Pagelle del Gran Premio d’Australia 2014

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Tempo di lettura: 15 minuti
di shalafi81
18 Marzo 2014 - 17:59

Power Unit, o per meglio dire POVER UNIT, viste le limitazioni -e i problemi- su benzina e cosumi. Motori turbo che non si sentono. Musi tratti direttamente dal catalogo degli orrori di un’ipotetica Ikea DDR. Benvenuti nella Formula 1 2014. Dove, udite udite, il Toro Red Bull pare non ruggire più, almeno all’inizio. Abbattuto dalla Freccia d’Argento Mercedes, che con Rosberg domina l’appuntamento iniziale del Mondiale. Risorge la McLaren, che approfitta anche della beffa atroce toccata a Ricciardo. Delude la Ferrari. Buona lettura!

Sebastian Vettel: sv – Problemi in qualifica, problemi in gara, tre giri fatti, zero punti in saccoccia. Numeri di un disastro, insomma. Si aspettava un esordio difficile. Ma forse non così. E’ lui a rincuorare la squadra: calma ragazzi, dice, siamo solo all’inizio. Ma c’è da lavorare, un sacco. Ingiudicabile, al momento, sia che lo si ami o lo si odi. Certo però che dovrebbe bruciargli non poco vedere quel Ricciardo lassù, in prima fila e sul podio, mentre lui resta giù a orecchie -pardon, corna- basse… S-Cornato.

Daniel Ricciardo: 9,5 – La barzelletta vera è che da metà gara in poi contuinuano a ripetergli in cuffia «fuel is ok, fuel is ok». Tant’è che lui, giustamente, ci crede. Rimediando la beffa delle beffe. Ma intanto lui su quel secondo gradino del podio c’è salito. Quella prima fila l’aveva artigliata. In groppa a un Toro scornato, scorbutico e inaffidabile. Lo porta al traguardo con autorità, ignorando pressioni ed emozioni, tensioni e fantasmi. Bravissimo, sul serio. Non l’avremmo mai pronosticato così bene, così in alto. Bello il sorriso a 32mila denti a fine gara, o meglio per tutto il weekend, pulito, da ragazzino felice a cui hanno regalato un giocattolo bellissimo con cui non ha nessuna voglia di smettere di trastullarsi. Certo che la sfiga che avvolge la monoposto Red Bull numero 2 è dura da estirpare. Ma non cancella quello che ha fatto se non nelle statistiche. Emozionato.

Nico Rosberg: 9 – Mezzo punto in meno per aver mancato la pole o quantomeno la prima fila, e altro mezzo perché da metà gara in poi guida con il braccio fuori dal finestrino. Non è colpa sua, certo, ma ci sarà tempo e modo per essere larghi di manica con lui. Si prende il primo posto già al via, complici i problemi del compagno di casacca, e da lì è una cavalcata solitaria non interrotta nemmeno dalla safety car. Vince, stravince, e soprattutto si convince che stavolta, a differenza degli anni scorsi, non sarà un fuoco di paglia. E in quest’ottica aver già scavato un minisolco di 25 punti rispetto a Lewis non può che farlo contento. Sempre che la prossima volta non si rompa la sua, di Mercedes… Padrone.

Lewis Hamilton: 10 – Senza voto ci pareva ingeneroso, visto che cogliere la pole all’ultimo in condizioni difficili, tricky per dirla all’inglese, è roba da campioni veri. Il via a rilento non è colpa sua. Il ritiro nemmeno. Per cui pace all’anima sua -e nostra- e pedalare. Finché è in gioco -nel weekend- non sbaglia nulla . Cede solo all’affidabilità. Come ai [bei?] tempi McLaren. Jellato.

Fernando Alonso: 8,5 – E’ vero che ci mette una vita a passare la Force India di Hülkenberg. Ma è anche vero che un motivo, vivaddio, ci sarà. Massimizza, al solito, quello che ha tra le mani, ovverosia una macchina che al momento non vale né vittoria né podio. Peggio di com’era iniziato l’anno scorso, per dire. Conquista un quinto posto che poi diventerà un quarto ma senza acuti. E va anche bene, nel senso che in queste condizioni di precarietà e incertezza la logica del “primo non prenderle” vince sempre. Oltretutto rifila 22 secondi al compagno di squadra, nonostante la Safety Car. Tutto sommato va benone così. Cagnaccio.

Kimi Räikkönen: 5 – Chi si aspettava miracoli da parte dell’uomo di ghiaccio -che poi tanto di ghiaccio non è- sarà rimasto deluso. Le Cassandre che lo davano per finito già anni fa giubileranno. In realtà -almeno a parere di chi scrive- la gara di Kimi è esattamente quella che era logico aspettarsi. Perché il finlandese è uno che è sempre andato forte, ma che negli anni ha cambiato il suo modo di guidare e adesso ha più bisogno di feeling, confidenza e affiatamento con il mezzo rispetto a qualche anno fa. E il suo tallone d’Achille, in questa fase, è la frenata: il nuovo brake-by-wire non l’ha ancora digerito, i tanti bloccaggi -compresi un paio di lunghi- ne sono una testimonianza. Perché di norma KR è uno che non sbaglia. Ciò detto [a titolo esplicativo e non giustificativo] impossibile non rilevare che fino a 5 giri dalla fine resta dietro a una Toro Rosso, quella di Vergne, che passa solo in virtù di una sbavatura del francese. E becca più di 20 secondi da Alonso. A poco serve appellarsi alla toccatina rimediata al via. Chiede tempo, per adattarsi. Non ne ha. Spaesato.

Romain Grosjean: 6 – Parte dai box. Corre da quasi-ultimo per tutta la gara. Si ritira al 45mo giro. Ed è pure contento. Roba da matti, eppure ha tutto senso. Perché lui e Pastor a Melbourne mettono assieme più giri che durante tutti i test invernali. Va, dunque, paradossalmente meglio di quanto non fosse lecito aspettarsi. Certo la Lotus non sta letteralmente in strada. Lenta, nervosa, fragile. Ce le ha tutte insomma. Qui un anno fa avevano vinto, con Kimi. Ora invece il musone a zanna di tricheco è sempre più beffardamente depresso. Il sei è per evitargli un senza voto che sarebbe forse la valutazione più giusta ma che, dopo aver comunque fatto parecchia strada, non ci pare corretta. Ectoplasma #1.

Pastor Maldonado: 6 – Il suo momento di gloria ce l’ha quando a metà gara lo si vede infilare in tromba il compagno di squadra Grosjean. Certe impennate d’orgoglio si pagano: tempo 3-4 giri e deve parcheggiare la sua Lotus a bordo strada. E dire che per il team di nero vestito avevalasciato la Williams, definendo la sua scelta la «miglior decisione possibile.» Alla faccia. Il sorriso amaro che ostenta a fine gara la dice lunga sulle speranze di un recupero immediato. Coraggio. Stesso voto del compagno di squadra, per forza. Ectoplasma #2.

Jenson Button: 6,5 – Prima gara dell’anno e primo colpo di genio strategico, il pit stop che gli fa guadagnare le posizioni su Alonso e Hülkenberg. Giochiamo a fare i maligni? Si vede, che è tornato Ron Dennis… Detto questo, il buon JB prova a rimettere i panni del Maestro, ma ahilui non ha né la velocità né lo sprint del suo più giovane compagno di squadra. Con cui, per inciso -a differenza di come andava con un tipaccio messicano- ha un ottimo rapporto. Vanno d’accordo ma lo soffre, è innegabile. E’ pur vero che gran parte del risultato della domenica si è deciso al sabato, ma onore al merito e viceversa. Di strategia, di riffa, di raffa, d’esperienza e mestiere agguanta un podio che rilancia le speranze McLaren. Ma da lui, leader tecnico del team, era lecito attendersi di più. Vedremo in Malesia. Flemmatico.

Kevin Magnussen: 9,5 – Non gli diamo il massimo dei voti solo per non abituarlo troppo bene. La F1 è un mondo di squali senza scrupoli, di barracuda assassini e di piranha spietati, avviare la sua carriera con un 10 significherebbe illuderlo che non arriveranno mazzate o delusioni. Non sarà così. Detto questo, e chiarito che la sbandata che infila subito dopo il via, quasi un passo di flamenco, poteva avere conseguenze catastrofiche, si gioca la gara con piglio da veterano, abilità da mestierante consumato e con la freddezza di chi ne ha viste tante. Gestisce auto, benzina, gomme, e il ritorno del compagno di squadra, senza patemi o sbavature, e prova anche a insidiare Ricciardo prima che il suo muretto gli spieghi che forse è il caso di guardare anche la spia della benzina. Taglia il traguardo splendido terzo [come un certo LH all’esordio], che diventerà poi secondo. Se questo è solo l’inizio… Benvenuto! #1

Sergio Pérez: 6,5 – Passano gli anni, cambiano squadre, colori, motori e personaggi, ma quando c’è qualche bel casino, di mezzo c’è sempre lui. Ma non sempre ne ha colpa, questo bisogna dirlo. Al via infatti stavolta è Gutierrez ad andargli addosso, bucandogli una gomma e spedendolo ai box. La safety car gli fa recuperare parte del tempo perso, ma non le posizioni. Lui dal canto suo fa fatica a liberarsi della Sauber di Sutil, dietro la quale resta per un’eternità, e ha la meglio sul tedesco solo nel finale, per tagliare il traguardo all’undicesimo posto. E visto che la fortuna aiuta gli audaci, poco prima della mezzanotte -non dopo come Cenerentola, anche il fuso orario Aussie vuole la sua parte- l’undicesimo posto si tramuta in decimo, causa squalifica di Ricciardo, e nell’equivalente punticino. Senza il botto al via avrebbe potuto contrastare Hülkenberg? Secondo noi no. Ma così non vale, e allora sufficienza accordata. Stoico.

Nico Hülkenberg: 8 – L’Incredibile Hülk colpisce ancora, mettendo assieme un weekend tosto e da lottatore puro, come suo solito. Al via è perfetto, balza davanti ad Alonso e diventa il suo incubo peggiore per oltre metà gara. Lo spagnolo gli resta dietro tanto tempo, quasi un Petrov revival Abu Dhabi 2010 style. Il ferrarista gli balza avanti dopo l’ultima sosta, ritardata, e nel finale lo asfalta anche Bottas. Ma ci sta, in fondo entrambi avevano più velocità della sua Force India, e il settimo posto -che poi diventa sesto- non è affatto un risultato negativo, anzi. Corre al di sopra delle possibilità della vettura ma non sbaglia e, al solito, non molla. Combattente.

Esteban Gutierrez: 5,5 – Riconfermato -un po’ a sorpresa se si valutano i risultati, in maniera scontata se si guarda alla valigia- il messicano getta tutto alle ortiche alla terza curva, quando si gira e travolge Pérez. A quel punto deve fermarsi ai box e la sua gara è compromessa. In realtà la Safety Car lo rimetterebbe anche in corsa, per un piazzamento a punti, ma di fatto né lui né la sua Sauber hanno il passo sufficiente per portare a casa qualcosa. Non fa altri danni, e questo va bene. Ma da lì a dire che ci siamo, ce ne passa ancora un po’. Non ha più la scusante dell’inesperienza. Deve far vedere quel che sa fare, già a partire dalla Malesia. Distratto.

Adrian Sutil: 6,5 – Lui è un altro che quando c’è da menare le mani non si tira indietro, sulla cui grinta e cattiveria agonistica possiamo mettere la mano sul fuoco. Eppure a Melbourne corre come un agnellino, tranquillo, docile, cercando più che altro di evitare casini. Questo perché sa di non avere velocità e passo e che quindi l’unica possibilità di arrivare a punti è quella di attendere il cadavere dei suoi nemici sulla riva del fiume. E va anche bene, vivaddio, se non fosse che un problema alla power unit gli scombina la strategia, la safety car gliela fa cambiare ancora e alla fine della fiera si ritroverà appena undicesimo, subito davanti al suo compagno di squadra. Deluso, ma neanche tanto. Partenza col freno a mano tirato, per il tedesco, senza che però sia possibile addebitargli colpe specifiche. Vedremo come andrà a Sepang, su una pista vera. Attendista.

Jean Eric Vergne: 7 – Si prende un ottavo posto di grinta e rabbia ma mette assieme anche diverse sbavature. Quel che c’è da capire è se gli errori arrivino perché corre oltre il limite della macchina o se si tratta di pure e semplici distrazioni. Lui dice, a fine gara, che la macchina era difficile da guidare. Certo che la sbandatona all’ultima curva è davvero un numero d’altri tempi. Alla fine in pista lo passeranno solo Bottas e Räikkönen, peraltro due volte a testa. Ma l’ottavo posto finale è un risultato prestigioso e di sostanza, e vivaddio anche un po’ inaspettato se si pensa che la STR monta il tanto vituperato motore Renault. Per ora bene così, al massimo un po’ di valium. Violento.

Daniil Kvyat: 8 – Qui esageriamo dandogli un voto in più del suo compagno di squadra, che gli arriva davanti. Ma siamo di fronte a un rookie con esperienza prossima allo zero che però corre con la maturità di un veterano e la visione di gara di un vecchio marpione del volante. Peraltro con vetture complicate da decifrare anche per gli ingegneri [chiedere a Ricciardo per conferma]. A un certo punto si accoda a Vergne, culla per un attimo anche l’idea di insidiarlo ma poi sceglie -saggiamente- di portare a casa benzina, vettura e punti. Un inizio splendido: su di lui in molti -compreso il sottoscritto- avevano grossi dubbi: non sul potenziale, quello innegabilmente c’è, quanto sul’esperienza e sull’opportunità di gettarlo da subito nella mischia. Felici -per quanto si è visto finora- di esserci sbagliati. Benvenuto! #2

Felipe Massa: sv – Sei caposquadra, per la prima volta da anni a questa parte. Hai una vettura che, a dispetto dei pronostici di qualche mese fa, va che è una meraviglia. Hai concrete possibilità di vendicarti di un compagno di squadra odiato e di una squadra che ti ha scaricato finendogli davanti. E cosa succede? Un kamikaze jap [nemmeno per colpa sua, peraltro] ti falcia spietato alla prima curva facendoti ritirare dopo nemmeno mezzo km dal via. Cos’altro dire? L’onda lunga della sfiga colpisce ancora. Coraggio!

Valtteri Bottas: 5 – Provocatoriamente -ma nemmeno tanto- lo bocciamo. Perché ha una vettura da podio. Perché è bravo, aggressivo, maturo, costante. E anche fantasioso e tosto, nei sorpassi che mette assieme. Ma rovina tutto andando a pizzicare il muro nel tentativo di prendere Alonso [dopo peraltro aver passato un certo Räikkönen]. Si ferma ai box, la safety car lo aiuta e rimonta come un indemoniato passando Kvyat, ancora Räikkönen e Vergne fino al quinto posto finale. Bella, la rincorsa dal sedicesimo posto, beninteso. Ma errori come quello compiuto dal buon Valtteri, con una vettura da podio in condizioni che potrebbero non più ripresentarsi nel campionato, gridano vendetta al cielo. E ci costringono a usare il pugno duro. Non si fa così. Il classico scappellotto che dai a chi l’ha combinata grossa e sai che potrebbe fare molto di più. Precipitoso.

Max Chilton: 6,5 – All’inizio pare non debba nemmeno partire. Poi lo mettono in pista e gli dicono «vai!». Lui va. Corre -si fa per dire- alla sua maniera: preciso, prudente, con un occhio agli specchietti e uno davanti, attento più a non far danni che ad andar forte. E va bene: è in corse come questa, in cui potenzialemnte potrebbero fermarsi in tanti, che si possono tentare colpacci. Il banco non salta, lui becca due giri dal primo [e mezzo secondo dal compagno di squadra sul giro più veloce] ma non ci sentiamo affatto di colpevolizzarlo troppo. In fondo gliene abbiamo dette così tante l’anno scorso che per ora possiamo accontentarci. Ed essere anche un po’ larghi di manica. Cauto.

Jules Bianchi: sv – Pure la sua Marussia, esattamente come quella di Chilton, si spegne in griglia. Non un bello spot, per le vetture rossonere. La sua si riaccende dopo sei giri. Lo mandano giustamente in pista, in una sorta di test supplementare che vale oro per chi ha girato poco in inverno. Nel corso della gara ne becca altri due, di giri, così come il suo compagno di squadra. Tutto logico, per carità. Ma da lì a dire che questo è correre, ce ne corre, appunto. E scusate il gioco di parole. Ragion per cui ci asteniamo dal valutarlo, in attesa di riscontri più probanti. Il suo valore non si discute, ma ci piacerebbe vederlo fruttare, finalmente. Stoppato.

Marcus Ericsson: 7 – A un certo punto, che ci crediate o no, è addirittura tredicesimo. Azzecca la partenza. Si tiene lontano dai guai. E approfitta di quelli altrui. Poi, chiaro, il sogno di artigliare qualche punticino si scioglie come neve al sole di primavera. Scivola indietro, sopravanzato da vetture più adatte a questa Formula 1, fino a quando una perdita d’olio, al giro numero 29, non lo costringe al ritiro. Fino a quel momento aveva comunque corso bene. Da deb sagace. E questo gli vale il votone di cui sopra. Sulla fiducia. Sperando che a Sepang la sua Caterham possa migliorare. Velocisticamente, s’intende: sull’estetica, ahinoi, non c’è speranza alcuna. Illuminato.

Kamui Kobayashi: sv – Evita gli sberloni di Massa -e i nostri- solo perché la causa della mancata frenata alla prima curva è -guarda caso- un’avaria ai freni, e non al cervello. La sua gara dura 500 metri scarsi. Che altro dire? Ritenta, sarai più fortunato. Sfrenato.

Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it

PS: Piccola postilla del pagellista – Rieccoci. Con un anno in più. Con una valanga di impegni in più. Con qualche capello bianco in più. Con due pezzi di motore in più. Con una valanga di incognite in più. Ma con la stessa, immutata passione. A 300 all’ora, appunto. Siamo qui, saremo qui anche quest’anno per tediarvi, per strapparvi qualche sorriso, qualche imprecazione, qualche rimprovero e -speriamo- qualche spunto di riflessione in più. Da parte nostra la precisazione è sempre la stessa: infallibilità NO, onestà intellettuale . E di questi tempi, spero vogliate accordarcelo, non è poco. Grazie e buon 2014. Di cuore.

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