Pagelle del Gran Premio di Spagna 2013

F1GP SpagnaGran PremiLe Pagelle
Tempo di lettura: 19 minuti
di shalafi81
15 Maggio 2013 - 12:59
Home  »  F1GP SpagnaGran PremiLe Pagelle

Nemo propheta in Patria, dicevano i latini, nessuno è profeta a casa sua. A parte Alonso, evidentemente. L’asturiano domina il Gran Premio di Spagna e si ripropone prepotentemente nella lotta per il titolo mondiale. Dietro di sui il solito -e solido- Kimi Räikkönen e Felipe Massa, a completare un ottimo risultato di squadra per la casa Maranello. Scompaiono le Mercedes, che avevano dominato le prove, con il solo Rosberg a salvare la baracca. Hamilton addirittura doppiato. Buona lettura!

Sebastian Vettel: 8 – Alla fine dice di essere pure contento, e ti vien quasi voglia di crederci. Questo perché di fatto -nonostante un avvio di gara più che incoraggiante- è parso chiaro sin da subito che non sarebbe stato lui a giocarsi la vittoria tra i curvoni spagnoli temibili e temuti da un po’ tutti i team. Da quando, dopo la prima sosta, Alonso lo passa ai box, fa un po’ quel che può, cercando di gestire le gomme e di restare a galla senza altre velleità. Fa strano, vederlo recitare la parte del regolarista, lui a cui piace sempre vincere anche a briscola con i meccanici, ma a Montmelò questo passava il convento. Unica fase esaltante il via, dove si installa subito alle spalle di Rosberg. Un quarto posto forse insipido, ma che regala punti importanti in ottica campionato e che ci restituisce un Sebastian tutto buon senso e concretezza. Per cui va benone anche così. Solido.

Mark Webber: 7 – Facciamo finta di non vedere la partenza, anche se l’inquadratura dall’elicottero mostrata nei replay ce la spiattella davanti agli occhi impietosamente ogni volta che può. Gli altri scattano, lui si pianta. Uscirà dalle prime tre curve qualcosa come tredicesimo, o forse anche peggio. Spesso gli capita, di sbagliare partenza, ma di solito solo quando è in pole, non quando si qualifica già dietro. Un disastro, insomma. Da lì però è bravissimo a tessere la sua tela, fatta di ritmo e cronometro. Lo fermano presto -giustamente- e si trova spesso a dover correre da solo, senza riferimenti, con un occhio al monitor dei tempi, l’altro a quello delle temperature e un’attenzione particolare al sedere per capire quando le posteriori iniziano a sbriciolarsi. Recupera pian pianino, da buona formichina, quasi mai inquadrato, e alla fine taglia il traguardo poco dietro Vettel, che i suoi momenti di gloria ce li ha avuti. Bravo a rincorrere, bravo a non farsi condizionare dalla cangurata al via, solido come spesso si dimostra quando la macchina arranca. Sostanzioso.

Fernando Alonso: 10 – Sa di avere la macchina migliore in mano, ma sa anche che il suo nemico principale non saranno le evanescenti Mercedes bensì Red Bull e Lotus. Logico, quindi, che al via provi in tutte le maniere a sopravanzare Räikkönen. Il fatto che poi gli riesca con un manovrone all’esterno alla curva tre -includendo nel pacchetto anche lo spaesato Hamilton- appena cinquecento metri dopo il via è un dettaglio che restituisce romanticismo al freddo calcolo strategico. Da lì è quasi tutta in discesa: passa Vettel ai box, Rosberg poco dopo, e via pedalare fino ad un successo dall’esterno facile ma mica poi tanto. Lui definisce gli ultimi venti giri tra i più lunghi della sua carriera, e c’è da credergli considerato che in casa non aveva mai vinto con la Ferrari. Va anche premiata la lucidità della squadra di non buttare nel calderone pezzi nuovi ad ogni costo, come invece fatto dalla Red Bull, col rischio di mescolare troppo le carte in tavola. E l’uovo oggi ha portato la gallina domani. Ed è anche fortunato quando fora la gomma proprio nei pressi della corsia box, senza che la medesima si distrugga come accaduto ad esempio a Vergne. Un mix di concretezza, abilità e coraggio a tutti gli effetti letale. Spietato.

Felipe Massa: 9 – E aggiungiamo che se fosse partito dove si era effettivamente qualificato poteva forse ambire anche al secondo posto. Ma va benissimo anche così. Gara gagliarda, che lo costringe ad essere aggressivo sin da subito per non perdere tempo dietro a vetture più lente della sua Ferrari. La grinta messa in mostra nelle manovre contro Pérez, Hamilton e Rosberg fotografa un pilota in un ottimo momento di forma, integro nella motivazione e lucido nell’applicazione pratica. Certo, di tempo ne perde comunque, e si trova a dover chieder molto alle gomme. In un certo senso subisce la strategia, più che sceglierla, e forse è anche questo che gli fa perdere la battaglia -giocata per lo più a distanza- con la nera Lotus del biondo ex compagno di squadra. Elucubrazioni e voli pindarici a parte, va comunque riconosciuto che la gara di Felipe è esattamente ciò che il team si aspetta da lui. Velocità, concretezza, e capacità di rubar punti agli inseguitori diretti di Re Nando. Tutto questo per dire che l’aver chiuso davanti a Vettel lo renderà estremamente più simpatico ai vari Domenicali di turno. O no? Ladro.

Jenson Button: 7,5 – Quando le cose non vanno, quando cioè comunque la rigiri non c’è trippa per gatti, bisogna accontentarsi di soddisfazioni piccole. Riparametrare la propria felicità, insomma. Fare le formichine sperando di raccogliere quante più briciole possibile cadute dal tavolo dei grassi e prepotenti padroni di casa. Il Maestro lo sa, non per niente lo chiamiamo così. Si incasina, è vero, con una brutta qualifica e una partenza ancora peggiore, tanto che a fine primo giro transita 17mo. Ma siccome -salvo qualche rarissima eccezione- non è da lui spegnere il cervello, anche dalla diciassettesima posizione si comporta da Maestro, per una volta in versione Zen. Calma, freddezza, raziocinio. Non lo si vede inquadrato praticamente mai, però lui rosicchia, risale, rosicchia, risale, rosicchia, come un topolino dai denti aguzzi. E si prende la Sua -con la S maiuscola- soddisfazione quando passa in tromba un certo Lewis Hamilton, un connazionale con la vettura di un colore simile che una volta viveva vicino casa sua. Potrebbe già bastare questo, e invece no: ci scappa pure qualche punticino, in virtù dell’ottavo posto davant al compagno di squadra Pérez. Si vive anche di soddisfazioni, mica solo di vittorie. Ommmmmm.

Sergio Pérez: 7,5 – Gli diamo lo stesso voto del Maestro perché avrebbe potuto attaccarlo e superarlo, a fine gara, ma sceglie la via del buonsenso -leggi team radio e gli si accoda come un anatroccolo dietro a Mamma Papera. Mica bruscolini, dopo le scintille marchiate Desert Storm viste in Bahrain. Tanto quello che doveva dimostrare l’aveva comunque fatto. Ottima qualifica, ottima prima parte di gara, nella quale tiene il passo di vetture sulla carta -ma non solo- più veloci. Cede a Massa dopo pochi giri e poi inizia a perdere terreno lentamente ma inesorabilmente. Poco da fare, in questa situazione, se non giocare di rimessa e sperare in un qualcosa che puntualmente non si verifica. Tanto che, come già detto, alla fine si ritroverà anche dietro a JB. Non si giocherà il mondiale, per cui ottavo o nono poco cambia. La sua gara è comunque -a nostro giudizio- positiva e merita, come già detto, lo stesso voto del Maestro. Chissà che a Montecarlo la Ruota non giri anche per lui. Disciplinato.

Kimi Räikkönen: 9 – Dici secondo posto e pensi “Gran Gara, gran piazzamento, tanti punti”. Ma c’è poi chi sostiene che il secondo sia in realtà il primo dei non vincenti, o addirittura dei perdenti. E che dunque sia il piazzamento peggiore. A questa scuola appartiene l’algido finlandese di casa Lotus, che a fine gara dice che c’è poco da festeggiare per un altro secondo posto. Un po’ -un po’ tanto, anzi- ci è, chiaro, ma un po’ ci fa. Perché sa benissimo che combattere contro le Ferrari a Barcellona era impresa improba, e già tenerne dietro una è di per sé più che rimarchevole. Anche se questa partiva parecchio dietro. Gli brucia il sorpassone subìto da Alonso alla terza curva, tanto che lo vediamo particolarmente feroce nei corpo a corpo, soprattutto quello con Vettel. Proprio quello, tra l’altro, è il nodo chiave della sua corsa. Se uscendo dai box se lo fosse trovato dietro anziché davanti, e avesse avuto pista libera, forse avrebbe potuto guadagnare tempo e soprattutto gestir meglio le gomme, invece di stressarle nei tentativi di sorpasso. E magari per Alonso sarebbe stato un’insidia più reale. Invece perde tempo nel sorpassare il crucco e getta via ogni possibilità di vittoria. Ma tant’è. Facendo al solito una sosta in meno degli altri e con la solita guida certosina e veloce chiude secondo -aridaje!- e resta -indovinate un po’- secondo anche nel mondiale. Secondino.

Romain Grosjean: sv – Al via zigzaga in maniera inquietante ma per fortuna non fa danni. Quelli gli piovono addosso quando collassa un particolare della sospensione posteriore destra che lo costringe al ritiro. Citofonare Montecarlo, please. Sospeso.

Nico Rosberg: 7 – Siamo veramente alla barzelletta. Ricorda un po’ la storia di quei tizi che il sabato sera fanno bisboccia girando per locali, bevendo e facendo festa fino a tardi, salvo poi assumente le sembianze di pugili bastonati la mattina dopo. La sera Leoni, la mattina….. ecco, ci siamo capiti, insomma. In casa Mercedes il trend va avanti da un bel po’, ma ogni anno che passa la situazione peggiora e in questo 2013 si stanno praticamente rendendo ridicoli. Nico fa la pole, bastonando Lewis, e si prende il lusso di tener tutti dietro per un intero stint. Roba Astrolunare, direbbe un mio vecchio e mai ringraziato abbastanza Maestro di giornalismo. Poi però tutto rientra. All’uscita dai box lo passano -nell’ordine, nello spazio di nemmeno due giri- Alonso. Vettel. Massa e Räikkönen. Pure Ricciardo -ma lì c’entra la strategia- lo infila in tromba come se fosse fermo. Ed è già tanto, alla fine della fiera, se riesce a strappare un sesto posto che lo ripaga delle bastonate rimediate in pista. Non ci siamo, per niente. Il fatto che lui si salvi rispetto a Hamilton gli vale la sufficienza. Il fatto che sia in Mercedes dall’inizio e dunque sia testimone della cronicità del problema ci fa un po’ pensare. Gambero.

Lewis Hamilton: 5 – Non ci ha capito niente. Ma proprio niente, nemmeno per sbaglio. Lo passano in mille, a partire da Alonso -alla curva tre all’esterno, manovrone- per finire con Maldonado, che poi ripasserà, tra l’altro. Il team radio in cui, sconsolato, dice «mi ha passato una Williams, mi ha passato anche una Williams» è eloquente della sua frustrazione e per certi versi rassegnazione. Lottare per la quattordicesima posizione -come accaduto appunto con il venezuelano- non era esattamente quello che si aspettava dalla sua avventura in Mercedes. E la cosa curiosa è che originariamente la squadra aveva pensato di far solo tre soste, come la Lotus. Sfoggi di ottimismo che non si vedevano dai tempi della rivolta giacobita in Scozia a fine ‘700, con il prode -ma mica tanto- Bonnie Prince Charlie a mandare gli Highlander -nel senso di abitanti delle Highlands, tutt’altro che immortali- a combattere con spade e bastoni contro i cannoni degli inglesi, che son tutto fuorché scemi. Indovinate com’è finita. Chiuderà dodicesimo, doppiato, staccatissimo anche da Rosberg. Senza capire nemmeno il perché, delle cose. Roba da filosofi. Angustiato.

Nico Hülkenberg: 4 – La cappella con cui butta via la gara è da antologia. Si ferma ai box, gli dicono di ripartire mentre sopraggiunge Vergne -okay, l’uomo del leccalecca non è immune da colpe, ma lui comunque LO VEDE- rallenta e poi dà gas rifilandogli una botta al posteriore e distruggendo la propria ala. La conseguenza naturale dell’errore, canta Marina Rei, è che deve uscire dai box, farsi un giro con l’ala a metà, rientrare, cambiarla, e quindi scontare uno stop&go di 10″ più che meritato. Qualcos’altro da aggiungere? Francamente non ci viene in mente nulla di carino, se non che alla fine chiuderà quindicesimo. E dire che sarebbe lui, in squadra, il pilota d’esperienza. Se Gutierrez -uno che a far danni è bravissimo da sé, per citare anche Ligabue da Correggio- dovesse imparare da lui, stiamo freschi. Il più classico dei raptus. Folle.

Esteban Gutierrez: 7,5 – Finalmente una bella gara, tanto bella che ci facciamo prendere la mano ed esageriamo palesemente con il voto. Massì, se lo merita, in fondo. Perché ne abbiamo detto peste e corna, finora. Perché la squadra stessa ammette di averlo tenuto troppo sotto pressione. E perché, una volta arrivato su una pista che conosce a menadito, fa vedere che oltre ai danni sa anche tirar fuori qualcosa di buono. Si qualifica bene, ma sconta una penalizzazione per impeding durante le qualifiche. In gara è veloce, tanto che -scherzi strategici, certo, ma comunque a fini statistici resterà- a un certo punto si trova pure in testa. E’ gentile con le gomme, soprattutto a inizio gara, e per la prima volta dà veramente l’impressione anche all’esterno di sentirsi davvero a suo agio con la vettura. E si toglie lo sfizio -statistica, di nuovo, ma iniezione di fiducia mica da ridere- di far segnare il giro più veloce della gara. Sfiora i punti, arriva attaccato a Ricciardo, e forse senza un errorino poteva anche passarlo, ma per oggi ci va più che bene così. A Montecarlo il primo, terribile, banco di prova. In bocca al lupo.

Paul di Resta: 8 – Chi vi scrive è in ritardo nella consegna delle pagelle in quanto reduce da un viaggetto di dieci giorni in Scozia. Dove tra le mille cose straordinarie che ha potuto vedere ha anche constatato un aspetto della cultura scozzese che spesso viene banalmente liquidato come avarizia, ma che in realtà è molto di più: è la capacità di trarre il massimo da qualsiasi cosa, di valorizzare tutto quello che si ha a disposizione. Attitudine che si riconosce senza fatica nella condotta di gara di questo scozzesone senza kilt ma con le idee chiarissime e, nelle giornate buone, solido come una scogliera a picco sull’oceano. Da qualche gara a questa parte Paul non sbaglia niente e riesce -spesso in maniera poco appariscente ma terribilmente efficace- a massimizzare il potenziale della vettura portando a casa punti pesanti corsa dopo corsa. E in Spagna accade questo: lo si nota solo quando lo passano Ricciardo e Webber e mentre, nelle ultimissime fasi di gara, va all’attacco di Rosberg senza riuscire a passarlo. Ma va benissimo così, il settimo posto porta a casa punti e regala sorrisi un po’ a tutti, nel team. Abile.

Adrian Sutil: 8 – Non si merita meno di di Resta per il semplice fatto che nemmeno lui sbaglia niente. Anzi, la sua partenza -complice anche la voglia di rimediare a una qualifica sottotono- è spettacolare, tanto che guadagna sei posizioni o giù di lì. Poi però, alla prima sosta, il patatrac. Si ferma, gli cambiano le gomme, qualcosa non funziona, perde una vita e mezzo, le prese d’aria dei freni fumano come se sopra i dischi stessero facendo un barbecue, e quando alla fine lo fanno finalmente ripartire i sogni di gloria se ne sono già andati da un pezzo. Lui si comporta da professionista serio, recupera, di riffa e di raffa passa diverse vetture, ma alla fine dovrà accontentarsi di un misero -per il campionato- tredicesimo posto, negli scarichi della Williams di Maldonado. Efficace, determinato, incolpevole, iellato. Appunto: da buon Paperino si merita lo stesso trattamento riservato a Gastone di Resta. E ora si va a Monaco, dove qualche anno fa con una Force India allora cenerentola del circus sfiorò il podio, prima di venir tamponato da tale Kimi Räikkönen. Chissà. Sfortunato.

Pastor Maldonado: 5,5 – E dire che questo qui l’anno scorso a Montmelò aveva vinto. Con lo stesso team, peraltro. Stavolta, invece, non c’è proprio verso. La macchina non c’è. E quando le cose stanno così è oggettivamente dura inventarsi qualcosa. Qualcosa di positivo, intendiamo, visto che al peggio non c’è mai fine. Il suo peggio, nello specifico, è rimediare un drive thru per eccesso di velocità ai box. Una distrazione freudiana, verrebbe da dire, una voglia di velocità estrinsecata nell’unico punto in cui veramente poteva dimostrare di essere il più veloce. Sbagliando, peraltro. Della sua gara ricordiamo questo e il duello con Hamilton a metà gara, sorpasso e controsorpasso che nemmeno Totò e De Filippo avrebbero potuto far meglio. Condito dal triste team radio di Lewis di cui abbiamo già parlato, che denota peraltro anche una scarsa sensibilità verso le sfighe altrui. Non si fa così. Chiude quattordicesimo, per assurdo comunque davanti al compagno di squadra. Ma non è questa la via per andare in paradiso, proprio no. Psicanalizzato.

Valtteri Bottas: 5,5 – Se Atene piange, Sparta non è che se la spassi su una spiaggia tropicale tra bionde e mojitos. Il finlandese -un tipo simpatico, tra l’altro, chi vi scrive ci ha scambiato due parole l’anno scorso al Mugello e lo ha trovato gioviale e anche un po’ pazzo- ammette chiaramente a fine gara di non averci capito praticamente niente. Parte male, tanto che per parecchi giri resta dietro anche alla Caterham di Van der Garde, incapace di attaccarla. Questa un po’ la fotografia della sua gara, senza acuti, forse senza infamie ma di sicuro senza lodi di nessun tipo. Tanto che alla fine chiuderà persino dietro a Maldonado, che ha pure scontato un drive thru e che quindi ha avuto i suoi bravi problemi. Poi, via, quattordicesimo o sedicesimo non è che faccia tutta questa differenza, siamo noi i primi a dirlo. Ma, insomma, una giornata storta per quanto giustificabile e comprensibile resta tale. E allora pazienza. In attesa di tempi migliori. Confuso.

Jean-Eric Vergne: sv – Corre un po’ troppo per non beccarsi il voto, e ce ne rendiamo conto. Ma come fai a giudicare uno che rientrando ai box viene colpito da una macchina che sta uscendo, più tardi buca una gomma, rientra, ci mettono una vita a cambiargliela e, una volta rientrato in pista, decidono che è il caso di ritirarsi perché la foratura ha danneggiato parte della carrozzeria? Noi non ce la sentiamo, davvero. Finché resta in gara soffre Ricciardo, è vero, ma ci pare davvero il male minore di una domenica terrificante, di quelle in cui pensi che forse era davvero meglio non essersi nemmeno alzati dal letto. E dire che per una volta aveva pure fatto una bella qualifica, bella quantomeno per i suoi standard. Come diceva qualcuno, provaci ancora JEV. Anche perché il pegno alla cattiva sorte sembra esser stato pagato profumatamente. O no? A Montecarlo, terra di giocatori incalliti, ne sapremo di più. Tartassato.

Daniel Ricciardo: 8 – Ci sta prendendo gusto, il nasone di Perth. Dopo il garone in Cina, infatti, anche in Spagna -su una pista sulla carta ben poco favorevole alla Red Bull di Faenza- tira fuori una gara gagliarda e tenace che gli vale un punticino. Mica tanto, in termini assoluti, ma emblematico di come l’impegno paghi e soprattutto rinfrancante per tutta la crew. Parte tutt’altro che bene, ma dal primo pit stop in poi inizia ad andare come un treno, passa Hamilton, di Resta e Rosberg e alla fine, con le gomme oramai sulle tele, lotta con Gutierrez sul quale ha la meglio per la bellezza -si fa per dire- di tre decimi, un arrivo in volata di marca più motociclistica che automobilistica. Bello anche così, bello soprattutto così. Allunga in classifica sul compagno di squadra e, visto il probabile addio di Webber alla casa madre a fine stagione, hai visto mai che… Supposizioni, certo. Ma dietro ogni rumor c’è un fondo di verità, dicono. Furbastro.

Charles Pic: 7 – Se avesse passato Bottas in pista, come gli stava riuscendo e come probabilmente avrebbe potuto fare senza le bandiere blu, sarebbe venuto giù il garage della Caterham. Gli sviluppi portati a Barcellona funzionano a meraviglia, e il francese sta pian pianino recuperando l’immagine positiva che si era fatto l’anno scorso in Marussia e che le prime, deludenti gare in gialloverde stavano sbiadendo. Gara gagliarda; all’inizio subisce Van Der Garde, poi trova il suo ritmo e veleggia spedito a capo della pattuglia dei nuovi team. A fine gara, come già detto, riagguanta la Williams e gli si accoda. Tra l’altro rischia tantissimo in occasione del doppiaggio di di Resta, quando cerca di perdere meno tempo possibile ma quasi colpisce lo scozzese e per evitare il contatto tira un’inchiodata che presumibilmente rovina le gomme togliendogli qualsiasi possibilità di portare a termine l’attacco. Ma va anche bene così, fidatevi. Grintoso.

Giedo Van Der Garde: 8 – Sbadabàm: otto. Votone più che meritato per Giedo, nonostante il ritiro prematuro a causa di un errore del suo box che gli fa perdere una ruota. Si qualifica benissimo, tiene dietro Bottas e lotta addirittura con Button. Si trova terribilmente a suo agio sui curvoni spagnoli e si vede. Poi il ritiro. Peccato davvero. Ma il segnale che lancia è di quelli pesanti: anch’io posso dire la mia. Lo speriamo, per lui. Azzoppato.

Jules Bianchi: 7 – Si incasina da solo andando addosso a un’altra vettura e rovinando l’ala già al primo giro, costringendosi a una sosta supplementare. Dal fondo è poi bravo a rimontare, non tanto in termini di posizioni quanto di ritmo e tempi, rifacendosi sotto al compagno di squadra e passandolo. Dice che in fondo il più veloce, come prestazione, dei piloti delle cenerentole era lui, e forse è anche vero. E dice anche -e qui siamo un po’ più scettici- che senza la sosta in più avrebbe tenuto dietro Bottas. Certo è -e qui torniamo ai fatti, finalmente- che se però parti ad handicap non è che puoi sperare in miracoli di qualche tipo. Certi errori sarebbe prima di tutto meglio non farli. Poi, intendiamoci, stiamo pur sempre parlando di un deb su una Marussia, che più che ironia merita rispetto e fiducia. Ed è per questo che la sufficienza ci sta, e pure larga per giunta. Non siamo mica qui a bocciare rookie, senza un motivo serio. Maldestro.

Max Chilton: 7 – Larghi siamo e larghi resteremo. Perché nonostante un intoppo a un pit stop e nonostante l’odissea di bandiere blu che l’ultimo in classifica si trova proverbialmente a doversi sorbire, il buon Max ha regalato qua e là sprazzi di velocità che ci pare corretto definire interessanti. Il suo giro più veloce, per dire, è di otto decimi più rapido di quello di Bianchi. Mica male, insomma. Poi, chiaro, da qui a dire che abbiamo trovato il nuovo Mansell ce ne corre. Ma i segnali di crescita sono confortanti. E inducono all’ottimismo ben più quello visto nelle gare precedenti, dove… insomma, via, così così o poco più. E ora si va a Monaco, pista che l’inglese cita come la sua preferita. Staremo a vedere se l’aria salmastra condita da yacht di lusso e belle donne gli farà fare il salto di qualità che in squadra attendono. Intanto strappa un sette pur arrivando ultimo. E scusate se è poco. Generosi [noi… dalla Scozia non abbiamo imparato proprio nulla!]

Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it

Leggi anche

Il calendario completo del mondiale 2024

Tutte le ultime News di P300.it

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

LE ULTIME DI CATEGORIA
2 Commenti su “Pagelle del Gran Premio di Spagna 2013”
AlessioA dice:

Ad essere sinceri, però, Rosberg ha fatto davvero solo tre soste!

AleMans dice:

Secondo me lavori nella FOM 😛
E’ straordinario come riesca a dare i voti a tutti i piloti tenendo conto di tutti gli episodi.

Lascia un commento

Devi essere collegato per pubblicare un commento.

COLLABORIAMO CON

P300.it SOSTIENE

MENU UTENTE

REGISTRATI

CONDIVIDI L'ARTICOLO