Pagelle del Gran Premio d’Ungheria 2013

F1GP UngheriaGran PremiLe Pagelle
Tempo di lettura: 17 minuti
di shalafi81
3 Agosto 2013 - 13:59
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Non immaginate nemmeno che razza di settimana abbia avuto il vostro pagellista. Sul serio. Il ritardo è cosmico e fa sì che questi sproloqui abbiano forse poco senso, oggi. Vi chiedo scusa, di cuore, per il disservizio. Non so nemmeno se il detto “meglio tardi che mai” vada bene. Ma tant’è. Scusate ancora. E buona lettura, se ne avete ancora voglia!

Sebastian Vettel: 7,5 – Verrebbe da dire che corre con la testa… ma mica tanto. Mica tanto perché quando a fine gara riprende il finnico dagli occhi di ghiaccio -e dal fegato d’acciaio- ci prova eccome, a passarlo, rischiando -blandamente- di mandare tutto a carte quarantotto prima di ridursi a più miti consigli. Anche se chiaramente la cosa non gli va giù, e lo si vede dal muso lungo che ostenta sul podio. Scatta così così, si difende da Grosjean in maniera anche coraggiosa, considerato chi ha a fianco. Ma la gara gliela fa perdere Button, che lo tiene dietro per un’eternità facendogli accumulare quel distacco che lo spedirà dietro anche a Räikkönen. Quando in Red Bull capiranno che in certe condizioni, quando cioè non si ha il dominio assoluto della situazione, un pizzico di velocità di punta in più non guasterebbe, sarà sempre troppo tardi. Allunga comunque su Alonso in Campionato. Ma a giudicare da quello che si è visto all’Hungaroring è una notizia che non gli farà strappare i capelli dalla gioia. I veri suoi problemi -ammesso che davvero lo siano- arriveranno da altri fronti. Scornato.

Mark Webber: 8 – Non merita assolutamente meno di Sebastian Vettel. Perché in prova becca l’ennesimo guasto al kers che lo condanna alla decima posizione al via, una specie di sentenza di morte vista la natura del circuito magiaro. Ma, siccome a lui le gare ad handicap evidentemente piacciono -nonostante la sua faccia a fine qualifiche dicesse esattamente il contrario- riesce comunque a trasformare in oro quel poco di buono portato via dalle qualifiche. Parte bene, guida la muta degli altri -quelli con gomme dure- e fa gara praticamente a sé, girando su un universo parallelo rispetto a quelli che ha davanti. Condizione mai semplice. Certo, senza i guai di Grosjean difficilmente avrebbe chiuso a immediatamente a ridosso di Vettel, ma se c’è qualcuno che ha da recriminare questo è solo e soltanto lui. Coriaceo, inossidabile, roccioso, solido come l’Ayers Rock, che è anche il simbolo del suo paese. Non a caso è anche un provetto ironman. Lo ribadiamo: ci mancherà, quando lascerà a fine stagione. Magari non un campionissimo, ma un uomo vero. Forte.

Fernando Alonso: 5,5 – Stavolta, provocatoriamente, lo bocciamo. Perché ci ha stufato. Perché certe lamentazioni -usiamo un termine arcaico- ce le aspettiamo da un Barrichello, non da un due volte campione del mondo che dovrebbe spaccare il mondo e che invece a sentirlo parlare spacca solo qualcos’altro. Quel che colpisce non è tanto il risultato, quanto piuttosto il suo non riuscire a far la differenza. Questa l’impressione che arriva, suffragata anche dai tempi di Massa in prova e -al netto dei contatti- in gara. Non potevo fare di più, dice. Probabilmente è anche vero, e anzi la resistenza opposta a Grosjean è efficace e corretta. Ma è vero solo parzialmente. Da un campione, da un uomo squadra, la Ferrari -che storicamente ne ha bisogno, puntando su un’unica prima guida vera- si aspetta di più. La capacità di fare la differenza in pista e fuori. Quella di fare quadrato. Di indirizzare lo sviluppo della macchina. E di assumersi le proprie responsabilità, nel bene e nel male. Non i lamenti, i messaggini d’amore alla Red Bull e le frecciatine a Vettel. Ed è per questo che lo bocciamo. Il vostro pagellista sta invecchiando, se dice quello che sta per scrivere, ma il Crucco era un’altra cosa. E c’è chi se n’è accorto anche a Maranello, mi sa. Polemico.

Felipe Massa: 6 – La nostra personalissima provocazione [e lo scriviamo anche in grassetto, PROVOCAZIONE] è dargli un voto più alto di quello di Alonso. La sua onesta gara la fa. Chiedergli la perfezione è un miraggio. E infatti al via si tocca con Rosberg in maniera tutto sommato stupida da parte di entrambi, rovinando -nel suo caso- l’ala anteriore -che però sceglie di non cambiare per non perder tempo… misteri- e di fatto compromettendo stabilità e prestazione. Sparisce, letteralmente, dalle telecamere e dal cuore dell’azione per tornarci -si fa per dire- solo sotto alla bandiera a scacchi, con un anonimo ottavo posto. L’idea -fuori dai denti- è che in casa Ferrari regni piena confusione, tra i mal di pancia di Alonso e le magagne di uno sviluppo modello gambero. E in tutto questo il povero Felipe pare abbandonato a se stesso. Fuori posto, fuori contesto, spiazzato e spiazzante. Come uno finito lì per sbaglio. Ragion per cui il sei, seppur stiracchiato, ci sta. Ad maiora. Dimenticato.

Jenson Button: 8 – La cosa curiosa sapete qual è? Che alla fin fine la gara, al signorino Vettel, gliela fa perdere proprio lui, il Maestro, tenendolo dietro un’infinità con le gomme dure e facendogli accumulare quel distacco da Lewis [e Kimi] che non recupererà più. Onore al merito, per il suddito di sua maestà -e del Royal baby- che s’inventa ancora una volta una gara tutta calcolo e risparmio, tutta gestione e oculatezza che gli consente di arrampicarsi fin lassù, dove forse osano le aquile ma dove di sicuro nessuno con una McLaren 2013 avrebbe immaginato. Certo, il fatto che a Budapest non si sorpassi qualcosa vorrà pur dire. Ma son sottigliezze che di fronte a uno splendido settimo posto, davanti anche a una Ferrari, lasciano il tempo che trovano. Quando c’è da usare il cervello, lui c’è sempre. Nonostante da più parti cerchino di andargli addosso. Nobel.

Sergio Pérez: 6 – Speriamo che questa stagione gli serva comunque a qualcosa. Quando ha firmato per la McLaren si aspettava di dover imparare a lottare per la vittoria, ruota a ruota con i migliori per il primo posto. E invece gira più o meno sulle stesse posizioni che occupava in Sauber. Ma almeno -questo l’augurio che gli facciamo- ha come vicino di garage uno dal quale si possono carpire segreti e trucchi del mestiere, in materia di gestione delle gomme e visione di gara. Pillole di saggezza a non finire. Gli auguriamo di maturare, da questo punto di vista. E chissà che la gara ungherese, che lo vede artigliare qualche punticino ma sempre sottotono e indietro rispetto al Maestro- non lo induca a volersi applicare di più, in questo fondamentale. Piuttosto che farci a sportellate, cioè, chiedergli anche a voce qualche consiglio, a JB. Rimandato [a settembre].

Kimi Räikkönen: 9 – La cosa divertente è che per metà gara sonnecchia. Sta cioè a debita distanza dai primi, si addormenta dietro Massa e pare fregarsene del fatto che là davanti Grosjean lotti per la vittoria. Eccolo, tutti noi a dire, s’è stufato, non ne ha più voglia. E invece -come oramai dovrebbe averci abituato- se ne viene fuori alla distanza, fa una sosta in meno -solo lui sa come- e di riffa e di raffa riesce a tenersi dietro fino alla bandiera a scacchi uno come Sebastian Vettel, che proprio accomodante non è. Facendogli capire, a due giri dalla fine, che se proprio vuole passare deve farlo fuori pista, perché all’interno del nastro d’asfalto non ce n’è. Serafico e indolente come solo lui sa essere, sale sul podio e prende per i pantaloni Ross Brawn per fare la foto. Prima la facciamo, sembra dire, prima ce ne andiamo. Un numero che vale quasi più dello splendido secondo posto finale, che lo tiene -a debita distanza- in lotta per il titolo e che lo piazza davanti ad Alonso in classifica generale. Senza urli, strepiti o piangine di chissà quale tipo. Questo è Kimi. Prendere o lasciare. Noi lo prendiamo. E lo prenderemmo, se toccasse a noi scegliere, a occhi chiusi… GENIO.

Romain Grosjean: 7,5 – Complicato dargli un voto. Complicato perché oggettivamente le penalizzazioni ci suonano molto eccessive. E ha ragione chi dice che probabilmente se al posto di Romain ci fosse stato un altro pilota il tutto si sarebbe chiuso con un nulla di fatto. Sia con Massa che con JB. Ma -e qui starebbe l’intelligenza di chi guida- proprio perché sai di essere nell’occhio del ciclone, a torto o ragione [pure la rima!]… l’imperativo dovrebbe essere quello di muoversi nella maniera più trasparente possibile. Non mettere il sedere nelle pedate, insomma. Su questo ha ancora molto da lavorare. Ma ha molte attenuanti, in primis il fatto che quando sei in lotta non è per niente facile razionalizzare certi ragionamenti. Ragion per cui non gli diamo un voto commisurato alla prestazione velocistica -che valeva la vittoria, probabilmente- ma nemmeno alla posizione d’arrivo. Una mano lava l’altra, e via pedalare. Perseguitato.

Nico Rosberg: 4,5 – Ci sono giornate in cui faresti meglio a non alzarti nemmeno dal letto. Ecco, la domenica ungherese del buon Nico rappresenta alla perfezione la concretizzazione di questo detto. Già al sabato le becca da Lewis, forse anche più di quanto si aspettasse. Ma la gara è un calvario vero e proprio. Sbaglia la partenza, va in confusione e si tocca con metà dello schieramento, tranciando un pezzo di ala a Massa e creando scompiglio al centro del gruppo. Poi resta intruppato nel traffico e, mentre il compagno vola verso una vittoria storica, lui veleggia ai margini della zona punti. A sei giri dalla fine il suo propulsore dice basta ed è costretto al ritiro. Pensate se invece del suo, di motore, si fosse rotto quello di Lewis… un guasto che invece fa felice tutti: la squadra, che salva la vittoria, e anche lui, che chiude anzitempo una gara da dimenticare il più in fretta possibile. Ci sta, una giornataccia. Speriamo per lui che sia l’unica, però. Tramortito.

Lewis Hamilton: 10 – Beh, come dicevamo prima la gara di fatto gliela fa vincere, con un regalone, il suo ex compagno di squadra JB, che tiene dietro Vettel per un’eternità e gli consente di scavare il gap di sicurezza con gli inseguitori che conserverà fino alla bandiera a scacchi. Ma una manona gigante se l’è anche data da solo lui, al sabato, con un giro letteralmente mitologico che gli vale la pole position, la possibilità di scattare dalla parte pulita della pista e quindi una gara in discesa. Non c’è niente da fare, l’Hungaroring sarà anche un circuito stupido, lento, un kartodromo, un budello dove non si passa, quel che volete. Ma ci sono piloti che su questa pista si esaltano. Mi viene in mente un Damon Hill, che ad esempio nel ’97 -complici anche delle Bridgestone da paura- rischiò di vincerci con una Arrows. E Lewis non è da meno. Questa è la SUA pista, probabilmente assieme a Spa. Ed è bello vedere che anche nel 2013 il fattore pilota, in determinate condizioni, riesce ancora a far la differenza. Anzhe senza pioggia, safety car, drs o altri fattori di rischio. Un successo tutto suo. Chapeau.

Nico Hülkenberg: 5 – Una carezza in un pugno, cantava Adriano Celentano. La carezza Nico la meriterebbe perché stava facendo una gran gara e avrebbe insidiato il decimo posto di Maldonado fino alla bandiera a scacchi, con ottime possibilità di conquistarlo. Il pugno gli spetterebbe perché l’errore che lo porta a superare la velocità massima consentita nella pit lane e lo condanna al drive thru ammazzarisultato è -per sua stessa ammissione- solo suo, che pigia troppo presto il pulsante. Peccato. Per lui, per la squadra, per il risultato, per tutto. Anche perché -come detto- stava correndo bene, lontano dai casini e senza troppi patemi. Ma chi è causa del suo mal non può che piangere solo se stesso. E così noi, forse troppo severi ma di sicuro integralisti, non possiamo non bocciarlo. Precipitoso.

Esteban Gutierrez: sv – In qualifica al solito le prende da Hülkenberg. In gara fa quel che può, si avvicina anche al compagno di squadra e resta in attesa degli eventi. Che si materializzano nella rottura del cambio al giro 28, ben prima della metà gara. Vista l’evoluzione della corsa non ce la sentiamo di giudicarlo. Buone vacanze e arrivederci a Spa. Riposato.

Paul di Resta: 5,5 – Qualifica orrenda compensata da una buona partenza che lo proietta addirittura davanti a Sutil -che per contro scatta malissimo. Fa una fatica bestia con le medie, e resta intrappolato nel traffico a causa di una velocità di punta insolitamente bassa per la Force India. Quando la vettura si rompe, a pochi giri dalla fine,è comunque ai margini della zona punti, ben lontatno dalle prestazioni degli ultimi tempi. Weekend storto, dunque. Anche per lui personalmente, che poco prima di ritirarsi è autore di uno svarione che consente a Vergne di passarlo. Ma sarebbe comunque cambiato poco. Si annuncia un’estate di fuoco, alla factory del team di Vijay Mallya. E non solo per le temperature. Opaco.

Adrian Sutil: sv – Vanifica una buona qualifica con una partenza orribile. Finisce addirittura dietro a di Resta. Ci mette un po’ a prendere le misure alle medie. Nel mezzo anche un contatto con Massa. Quando finisce di far mente locale e prova a spingere lo richiamano ai box perché una perdita nel sistema idraulico -e non si tratta di bisogni fisiologici, ahilui- sta per fermare la macchina. Si ritira dopo appena 20 giri. E questo lo salva dall’insufficienza. Disidratato.

Pastor Maldonado: 8 – Chi la dura la vince. Dai e dai, di riffa e di raffa, complice anche il ritiro di Nico Rosberg e la penalità inflitta all’altro Nico, Hülkenberg, riesce a cancellare lo zero dalla casella dei punti suoi e del team e a conquistare un decimo posto che d’incanto -chissà, quantomeno ci piace pensarlo- ridefinisce gli obiettivi di medio periodo per la squadra di sir Frank. Messa così, mica male. E buona parte del merito è anche suo. Che guida come un leone, sgomita, tiene dietro per più di dieci giri addirittura una Mercedes, quella di Rosberg, si esibisce in un paio di manovre di sorpasso -certo, la strategia c’entra, ma le ruote davanti bisogna comunque mettercele- e dopo la bandiera a scacchi sfoggia addirittura -udite udite- un bel sorriso. Chissà che ritrovi anche un po’ di serenità. Non che faccia andar più forte la Williams, intendiamoci, ma piuttosto che non averla… Felice.

Valtteri Bottas: 5 – Un po’ pesante, il cinque, per un rookie che oltretutto non ha nemmeno -non per colpe sue- terminato la gara. Ma si giustifica con il fatto che a Budapest la Williams tutto sommato c’era. E lui, che di Maldonado ha sempre tenuto il passo, quest’anno, invece di sfruttare l’occasione si perde, a partire da uno start disastroso che lo fa retrocedere di diverse posizioni e lo costringe a una corsa ad handicap. Mentre veleggia intorno alla sedicesima posizione la sua Williams lo lascia a piedi bruciandogli qualsiasi velleità di rimonta. Che difficilmente ci sarebbe comunque stata. Leggetelo come un cinque di stima, per favore: sei bravo ma avresti potuto fare di più, ti boccio proprio perché credo in te. Capito? Tartassato.

Jean-Eric Vergne: 5,5 – Al solito canna la qualifica, e davvero oramai non fa più notizia. Sul serio, questo è un problema grosso. Perché a scattare dalla quattordicesima posizione, oltre che partire ad handicap, si rischia anche e soprattutto di restare invischiati in incidenti oppure -per evitarli- di perdere ancora più terreno. Cosa che accade in Ungheria, quando JEV per evitare casini sceglie la linea -sacrosanta- della prudenza alla prima curva, con un atteggiamento conservativo che però lo caccia ancora più indietro. Da lì fa quel che può, rimonta anche bene tanto da chiudere, alla fine, davanti al compagno di squadra che partiva ben più avanti. Ma non è così che contenderà all’australiano -o a Kimi, vabbè- il posto in Red Bull. In gara ha ritmo. Ma in qualifica ha ancora troppi limiti. E quanto successo all’Hungaroring è l’estrema sintesi della colonna dei CONTRO nella sua ipotetica scheda valutativa. Sveglia!

Daniel Ricciardo: 5 – Anche qui non ci siamo. Okay, tira fuori più del massimo dalla Toro Rosso, in qualifica, e la posizione al via -l’ottava, splendida- non è veritiera. Ma in gara si perde. E vanifica quanto di buono fatto vedere al sabato. Fatica sia con le morbide che con le dure, non trova né ritmo né costanza e si fa prendere dalla voglia di strafare, tanto che in un paio di occasioni l’abbiam visto leggermente oltre il limite. In una parola: si innervosisce. Per carità, ci sta tutto, intendiamoci. E non sarà l’opaca prestazione ungherese a macchiare indelebilmente la solida reputazione che si sta costruendo. Però, ecco, è stata una giornata storta. Se parti ottavo e finisci tredicesimo non ci siamo. E allora, così come per Bottas, arriva la bocciatura di stima, nuova moda dell’estate. Coraggio.

Charles Pic: 6 – Le prende da Van Der Garde, ed è questa la notizia del giorno. La sua gara di per sé non sarebbe nemmeno troppo negativa -ragion per cui non lo bocciamo- tanto che per qualche tempo riesce a tenere agevolmente lo stesso ritmo di Bottas. Questo in termini assoluti. Ma il fatto che Van Der Garde lo preceda per tutta a corsa prendendosi la scena in seno al team e le pacche sulle spalle dei meccanici riduce notevolmente la sua prestazione. Non perché VdG debba necessariamente stargli dietro. Ma perché si inverte una tendenza. E questo deve sempre far riflettere. Lui a fine gara non sembra particolarmente preoccupato. Anche perché la sua Caterham migliora, e dopo la prima sosta -quando si ritrova dietro alle due Marussia- passa in pista Bianchi e Chilton senza problemi. Però… Evanescente.

Giedo Van Der Garde: 7,5 – La migliore gara della sua stagione. Punto. Parte benissimo tanto da passare Bottas e tenerselo dietro agevolmente per tutto il primo stint. Poi il finlandese lo supera ai box ma lui fa la sua onestissima gara solitaria, dietro alla Williame e davanti a tutte le altre cenerentole, precedendo al traguardo Pic di sei secondi e conquistando così per la prima volta -ci pare- la vittoria nel Gran Premio degli Altri, quelli che guidano non una Formula 2 ma una Formula 1,5 quantomeno sì. E’ raggiante e dispensa sorrisi a tutti, nel post gara, e ne ha ben donde. Chissà se e quando gli ricapiterà una domenica da Leoni come quella sull’Hungaroring. Speriamo -per lui- che continui così. Rigenerato.

Jules Bianchi: 6 – Sufficienza di stima -a differenza di altri…- per il buon Jules che per una volta è costretto non a pilotare ma a passeggiare, in pista. La Marussia con il caldo non va, né con le dure né con le morbide. Il nizzardo mette subito via qualsiasi velleità di lotta con le Caterham, specie quando da dietro Pic lo svernicia senza pietà, e si accontenta di portare al traguardo la macchina guardando più gli specchietti che quello che ha davanti. Oggettivamente complicato inventarsi qualcosa. Onestamente ingeneroso accanirsi. Oggi è andata così, a Spa chissà. Tenete comunque presente che rifila 43 secondi a Chilton, quindi piano piano non è andato. Concreto.

Max Chilton: 5,5 – Valgono più o meno le stesse considerazioni fatte per Bianchi. Con la piccola aggravante -piccola si fa per dire- che becca più di mezzo giro dal francese. Entrambi esordienti, entrambi alle prese con una macchina che va poco già di suo e che in certe condizioni non va proprio per niente, entrambi disillusi riguardo questa stagione. Ma con curriculum e prospettive future ben diverse. Figlie -probabilmente- di capacità e talenti differenti. Ma questo è un altro discorso. Quello dei piloti è l’ultimo dei problemi, alla Marussia. L’inglese lo sa. Fa il suo per cercare di non creare casini nei doppiaggi e di non rovinare la macchina. Ci riesce. Ma becca troppo dal compagno di squadra per meritarsi la sufficienza. Provaci ancora, Max. Prudente.

Manuel Codignoni
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