Ognuno ha il suo

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 5 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
2 Ottobre 2017 - 14:45

“Oh no! No!”

Sono passati giusto 365 giorni da quando, nello scorso GP della Malesia, Lewis Hamilton pronunciò questo grido di rabbia mista a delusione, alla visione del fumo uscire dal V6 ibrido della Mercedes che portava il suo numero, il 44. Fu indelebile per diverse settimane quella scena negli occhi dei fan inglesi, con la Freccia d’Argento che rallenta inesorabilmente sul rettilineo principale per poi parcheggiare tra la prima e la seconda curva di Kuala Lumpur dando alla vettura gemella, la #6 di Nico Rosberg, una chance incredibile (e insperata, se ricordate la partenza kamikaze di Vettel) di guadagnare punti preziosi. Come in questi giorni, i fiumi di parole non sono mancati sulla quella che fu descritta, persino da Hamilton stesso ad Abu Dhabi, come una vera “ingiustizia”.

Nel 2017, rieccoci nella medesima situazione ma con attori differenti: da una parte sempre Lewis, che stavolta fa il ruolo dello “sculacchiato” di turno che continua a guadagnare punti per “sfortune” altrui; dall’altra Sebastian Vettel, tornato in lotta per il titolo dopo quattro anni ma pesantemente condizionato dagli ultimi eventi. In mezzo ai due c’è la presenza dei rispettivi compagni di squadra, i finlandesi Bottas e Raikkonen, e anche dei “cagnacci” della Red Bull che si sono sempre più avvicinati alle due forze principali del campionato, battendole proprio in Malesia.

Come detto da Alessandro Secchi a più riprese, il trattamento e la visione dei tifosi verso certi piloti può cambiare dal giorno alla notte e se ieri l’esempio era incentrato su Max Verstappen, oggi calza a pennello al tre volte campione del mondo inglese. Amato e rispettato anche qui in Italia dove di solito il tifo Rosso Ferrari spopola, nettamente preferito rispetto all’ex-compagno Rosberg, ma che già da quest’anno ha ricevuto l’etichetta ingiusta di “nemico numero uno”, cosa da cui sono passati anche Alonso e Vettel prima del loro approdo in Ferrari. E se per ottenerla gli sono bastate semplicemente due gare a suo favore per il campionato, vuol dire che il pubblico (italiano in primis) ha già scordato di cosa è stato capace lui in questi anni di attività tra McLaren e Mercedes e tutto ciò che ha rappresentato da nove anni a questa parte. E via di affermazioni come “pilota più sculato al mondo”, “pilota immeritevole di vincere a Singapore”, “pilota scorretto”, eccetera eccetera.

Inutile dire come tutto ciò sia solo fuffa sotto forma di opinioni date da gente che riesce a vedere solo o bianco o nero (anzi, o rosso o grigio in questo caso), senza preoccuparsi delle centinaia di sfumature in mezzo che possano valere da un lato o dall’altro. Come già dissi tempo fa, lamentarsi e rimanere obiettivi su qualcosa di cui si è fan non vuol dire sminuirla, ma semplicemente avere le palle di affermare che quel determinato pilota, o squadra, abbia fatto un errore o che colui che ci ha guadagnato, il pilota o il team rivale, sia stato bravo a non fare lo stesso errore. Da tifoso Ferrari fin da quando avevo sei anni non mi vergogno di dire che i punti persi qui a Kuala Lumpur siano per colpe o problemi interni, come non mi pento di dire che Vettel e Raikkonen a Singapore, nel disastro della partenza, delle colpe anche minime ce le abbiano (e sì, so che lo stesso Secchi ne ha parlato in maniera totalmente differente, ma sono del parere che “azioni normali” non portino a risultati simili. Comunque, altro discorso questo…).

Se siete però tuttora convinti che Hamilton possa davvero essere l’uomo più fortunato del Circus, rileggetevi il primo paragrafo e capirete che non è così. Andando più indietro nel tempo la cosa diventa sempre più lontana dal vero: nel suo anno da rookie l’ex pilota McLaren perse il titolo per aver semplicemente premuto il tasto sbagliato in Brasile mandando totalmente in tilt la sua vettura; nel 2010 tra Monza e Singapore si giocò almeno due posti nei primi quattro a causa dei contatti con Massa e Webber; nel 2012 nell’ultimo quarto di campionato perse 75 punti a causa dell’affidabilità catastrofica della MP4/27, che lo escluse a priori dalla lotta titolata. Visto? Sono bastate quattro righe di un paragrafo per farvi capire come quello che i fan estremisti della Rossa stanno dicendo sia estremamente sbagliato e dettato solo dallo sconforto.

La verità è che i concetti di fortuna e sfortuna, o la superstizione in generale, valgono poco e niente. Anche nella più drammatica e impensabile delle situazioni, parlando degli sport motoristici, in fondo si tratta pur sempre di scelte su cui abbiamo il controllo in alcuni casi, e su altre no invece. Persino l’incidente con Stroll nel giro di rientro, per quanto assurdo, non penso sia sfortuna. Nemmeno la peggiore delle “sfighe”, per fare un esempio Raikkonen al Nurburgring nel 2005 e il suo clamoroso volo fuori pista all’ultimo giro, non è esente da spiegazioni ed errori del finlandese.

Non voglio allungare quest’articolo con un polpettone storico, quindi vi basta riflettere su questo: ogni campione ha avuto, ha o avrà la sua dose di momenti no, in cui tutto sembra andare storto e dove ogni speranza sembra essere abbattuta da un contatto o da un problema tecnico. Schumacher, Hakkinen, Alonso, Raikkonen, Prost, Rossi e Marquez spaziando nel Motomondiale… nessuno è potuto scampare da un’annata negativa e piena di problemi. Ognuno ha avuto il suo.

In questo 2017 sembra tocchi a Vettel e anche a Verstappen, considerando i loro ritiri. Nelle prossime gare potrebbe toccare a Hamilton. Nel 2018 chissà. E via così, com’è naturale nel mondo spietato delle corse.

Fonte immagine: autosprint.corrieredellosport.it

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