Ieri ho respirato, sommessamente, odore di antico. L’ultima mezz’ora del Gran Premio di Spagna ci ha consegnato sì una pagina di Storia, con la S maiuscola, grazie alla vittoria del Conte Max Verstappen. Ma ci ha regalato, a mio modo di vedere, un’emozione diversa dal solito.
Siamo abituati a digerire mille sorpassi a gara, propiziati dal DRS, che annullano qualsiasi tentativo di lotta pari tra attaccante e difensore. Ieri, per la concatenazione di diverse circostanze, nemmeno il DRS è servito a Kimi per superare Max. Troppa la differenza in trazione in uscita dalla penultima curva per potersi avvicinare.
Ma è stato meraviglioso seguire in rigoroso silenzio una lotta basata sui decimi, nella quale Kimi ha tentato di limare ad ogni giro quel decimino che serviva per avvicinarsi abbastanza a tenere la scia della Red Bull. Il risultato, alla fine, non l’ha premiato, e forse è giusto così. Una gara persa per il DRS sarebbe stata troppo anche per una F1 che si basa sullo show. Ma vorrei sottolineare come, per me, l’ultima parte della gara di ieri sia stata molto più interessante di tante altre in cui i sorpassi si sprecano ma sono talmente finti da non dirti nulla.
Se vogliamo, la stessa cosa è successa alle spalle del duo di testa, a team invertiti, con Ricciardo che però il buco per passare su Vettel ha tentato di trovarlo, anche lui senza fortuna ma con qualche rischio.
Dobbiamo tornare all’idea che non necessariamente servano cento sorpassi a gara per renderla spettacolare. Non dobbiamo innamorarci della quantità, ma della qualità, e non dobbiamo cedere alla tentazione dello spettacolo a tutti i costi. La gara di ieri sarà ricordata anche per la resistenza arcigna di Verstappen alla pressione, per la totale assenza di sbavature, non per una serie di sorpassi falsi in sequenza.
Ogni tanto, un po’ di ossigeno.
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