Pesi e misure. La F1 alla prova della credibilità

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
14 Settembre 2021 - 23:35
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La F1 ha un problema. “Uno solo?” mi direte e avete ragione, ce ne sono tanti. Ma non possiamo stare qui, almeno per ora, ad elencarli tutti. In parte, però, quanto scritto relativamente a Spa-Francorchamps può aiutare.

Dicevo, la Formula 1 ha un problema e si chiama credibilità, ovvero uno degli aspetti che più garantiscono un seguito. Se si è credibili e lo si è sulla base di un lavoro svolto con serietà non ci sono problemi. Se si inizia a vacillare, i dubbi crescono fino ad arrivare al punto di non ritorno.

Sono anni che si parla di penalità assurde, azioni valutate in modo diametralmente opposto da un anno con l’altro o magari da una gara con l’altra. Di eventi che, in base ai protagonisti, vedono la bilancia spostarsi di qua o di là. Quando ci si gioca un mondiale, però, lo spazio per l’errore deve rasentare il minimo sindacale.

Più volte è stato proposto di avere un collegio di commissari fisso al seguito della Formula 1, al fine di mantenere una linea comune di decisione evento dopo evento. Al tempo stesso, questa possibilità è stata giudicata troppo pericolosa per il rischio di favoritismi costanti nei confronti di questo o quel pilota.

Non che la situazione sia meglio ora, con Stewards che giudicano lo stesso evento in modi diversi. Il regolamento sportivo è scritto per far sì che i commissari abbiano una certa discrezionalità ma, forse, è da rivedere quanto questa discrezionalità possa incidere in una decisione.

Perché due azioni identiche devono vedere, seppur a distanza di anni, decisioni opposte? Il caso Verstappen con Massa nel 2017 e con Hamilton qualche giorno fa è eclatante, con il passaggio dall’investigazione per il brasiliano alle tre posizioni per l’olandese per la stessa identica manovra. Il tutto con la scusa non richiesta di “non aver tenuto conto delle conseguenze dell’incidente”. Non si può ritenere credibile tutto questo.

Altro esempio: 2019, Leclerc contro Hamilton alla Roggia. Bandiera bianca e nera ma nessuna penalità per il monegasco, che andrà poi a vincere. 2021, Ocon contro Vettel. Cinque secondi di penalità per il francese. Stessa manovra, eccezion fatta per una toccata più netta tra l’Alpine e l’Aston Martin. Ma se “non si tiene conto delle conseguenze”… Qual è la decisione corretta? Aveva allora ragione Hamilton a lamentarsi ai tempi e Leclerc doveva essere direttamente penalizzato?

Sono due piccoli esempi relativi a Monza, ma si potrebbe andare avanti per giorni con le dimostrazioni di quanto il sistema di giudizio sia fallato, incoerente, a tratti imbarazzante. Se non si vuole far credere che ci siano pesi e misure diversi sulla base dei protagonisti, dare un appiglio a chi parla di complotti nei confronti di uno o dell’altro pilota, bisogna risolvere questo problema e nel più breve tempo possibile. Perché non è oggettivamente concepibile vedere Stop&Go di 10 secondi (ovvero mezzo minuto perso circa) comminati a piloti che entrano in pitlane a 85 km/h invece che 80 e 5, 10 secondi a chi causa un incidente anche potenzialmente grave. Si chiama sproporzione.

Che la discrezionalità debba rimanere è fuori da ogni dubbio, ma questa deve lavorare su ciò che è effettivamente diverso evento per evento. Il tipo di pista, le condizioni atmosferiche e via dicendo. Il regolamento deve valere per tutto e tutti, così come deve essere fatto rispettare per come è scritto. “In the opinion of the Stewards” scritto nero su bianco è già qualcosa che va oltre, prendere in giro dicendo che “non sono state considerate le cause dell’incidente” nel botto di domenica quando quattro anni prima si è investigato Massa è intellettualmente un’offesa; perché, ad un certo punto, vale tutto e il contrario di tutto in base a come uno Steward si alza al mattino.

Questo non è corretto né professionale: rischia di inficiare il risultato di un campionato del mondo e far perdere credibilità ad uno sport che, di suo, ha già altri problemi.

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