Pagelle del Gran Premio del Canada 2013

F1GP CanadaGran PremiLe Pagelle
Tempo di lettura: 20 minuti
di shalafi81
12 Giugno 2013 - 00:05
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Tra i muretti di Montreal domina Sebastian Vettel, che sfata il tabù del Gran Premio del Canada andando a conquistare imperiosamente la vittoria con un prestazione sensazionale. Dietro di lui la Ferrari di Alonso, mai domo, che a pochi giri dalla fine ha la meglio sulla Mercedes di Lewis Hamilton. Seguono Webber, Rosberg e il sorprendente Vergne. Ottavo Massa, catastrofe McLaren. Buona lettura!

Sebastian Vettel: 10 – Oggettivamente: se non gli dai dieci dopo una gara così, il massimo dei voti puoi anche smettere di tirarlo fuori. Non ci sono distinguo o attenuanti di sorta: una superiorità così, francamente, era da tempo che chi vi scrive non la vedeva. Mi viene in mente la gara di JB -sempre qui a Montreal, tra l’altro- di due anni fa, quando l’inglese rimontò da ultimo a primo in metà gara girando 3-4 secondi più veloce di tutti gli altri. Con Seb siamo quasi a questi livelli. Non c’entra il missile che aveva sotto il sedere: con lo stesso missile il compagno di squadra non è arrivato nemmeno a podio, beccando 25 secondi – e avrebbe potuto prenderne anche di più. E non c’entrano nemmeno la toccatina contro il muro o il lungo a tre quarti di gara. Ha giocato al gatto con il topo. Girando su tempi inavvicinabili per tutti. Gli mancava, la vittoria in Canada. L’ha trovata. E ora tutti gli altri hanno paura, sul serio. Horrorifico.

Mark Webber: 6,5 – Un po’ largo, il voto per lo spilungone di Queanbeyan. Un po’ alto se consideriamo che con la stessa macchina il vicino di garage ha stradominato la gara. Due sole considerazioni ci impediscono di bocciarlo. La prima è che per una volta -incredibile- azzecca una gran partenza, scattando bene e trovando il pertugio giusto alla prima curva. La seconda è che probabilmente, senza l’assurdo contatto con Van der Garde, sul podio poteva arrivarci eccome. Lui dice che l’ala anteriore ha riportato danni nel profilo superiore. Di certo da quel punto in poi non gli è mancata tanto la velocità, quanto la costanza. Il giro più veloce l’ha staccato, ma ha fatto una fatica bestia a tenere lo stesso ritmo per più giri consecutivamente. Indice, questo -secondo noi, ma non solo- di una vettura instabile. Del resto il Canada è pista da stop&go, come si dice, e l’inserimento dell’asse anteriore nelle anguste chicane è fondamentale. Con meno carico… fate voi. Sei e mezzo ci pare un giusto compromesso per una gara non tanto incolore -belli i duelli con Rosberg e Alonso- quanto deludente nel risultato. Ma la grinta comunque c’è. Lottatore.

Fernando Alonso: 9 – Oramai è quasi un trademark, un marchio di fabbrica. Potremmo chiamarla una gara alla Alonso, anzi, un weekend alla Alonso. Solito venerdì in cui si parla del gran ritmo gara della Ferrari, in cui si dice che i tempi non contano ma conta la consistenza e il comportamento delle gomme. Solito sabato in cui la qualifica non funziona, tutti lì a dire che sì, un po’ ce lo aspettavamo, ma che in gara sarà diverso anche se partire dietro è dura. Solita domenica tutta d’attacco, con partenza aggressiva e sorpassi monstre – nello specifico Bottas, Webber e Hamilton. E solito dopogara in cui siam tutti qui -Stephen Sundays in primis- a osannare la grinta di Fernando, la sua cattiveria, e a compiacerci per un gran risultato nonostante la vettura e nonostante la qualifica. Tutto vero, per carità. Ma intanto, vogliamo dire che Vettel continua a guadagnar punti [a onor del vero stavolta Stephan Dimanches l’ha ammesso, vivaddio]? Vogliamo dire che sì, la vettura avrà anche i suoi problemi in qualifica, ma che sabato sull’umido dietro Vettel e Hamilton c’era Bottas con la WIlliams, mica Caracciola con la Mercedes-Benz? E’ lesa maestà -come ho letto da qualche parte- ammettere che Nando in gara sarà anche irresistibile ma in prova forse no, e che da mesi non azzecca una qualifica una? Ecco, scusate lo sfogo. Detto questo, onore al merito. As usual. Coriaceo.

Felipe Massa: 7 – Il gesto più bello del suo weekend? Vi stupiremo: i pugni sul volante dopo la pacca tirata in qualifica. Il terzo incidente consecutivo dopo i due botti paurosi a Montecarlo poteva avere conseguenze devastanti sul paulista. In termini di fiducia in se stesso, confidenza col limite e, tutto sommato, paura. E invece vederlo battere con violenza i pugni sul volante, con rabbia, ci ha fatto pensare -subito dopo le ovvie considerazioni sulla fallosità del pilota- che il terzo crash avrebbe anche potuto avere effetti positivi, a livello psicologico. Quel che non uccide fortifica. E lui -a giudicare dalla gara- fortificato ne è uscito. Corsa gagliarda, condita da bei sorpassi -a memoria: Maldonado, Pérez, Hülkenberg, Button, Grosjean, Räikkönen- che gli fa portare a casa qualche buon punticino e soprattutto gli fa acquistare la consapevolezza che tutto sommato il momentaccio potrebbe essere passato. Il voto è un po’ la media -larga- tra prove e gara. Bentornato.

Jenson Button: 6,5 – L’insostenibile leggerezza dell’arrivare dodicesimo. In una pista in cui, due anni fa, hai rimontato da ultimo a primo in meno di metà gara. Più che mai comprensibile lo sfogo a fine corsa – «non sono mai stato così contento di scendere da una vettura», ha detto. Non ci siamo, proprio. Complicatissimo inventarsi qualcosa, in queste circostanze. Anche per il Maestro. La macchina è lenta, imprecisa in ingresso di curva e paurosamente carente in trazione. L’unico aspetto positivo è la velocità di punta, ma quando a fine gara -senza errori- becchi un giro e mezzo dal vincitore, sai ben dove puoi infilartelo, il primato allo speed trap. Francamente impossibile imputargli qualcosa, se non una qualifica un po’ sottotono. Quantomeno non fa danni, ed è già qualcosa. Ma l’annata pare proprio di quelle buttate via. Sconsolato.

Sergio Pérez: 7 – Almeno batte JB in qualifica. E almeno gli finisce davanti anche in gara. E senza giocare agli autoscontri, per una volta. Ma, per il resto, c’è veramente poco di cui gioire. La sua corsa è di fatto una lenta processione verso la bandiera a scacchi, mesta come certi due novembre: piovosi, uggiosi e con quella nebbiolina che avvolge l’aria e annulla colore e contrasti. A differenza di Button sceglie una strategia sulle due soste, ma al di là del mero piazzamento -undicesimo Checo, dodicesimo JB- l’impressione è che anche facendone 3, 4 o 16, di soste, non sarebbe cambiato chissà cosa. Gli manca un secondo e mezzo per arrivare decimo. Ma forse è quasi meglio così. Se disfatta deve essere che disfatta sia, e via pedalando. Il team radio in cui gli spiegano che è dietro di lui c’è Jenson, e che sono in lotta, è il perfetto titolo di coda di un weekend -e forse di un 2013- da ricordare forse sì, ma con estrema parsimonia. Ingrigito.

Kimi Räikkönen: 7 – Uno strazio, ma si vede che è il mondo ad andare a rovescio. La squadra che -di norma- tratta meglio le gomme fatica su una pista tendenzialmente poco aggressiva sulle coperture. Ma soprattutto -e questo è l’aspetto più inquietante- a Montreal si assiste ad una involuzione velocistica tanto incredibile quanto micidiale. E in queste condizioni Kimi -in difficoltà con i freni per tutto il weekend- prova a difendersi ma con scarsi risultati. Per carità, lungi dal dire che sia colpa sua. Per tutta la gara si trova a doversi disinteressare di chi ha davanti per concentrarsi -spesso senza successo- sugli specchietti. L’unico sprazzo il sorpasso ai danni di Ricciardo, duro e preciso. Impennata d’orgoglio subito pagata con un pit stop lento -come se non bastasse- che gli fa perdere altro tempo prezioso. E a fine gara è palesemente nell’impossibilità di difendersi dal ritorno di Massa, che lo infila come se fosse fermo. L’unica buona notizia è che prolunga ancora la sua striscia di arrivi a punti. Ma per il resto weekend da buttare. Per colpe -tendenzialmente- non sue. Sconfitto.

Romain Grosjean: 6,5 – A differenza del compagno di squadra, in gara fa bella figura e mostra i muscoli. Ma solo perché -causa penalizzazione arretrata e qualifica disastrosa- partiva ultimo e, da quella posizione, puoi solo migliorare. Pare incredibile: ogni volta che sembra sul punto di trovare la consacrazione infila qualche cappella da film horror, ma ogni volta che sembra al capolinea riesce a tirar fuori il colpo di reni che lo rimette -più o meno completamente- in carreggiata. Questa un po’ la sintesi della sua gara. Poi, intendiamoci, chiude tredicesimo, mica terzo. Ma -considerato anche il vergognoso stato di forma della sua Lotus tra i muretti québecois– si tratta di un risultato non da buttar via. E poi -è necessario ricordarlo- non va oltre le righe e non fa danni di sorta. E già questa è una notizia. A volte i voti vanno calibrati anche sul personaggio in questione. Da Einstein ti aspetti la teoria della relatività, da Pupo no. Per cui la sufficienza ci sta. Per il piccolo segnale di inversione di tendenza. Timido.

Nico Rosberg: 6 – Brusco ritorno sulla terra per l’eroe di Montecarlo. Il Vichingo della Mercedes, dopo averle suonate a tutti tra i muretti del Principato, inciampa in quelli altrettanto insidiosi di Montreal e fa fatica per tutto il weekend. A fine gara se la prende -facendo comunque buon viso a cattivo gioco- con la strategia, ma di fatto sa benissimo anche lui di non essere mai stato a livello dei quattro là davanti. Perde subito contatto con la testa della corsa e alla fine raccoglierà un quinto posto che non sarebbe da buttare se non fosse che il buon Lewis si gioca il secondo posto fino alla fine. Emblematico il momento in cui, nello spazio di poche curve, viene sverniciato dalla coppia di rincorsa Webber-Alonso. La F1 è un po’ come il pugilato, oggi le dai domani le prendi. In Canada le ha prese, poche storie. Ma quello sull’Île de Notre-Dame è un circuito particolare, il preferito -tra l’altro- proprio di Hamilton. Per cui è lecito parlare di battaglia persa, ma di Guerra ancora tutta da combattere. E lui lo sa bene. Temporeggiatore.

Lewis Hamilton: 9 – La faccia incazzatissima a fine qualifiche, quando manca la pole per un pugno di millesimi, la dice lunga su quanto ci tenesse a vendicare l’onta monegasca. Missione compiuta in pieno. Fa gara praticamente solitaria in seconda posizione fino a quando non arriva da dietro, come una furia, la rossa Ferrari di Alonso che lo infila senza pietà strappandogli la piazza d’onore ma lasciandogli comunque un terzo posto prestigioso. Davanti a una Red Bull, per dire. Lotta come una furia anche nelle ultimissime tornate, cercando di mettere pressione sullo spagnolo in cerca di un errore che non arriva. Ma qui c’entra anche la psicologia dell’uomo Lewis, più che quella del pilota Hamilton. Uno che non molla mai a prescindere. E che vuole dimostrare che quello di Monaco è stato solo uno scivolone. operazione riuscita, sulla SUA pista. Qui si trova perfettamente a suo agio, vederlo buttar dentro la vettura nelle chicane veloci è sempre uno spettacolo. La Mercedes, test o non test, non vale ancora il titolo. Ma il problema non sono i piloti, proprio no. Cattivo.

Nico Hülkenberg: 6 – lo si vede solo in due occasioni. Al primo giro, quando taglia l’ultima chicane per non franare addosso ad una vettura che aveva rallentato, e in occasione del ritiro, quando Van der Garde gli va addosso ponendo fine ad un calvario durato fin troppo. «Stavo lottando per la quattordicesima posizione», dice sconsolato dopo l’abbandono. Come dire: ragazzi, non ci siamo per niente. Dura inventarsi qualsiasi cosa, in queste condizioni. A dire il vero non dà nemmeno l’impressione di provarci troppo, anche perché a far danni ci pensa il suo compagno di squadra e dunque qualcuno che porti a spasso la carretta in sicurezza ci vuole. Ma è davvero difficilissimo giudicare le sue prestazioni, in questa fase della stagione. Semplicemente perché non sembra nemmeno lui, il pilota aggressivo e coriaceo che avevamo ammirato l’anno scorso con la Force India. Pare più che altro rassegnato, chissà. Perché con la Williams, che pure era una macchinaccia, qualche bella pacca l’aveva tirata, nel tentativo di fare di più. Ora, invece, no. Pigro.

Esteban Gutierrez: 5 – Con tutto il bene che gli si può volere, con tutta la generosità di questo mondo, con tutte le attenuanti che gli si possono concedere, andare a sbattere uscendo dal pit stop incolpando un avvallamento del terreno, più che terribile è surreale. E non è che stesse facendo ‘sta gran gara, peraltro. Ci sta far fatica, su una pista in cui non hai mai corso con una Formula 1 e con una vettura instabile sia in frenata che in accelerazione. E ci sta anche andare più piano del tuo compagno di squadra, che qualche km d’esperienza più di te ce l’ha e -quando si mette- sarebbe pure un gran bel manico. Così come per Grosjean, non gli si chiede la luna. Ma, crist’iddio, combinarne ogni volta una diversa e fantasiosa no, dai, basta. Ragion per cui lo bocciamo. Ogni tanto mettere assieme una gara -chiedere un weekend sarebbe forse troppo- senza far danni non sarebbe male. Maldestro.

Paul di Resta: 8,5 – C’era una volta un team con la macchina di un bel verde acceso. Nacque dalle ceneri della Stewart, e si chiamava Jaguar. Ci correva un certo Eddie Irvine, un nordirlandese simpatico, belloccio, un po’ pazzo, amante delle donne, del divertimento e della bella vita. All’epoca -parliamo dei primi anni duemila- c’erano ancora i rifornimenti. E la Jaguar dei primi anni aveva una e una sola strategia. Fare il pieno a inizio gara -con un serbatoio da portaerei- e ritardare quanto più possibile la prima e unica sosta. Intanto tiriam lunghi -dicevano- poi si vedrà. In Force India -complice anche la qualifica disastrosa del buon Paul- si saranno detti che, non avendo niente da perdere, avrebbero potuto ripescare questo vecchio trucco dal cilindro. Per sparigliare le carte. Operazione clamorosamente riuscita. Paul fa 56 giri [!!!] con le stesse gomme, e al momento del pit stop gira ancora su tempi eccellenti. Alla fine porta a casa un settimo posto -partiva diciassettesimo, bene ricordarlo, per colpa della bandiera rossa che gli fa abortire il suo giro veloce- tanto insperato quanto benaugurante. La macchina va che è un piacere. Guidando sulle uova e senza far danni di Resta arriva lontano, lontanissimo. E’ lui uno dei nostri eroi di giornata. Giaguaro.

Adrian Sutil: 5,5 – Venghino, siori, verghino, alla fiera delle occasioni buttate nel cesso. Il buon Adrian ha per le mani una bombetta, in termini di prestazioni e gestione gomme. E parte pure nella metà buona dello schieramento, la prima. Eppure -un po’ per sfiga ma parecchio per colpe sue- si ritrova a buttar via una grande occasione. Dapprima si gira nel tentativo di infilare Bottas, imperdonabile se si considera la differenza di prestazioni tra la Force India e la Williams del finlandese. Come dire: con più calma saremmo stati tutti più contenti. Poi Maldonado al tornantino si dimentica di frenare e gli va addosso. Di questo non ha colpe, anzi ci rimette parte del diffusore. Quindi, a tre quarti di gara, tra doppiaggi da fare e subire si dimentica di dare strada a Webber e si becca un drive thru per aver ignorato le bandiere blu. Nonostante tutto conclude decimo, raggranellando comunque un punticino. Ma questo non fa che acuire il senso dell’occasione persa, dal tedesco. E non può che farci propendere per la bocciatura, seppur a malincuore. Certe occasioni non vanno buttate. Sprecone.

Pastor Maldonado: 5 – Facciamo finta che sia ancora rintronato dal gran botto tirato a Monaco. O, meglio, speriamolo. Si spiegherebbe così, infatti, la qualifica incolore -a differenza del compagno di squadra- e l’errore al tornantino, quando tampona Sutil rovinando la gara del tedesco e anche la propria. Rimedia un drive thru per la collisione e da lì capisce che è il caso di limitarsi a portare a casa la vettura senza ulteriori patemi d’animo. Gli riesce, pur chiudendo sedicesimo a due giri di distacco dal vincitore. Unico bello sprazzo la lotta iniziale con Massa. Ma non è con gare come queste che passerà alla storia della Formula 1. Williams e Sauber sono le due delusioni del mondiale, okay. Ma -quantomeno in Canada- il buon Bottas il suo quarto d’ora di celebrità ha saputo ritagliarselo. Lui anche, in un certo senso. Ma per motivi ben diversi da meriti sportivi. Siamo alle solite: quando le cose non vanno si innervosisce e tende a strafare. Non è una novità. Ma non è scritto da nessuna parte che debba andarci bene. O no? Nevrotico.

Valtteri Bottas: 8 – Il voto è esagerato, forse. Ma dobbiamo, per forza, premiare l’exploit del sabato, quando strappa, sotto l’acqua, una seconda fila da urlo mettendosi dietro rivali molto più esperti e dotati -in termini di vettura- di lui. Un sogno, per un deb, forse anche qualcosa di più. Ma lui, da buon finlandese, nordico, uomo di fatti e sostanza, aveva evitato di farsi illusioni di sorta. Perché con l’asciutto, come dicono dalle parti di Nastola, nella finnica regione del Päijät-Häme, non c’è trippa per gatti. E così, ahilui, è. Al via scatta così’ così, anche per paura di finire addosso a qualcuno. Non è mai facile, per nessuno, trovarsi lassù, è un po’ come salire in montagna, più si è in alto più l’aria è rarefatta e bisogna aumentare le cautele. Nello spazio di pochi giri lo passano in mille o poco meno. L’unico a cui riesce a resistere, inducendolo all’errore, è Sutil. Ma di fatto dopo i primi 20 giri scompare dalle classifiche e dalle inquadrature, per ricomparire poi sotto la bandiera a scacchi, quattordicesimo, doppiato. Poca roba. Ma il suo Gran Premio l’aveva già vinto al sabato, quando in condizioni limite aveva fatto vedere di che pasta è fatto. Tanta stima, al di là dello zero nella casella dei punti. Davvero. Tosto.

Jean-Eric Vergne: 8 – La Toro Rosso, che ci crediate o no, ha davvero messo le aaali. E non si ferma più. Per quel che riguarda Jev, che fosse un bel manico lo si sapeva già. La novità canadese è che, oltre che in gara, il transalpino sta iniziando ad andare forte anche in prova, suo canonico tallone d’Achille. Si qualifica settimo, strapazzando il compagno di squadra, e conduce una gara tutta nelle posizioni che contano con l’autorità dei grandi e la maturità dei veterani. Alla fine guadagna una posizione, rispetto al via, e chiude addirittura sesto. Il suo miglior risultato da quando corre in Formula 1. E in una gara -questa la notizia davvero positiva, per la compagine italoaustriaca- sull’asciutto e dall’andamento regolare, senza safety car o neutralizzazioni a rimescolare le carte. Certo, a parer nostro c’è tanto di Jean-Eric, in questo risultato. Ma la strada imboccata da James Key pare quella giusta. E -tornando al fattore umano dietro al volante- onore al merito. Parfait.

Daniel Ricciardo: 5 – Per un francese che vola -con le aaali- c’è un australiano che arranca. Al via sceglie il pertugio sbagliato e, tra la prima e l’ultima curva del giro 1, perde tempo e spazio. Poi inizia a sentire sempre di meno la macchina e i suoi tempi, anziché scendere, restano costanti o addirittura, in alcune fasi, peggiorano. Dice di accusare sovrasterzo, e in effetti in un paio di inquadrature dall’elicottero si vede la sua Toro Rosso scodare come una biscia. Ma l’assetto lo fa anche il pilota, e comunque questo non giustifica una differenza di prestazioni così elevata tra due compagni di squadra. Chiuderà quindicesimo, addirittura doppiato due volte, a far da companatico nel sandwich tra le due Williams. Un po’ poco, per il simpatico nasone australiano. Che deve rimettersi in carreggiata quanto prima, recuperando le prestazioni eccellenti di inizio anno, se non vuole perdere quel treno che porta alla Red Bull numero due del suo più anziano connazionale. Sveglia!

Charles Pic: 6,5 – Gara di rincorsa, per il francesino, che parte bene ma si incasina alla prima curva e scivola in ultima posizione, pur di evitare guai peggiori. Corre da solo per buona parte della gara, stando più che altro attento a non combinare casini quando gli vengono esposte le bandiere blu, e a qualche giro dalla fine raggiunge e passa Max Chilton andando a cogliere la platonica soddisfazione di aver evitato l’ultimo posto in classifica. Pur doppiato tre volte, bene ribadirlo. Peccato, perché in qualifica aveva tenuto dietro -anche al netto della penalità- un certo Romain Grosjean. Ma in condizioni normali la Marussia sembra aver riacchiappato la Caterham in quanto a prestazioni, o forse è quest’ultima ad aver fatto un passo indietro. Charles fa quel che può, e in un mondo in cui l’eroismo è stato bandito un diciottesimo e penultimo posto può ancora bastare per una sufficienza di stima. Ordinario.

Giedo Van Der Garde: 4 – Non ci crederete, ma quest’uomo al termine del primo giro era transitato addirittura in diciassettesima posizione. Aveva cioè superato sei vetture in poco più di quattro chilometri. Encomiabile. E’ il primo a fermarsi ai box, dopo appena otto giri. E da lì va fuori di testa. Dapprima colpisce incredibilmente Mark Webber che lo stava doppiando, rovinandogli l’ala -e rischiando di metterlo fuori gioco del tutto- con una manovra stranissima. Dapprima gli lascia spazio, poi chiude repentinamente la porta come se non l’avesse visto per niente. Manovra killer che gli costa addirittura uno stop&go, roba che nella F1 degli ultimi anni si vede una volta ogni dimissione di papa [ben più rara della morte, del papa stesso]. Quindi, non pago, si tocca con Hülkenberg, anche qui in maniera imbarazzante, costringendo al ritiro entrambi. O, meglio, ponendo in un certo senso fine al calvario di tutti e due. Opera pia, per carità. Ma che non fa felici né -probabilmente- i carrozzieri delle due squadre né -di sicuro- i pagellisti di mezzo mondo, compreso lo squilibrato che da qualche anno si prende la briga di buttar giù questi sproloqui. Va bene esser debuttanti, ma con criterio. Scellerato.

Jules Bianchi: 7 – Torna ad aggiudicarsi la gara degli altri, e lo fa correndo per buona parte del Gran Premio in splendida solitudine. Visto quanto successo ad altri suoi colleghi, verrebbe da dirgli “meglio soli che male accompagnati”. Di riffa e di raffa riesce a fare 40 giri con le medie, che sono nulla in confronto ai 56 di di Resta ma che sono comunque parecchi per chi guida una vettura instabile -e quindi tendenzialmente più mangiagomme- come la sua Marussia. Rifila sette decimi sul giro veloce a Chiton e lo stacca di un giro al traguardo. Senza toccarsi con nessuno, senza creare problemi nei doppiaggi e senza sbavature, dritti o similia. Non sapremmo, oggettivamente, cos’altro gli si sarebbe potuto chiedere di più. E’ sempre complicato -lo ripeteremo all’infinito- racchiudere in un numero la prestazione di un pilota nel weekend, soprattutto per chi guida una macchina con oggettivi limiti prestazionali. Non avendo la bacchetta magica, ci affidiamo al buonsenso. Che ci invita a dirgli “bravo”. E sia. Pulito.

Max Chilton: 6 -Sufficienza di stima, principalmente perché a differenza di altri suoi colleghi più o meno esperti -Maldonado, Sutil, Van der Garde- riesce a tenersi fuori dai guai guidando con circospezione, memore forse di quanto combinato a Montecarlo. Questo non gli impedisce di tener dietro Pic e Van Der Garde per buona parte della gara. Tanto che cede al francese solo nelle ultimissime fasi, in piena crisi di gomme con le supersoft. Ma ci sta, insomma… guida una Marussia, mica un missile. Le buone notizie, dicevamo, sono che porta a termine la corsa -accumulando km e km di esperienza- e lo fa senza creare problemi a nessuno. Nonostante i tanti doppiaggi subìti, peraltro – chiude a tre giri dal leader. Si vive anche di questo, a fondo schieramento. Soprattutto se tuo padre è un riccone che si è comprato mezza scuderia e tu hai passato le ultime due settimane a spiegare che sì, a Montecarlo hai quasi ammazzato un collega ma che no, non sei in F1 per i soldi di papà. Dura, la vita del pilota con la valigia… Impoverito.

Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it

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2 Commenti su “Pagelle del Gran Premio del Canada 2013”
Joblack dice:

Mi trovi d’accordo sllo sul voto di Paul Di Resta 8,5 trascurato da molte testate giornalistiche ferrari dipendenti.
Anche Vergne ha fatto un ‘ottima gara ma noi spetttatori nonl’abbiamo mai visto sullo schermo.
Perez mi pare sopravvalutato empre dietro a button dala partenza all arrivo.
Vettel non merita 10 perchè è ancato al muro ed ha fatto un dritto alla curva 1 che gli ha fatto perdre 4 secondi.
Alonso e Hamilton meritano un 9 pieno.

Griforosso dice:

Un mio pensiero su Vettel e Alonso. Vettel 10. Ok MA non ha avuto “disturbi” da parte di altri piloti. E’ anche vero, però, che Schmacher prendeva 10 nelle “stesse condizioni” ai tempi dei suoi Mondiali a ripetizione. Mah, tutto sommato, allora, il 10 va più che bene. Alonso 9. Venerdì 1.14 e rotti; Sabato e domenica 1.18 e rotti e quei 4 secondi dove sono finiti ? E’ anche vero che lo stesso discorso vale per gli altri ma queste “sparate” allora a cosa servono se poi non è prudente mantenerle per il Sabato e la Domenica anche se un po’, ma solo un po’, addomesticate? Alonso fa una gara delle sue e buca le qualifiche. Va anche detto, però, che la macchina forse di più non permetteva a meno di esasperare l’assetto come il venerdì. Ma quanto avrebbero durato le gomme ? Nessuno, come detto, ha ripetuto i tempi del Venerdì. Tornando al voto forse Alonso avrebbe potuto meritare, anche lui, un 10 per aver ottenuto un 2° posto frutto, all’ 80/90 per cento, della sua grinta.

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