Quando la Ferrari perdeva convincendo

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
10 Agosto 2023 - 17:45
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Si può perdere con onore o facendo passare le sconfitte per grandi traguardi intermedi. A che punto è la Ferrari?

Ultimamente mi dicono che sono troppo critico nei confronti della Ferrari. Sul critico sono d’accordo, sul troppo decisamente no. Partendo dal presupposto che la critica non è sempre sinonimo di bocciatura ma, a volte, anche di affetto, credo addirittura che le critiche non siano ancora sufficienti per quello che si sta vedendo in questa stagione.

In ambito sportivo non sono uno di quelli convinti che si debba per forza tifare per la squadra della propria nazione. Ma, al tempo stesso, dopo così tanti anni di digiuno mi piacerebbe rivedere la Rossa tornare a vincere il mondiale. Semplicemente, non sono convinto che succederà a breve.

Il 2023 vive nel paradosso di una macchina decisamente più lenta di quella che l’ha preceduta ma, contemporaneamente, sorretta da una comunicazione che parla di aggiornamenti che hanno fatto bene, di risalita, di futuro positivo. Niente di tutto questo corrisponde al vero. Nelle prime sei gare del 2023 la Ferrari ha collezionato 90 punti con due ritiri di Leclerc. Nelle seconde sei gare, quindi da Barcellona (dove arrivarono i primi aggiornamenti) i punti raccolti sono 101 con un ritiro di Sainz nell’ultimo appuntamento del Belgio. E, se non fosse per il passo da gambero di Aston Martin da un certo punto in poi, la situazione potrebbe addirittura essere peggiore.

Parlare della Ferrari come se fosse la McLaren – che gli aggiornamenti sembra farli funzionare – è sleale sotto tutta una serie di prospettive, ma va da sé che non sia sempre facile affrontare le questioni in modo oggettivo. Chi ha avuto la fortuna di assistere al periodo 1996-2000 ricorderà che, anche al tempo, le batoste erano all’ordine della stagione. Ma, a differenza dei giorni nostri, la consapevolezza era completamente diversa. La Ferrari di fine anni ’90 perdeva sapendo di essere sulla strada giusta. Convinceva. Abbandonava il sogno mondiale, magari all’ultima gara, ma poteva sentirsi positiva per la stagione che sarebbe seguita.

E, infatti, fu un crescendo. Tralasciando il 1996, anno di costruzione delle fondamenta, già nel 1997 si era in lotta per il titolo ma con uno Schumacher a compensazione della F310B, lontanissima dalle Williams. Fosse arrivato sarebbe stato un miracolo ma, sportellata o meno a Villeneuve, a Jerez la gara non sarebbe comunque terminata per un problema tecnico.

La nuova generazione di monoposto, partita con la F300 del ’98, era sì ancora un passo indietro rispetto alla McLaren, ma un passo recuperabile di piede. Non fosse stato per Coulthard a Spa, forse la ruota scoppiata a Suzuka sarebbe stata meno decisiva. Nel 1999 fu la Stowe a Silverstone a chiudere i giochi. Se Irvine arrivò a giocarsela all’ultimo con la McLaren, la logica porta a pensare che il caposquadra avrebbe avuto qualche chance in più. E, in ogni caso, la F399 era uno step migliorativo della monoposto precedente. Così come fu per la F1-2000.

Di anno in anno, pezzetto dopo pezzetto, la Ferrari arrivò a portare in pista la monoposto “giusta” per lottare ad armi pari con la McLaren, sebbene lo stesso 2000 visse un’estate da incubo con Hakkinen che recuperò tutto lo svantaggio rimediato in primavera. Fortunatamente, dopo cinque stagioni, il cerchio si chiude con il titolo.

Fu una cavalcata costruita di anno in anno, senza fucilazioni e ripartenze nonostante momenti nerissimi. E proprio per questo mi chiedo come si possa credere a proclami e certezze quando la realtà di oggi è a portata di tutti. La volontà di cambiare gestione è nata da un ingolosimento della prima parte di 2022 sì comprensibile, ma che non doveva sfociare in pretese o aumento delle aspettative. La situazione attuale è peggiore rispetto ad un anno fa: gli aggiornamenti non hanno cambiato il trend in classifica ed è la stessa classifica a dirlo, non io.

Ci sono modi e modi di perdere e perdersi. La svolta che si doveva vedere ancora non c’è stata: prima erano due settimane, poi sono diventati due mesi, ora siamo nella pausa estiva. La stagione potrebbe terminare con un terzo posto se Aston continuerà a calare e sperando che McLaren non continui a crescere. E se, per quest’anno, si potrà concedere il beneficio dell’esordio, già dal 2024 la nuova gestione dovrà giustificare i risultati senza potersi più appellare a ciò che c’era prima. Sperando, per lo meno, che le parole di inizio anno siano pesate meglio.

Immagine: ANSA

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