Quel che ci voleva

di Alyoska Costantino
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Pubblicato il 19 Luglio 2020 - 20:30
Tempo di lettura: 5 minuti
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Quel che ci voleva

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Quelle poche volte che mi trovo a leggere un giornale sportivo a un bar vicino casa, che sia la Gazzetta dello Sport, Tutto Sport o altro ancora, il mio occhio balza sempre su un dettaglio particolare. Dopo aver saltato le decine (a momenti centinaia) di pagine inerenti al calcio di cui non me n’è mai fregato nulla, arrivo alle notizie sul motorsport e spesso il mio sguardo va sulla sezione “Numeri”, ovvero quelle cifre inerenti a record e curiosità relative a quel determinato momento storico, Gran Premio o pilota. Le vittorie, le pole, i giri veloci, il numero dell’edizione, c’è un po’ di tutto in quella sezione.

Nel weekend odierno, visto che si parla di MotoGP osservando la copertina, si potrebbero tirar fuori tanti numeri importanti: l’8, per l’ottava pole di Fabio Quartararo; il 2, dato che quello odierno è il secondo centro dell’intera carriera di Fabio nel Motomondiale; 19/07/1999, la data dell’ultimo successo di un francese nella classe regina, firmato Régis Laconi. Per quanto mi riguarda, il mio numero di oggi è il 245.

Volete sapere cosa simboleggia quel 245? E’ il numero di giorni passati dal penultimo Gran Premio di MotoGP all’ultimo, ovvero dalla gara di Valencia 2019 fino a oggi. Una lunghissima attesa, parecchio frustrante, pari a più di otto mesi in cui i malati di MotoGP, come me, sono rimasti a bocca asciutta.

Certo, ci sono stati i test, le prove, le notizie, il mercato piloti, il Gran Premio del Qatar con due categorie, ma l’astinenza dal dessert, dal piatto forte, si è conclusa solo oggi. Una fine a un qualcosa di negativo in un periodo difficile per me come per tutti, chi più chi meno.

Quella che abbiamo visto oggi non è però la soluzione a tutti i mali. La MotoGP e le corse in generale non sono una pozione magica capace di far svanire tutti i problemi, non andranno a cancellare il periodo della pandemia e la conseguente quarantena causata dal Coronavirus, di certo non risolveranno i problemi economici, familiari e personali che viviamo tutti i giorni e che continueremo a vivere per tutto il corso della nostra vita. Questo vale per tutti voi lettori come per me: ho rischiato e rischio tutt’oggi che una persona a cui tengo molto esca dalla mia vita per sempre, e di certo guardare quarantacinque minuti di televisione sdraiato sul divano non mi aiutare a risolvere la cosa.

Ciò che può fare è però farmi stare meglio, e oggi c’è riuscita. Indipendentemente dal risultato, da chi abbia vinto, da come si siano piazzati i miei piloti preferiti, per quei quarantacinque minuti quei manici assoluti che guidano mezzi spaventosamente potenti sono riusciti a farmi dimenticare tutto ciò che c’è al di fuori, tutto ciò che di brutto sto affrontando e dovrò affrontare. A farmi emozionare, balzare dalla sedia, anche stare in piedi sul divano, citando un certo telecronista.

Penso anche ai piloti stessi, prima che ai team, ai vari meccanici e alle figure all’interno del paddock. Gente che vive di corse, quelle che per noi sono solo belle passioni a cui dedicarsi, e che torna finalmente a fare ciò che ama e che ha sempre fatto. Quando gareggi sin da piccolo, a prima vista otto mesi in confronto ai tanti anni di gare potrebbero non sembrare chissà che, ma poi ci si accorge di quanto il tempo passi lentamente e che la “pausa” che stai vivendo è più simile a uno strazio di cui non sai quando arriverà la fine. E quando finalmente la suddetta fine che hai visto all’orizzonte si palesa, dovrai tornare a incrociare le armi con i tuoi avversari, perché non si è tornati in pista per gioco ma per vincere. Chissà cos’hanno provato i piloti quando si sono trovati in bagarre questo pomeriggio, magari anche tra avversari con cui non scorre buon sangue, mentre facevano però ciò che entrambe le parti amano, dopo così tanto tempo.

Penso a malincuore anche a chi ha aspettato tutto questo tempo per poi uscire con le ossa rotte (figurativamente ma soprattutto letteralmente) dal Gran Premio. Penso ai poveri Rins e Crutchlow, che hanno dovuto dar forfait prima ancora di cominciare, e penso anche a Marc Márquez, all’ennesima dimostrazione di superiorità imbarazzante che ha mostrato e, purtroppo, anche alla paurosa botta che rischia di estrometterlo dalla caccia al nono mondiale. Sono fiducioso che, come tante volte, si rialzerà in tempo di record e tornerà a fare paura agli avversari, con la sua aggressività e coi suoi salvataggi al limite del paranormale.

Penso anche ai tifosi di tutto il mondo, che hanno nella MotoGP la propria categoria preferita e rivedono finalmente i loro eroi in pista, ma non dal vivo come molti potrebbero e vorrebbero. Ciò che posso dire in merito è che il cammino per tornare alla normalità è appena iniziato e percorrerlo correndo senza preoccuparsi dei guai rischia solo di farci inciampare e di dover ricominciare tutto daccapo. Come per gli otto mesi che i piloti hanno passato, dobbiamo portare pazienza, perché solo con essa e col tempo la situazione migliorerà.

Penso infine a me stesso, a ciò che vorrei. Vorrei che Jerez sia un nuovo inizio, una specie di “bandiera verde” per dare il via affinché le cose migliorino, nel mio mondo e in quello delle corse. Come le ciliegie, che una tira l’altra, vorrei che il prossimo Gran Premio del calendario arrivi in fretta, per continuare ad assaporare la normalità di vedere le gare nel weekend a cui io e tutti noi abbiamo dovuto rinunciare per così tanto tempo. #MotoGPisBack, la MotoGP è tornata, perciò non posso far altro che ridarle il benvenuto.

Fonte immagine: motogp.com

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