Qualità vs quantità, il problema dei sorpassi metafora del mondo odierno

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
3 Maggio 2022 - 19:03
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La MotoGP si è risvegliata dal GP di Spagna con il problema dei sorpassi. Ohibò! Detta così fa sorridere, ma non è uno scherzo. Anche nella categoria regina delle moto il numero delle manovre di sorpasso è diminuito negli ultimi tempo ed il tutto è spiegato per filo e per segno nell’articolo di Mat Oxley, che vi consiglio di leggere. Aerodinamica, elettronica e soluzioni sempre più sofisticate hanno appiattito i valori ma reso difficile superare anche là dove non ci sono problemi di “dimensioni” e larghezze. La frase dalla quale prendo spunto per questo pezzo è la seguente:

“Alcuni fan vogliono vedere soluzioni sfrenate in modo da poter ammirare il lavoro di ingegneri intelligenti, che spingono con aerodinamica e tecnologie spettacolari. Altri vogliono vedere lotte pazze. E non c’è bisogno che sia io a dirvi quali fan sono i più numerosi”.

Leggendo l’articolo di Oxley e le spiegazioni al come ed al perché anche in MotoGP ora si fatica a superare non c’è molta differenza con uno dei tantissimi articoli che abbiamo visto sulla Formula 1 (anzi, sembra di leggere proprio le stesse cose) in relazione allo stesso problema. Un problema che la F1 stessa, nel 2011, ha tentato di risolvere introducendo il DRS con il risultato di aver creato un mostro, un sistema che annulla nel 90% dei casi il pathos e l’attesa del sorpasso ed annienta l’intensità della gara stessa. Ammesso che sia questo ciò che conta ancora.

Qualità contro quantità, una guerra applicabile non solo allo Sport ma a tantissimi ambiti dove conta solo il risultato (aziendale, economico, quello che volete voi). L’esempio dei sorpassi con DRS contro quelli senza è la perfetta metafora di come funzionano le cose al giorno d’oggi; un mondo nel quale conta l’apparenza (vendere un numero sempre più alto di sorpassi alle TV, ad esempio) indipendentemente dal contenuto (un sorpasso a metà rettilineo, con 25km/h in più di velocità, non può essere definito tale) e solo per accontentare, come dice Oxley, i “fan più numerosi”.

Ma è giusto accontentare i fan più numerosi sempre e comunque a prescindere? Se i fan, un domani, chiedessero di correre sempre sulla stessa pista, verrebbero accontentati? E perché si dà sempre per scontato che “più è meglio”? In F1 abbiamo visto la rincorsa al numero di soste, al numero di sorpassi. Ma, a conti fatti, la qualità (quella vera) è aumentata? Non direi.

La gara di domenica a Jerez è stata definita da tanti noiosa per l’assenza di sorpassi, ultimi giri a parte. Chiedo: è noia un duello al vertice tra due piloti che ballano, giro dopo giro, tra i 5 e i 7 decimi di distanza? Perché se non si percepisce (più) l’intensità di una gara giocata sul singolo decimo come quella tra Bagnaia e Quartararo non c’è neanche da discutere.

E, se le cose stanno così, il vero problema diventa un altro. Ovvero che, se la rincorsa è quella della quantità per “accontentare” invece che per “proporre”, si entra (ma ci siamo già) in una spirale senza fine, nella quale tutto può succedere e tutto può diventare lecito per rispondere alle esigenze di chi tratta lo Sport solo come un’azienda mettendo da parte totalmente la tradizione. Che non è sinonimo di vecchiaia, ma la base di tutto.

Ammesso che interessi ancora.

Immagine: Media HRC

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