema in questo caso è tutto della Mercedes, perché fino all’anno scorso la lotta interna tra Hamilton e Rosberg poteva essere gestita nell’ambito di un vantaggio tecnico sulla concorrenza elevato, tanto da potersi permettere di lasciare i due scornarsi tra loro senza troppe preoccupazioni, incidenti a parte. Nel 2017, però, questo vantaggio tecnico non c’è e, anzi, davanti ad entrambi gli alfieri d’argento in classifica c’è una Ferrari. Quindi sul capo di Wolff e Lauda ora c’è una questione di un certo tipo da chiarire. Perché vero è che Bottas ha un solo anno di contratto, vero è anche che Hamilton è universalmente (più o meno) riconosciuto come la prima guida del team, ma se il trend dovesse rimanere questo e Valtteri dovesse “rubare” legittimamente altri punti a Lewis e raggiungerlo in classifica ad avvantaggiarsi sarebbe esclusivamente la Ferrari. 

Giunti ormai a metà stagione, quindi, a Brackley ci sarà da prendere prima o poi una decisione chiara, perché se a Maranello il divario tra i due piloti si è ampliato tanto da definire naturalmente chi sia il prescelto per la lotta al titolo (indipendentemente dal fatto che lo fosse Vettel a priori) in casa Mercedes è meglio che si chiariscano eventuali dubbi il prima possibile per non fare la fine della Mclaren nel 2007. Quando proprio il giovane Hamilton, all’esordio come spalla di Alonso, col tempo acquisì sicurezza fino a rubare punti al compagno diventando il preferito di Dennis nella lotta al titolo.

Dieci anni dopo, siamo ancora qui, con Bottas pupillo di Wolff che timidamente ma non troppo torna sotto alla prima guida definita agli inizi. Legge del contrappasso? Vedremo…

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