Obrigado, Felipe

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
14 Novembre 2016 - 17:30
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Ci sono momenti che in pochi minuti emozionano più di mesi interi. 

Io, un addio tanto inaspettato nei modi quanto commovente come quello di Felipe Massa, non lo ricordo. Avrebbe voluto farsi un giro, a fine gara, mostrando la bandiera del Brasile a tutto il pubblico dall’abitacolo della sua Williams. La sua monoposto, invece, ha dovuto lasciarla all’ingresso della corsia box, vittima dell’aquaplaning come le altre che sono andate a sbattere durante il GP di ieri. Avrei voluto scrivere qualcosa su di lui dopo Abu Dhabi, ma non posso non farlo dopo quanto accaduto ad Interlagos.

Su Felipe ne ho lette tantissime nel corso di questi 14 anni. È stato trattato bene e male a convenienza, ha vissuto e subito passivamente cicli di considerazione massima e di umiliazione estrema, a turno, da parte degli stessi tifosi di corta memoria. Ha rischiato la vita con la moglie che attendeva la nascita di Felipinho, e ancora mi chiedo quale miracolo l’abbia salvato. È passato dall’essere il Campione del mondo 2008 per trenta secondi, ad una vecchia scarpa sgualcita da gettare nel cassonetto negli ultimi anni in rosso, salvo poi tornare ad essere considerato una volta tornato in Williams. I suoi alti e bassi sono coincisi con altrettanti elogi ed improperi, spesso senza un minimo di approfondimento e limitati al “Campione” o alla “Mezza sega” senza troppi fronzoli, che il web ormai è veloce e non ha tempo da perdere.

Io, in pista, ho visto un pilota che coccolato a dovere e messo a suo agio sapeva diventare ottimo. Nei primi tre anni in Ferrari ha corso bene, a volte benissimo. Ha perso un mondiale vinto per mezzo minuto, un titolo che non è andato in fumo a San Paolo ma che qualcuno, indirettamente, gli ha fatto perdere a Singapore. Perché gli errori tuoi ci possono stare, i motori che saltano a tre giri dalla fine fanno incazzare ma sono parte del gioco: ma Singapore no, non ci sta. Con quel titolo tante storie, ora, magari sarebbero diverse, anche se non si vive di se e ma.

È voluto tornare dopo l’incidente di Budapest e io resterò sempre dell’idea, che nessuno mi leverà mai dalla testa, che concedendogli quella vittoria ad Hockenheim nel 2010, dopo un anno di riabilitazione, difficoltà e sacrifici, il suo morale sarebbe restato abbastanza alto da permettergli di rendere al meglio per il resto della stagione, magari aiutando di più Fernando. Da quel giorno, Felipe si è progressivamente spento e, per quanto mi riguarda, già alla fine di quell’anno avrebbe dovuto guardarsi in giro, invece di resistere altre tre stagioni e subire a capo chino ogni sorta di insulto proveniente da qualsiasi parte. Gente che sale solo sul carro del vincitore e non è capace di sostenere chi è in difficoltà.

La Williams gli ha ridato un po’ di morale sul finire di una carriera nella quale, forse, Felipe avrebbe meritato qualcosa di più. C’è però un mondiale che Massa ha vinto senza ombra di dubbio, e l’ha mostrato ieri a tutti noi: quello dell’umanità. Perché tra chi critica per inerzia c’è anche chi capisce e impara a voler bene indipendentemente da tutto. E a Felipe, ieri, hanno dimostrato tutti di volerne. 

Vai a sbattere sotto i tuoi tifosi, scendi dalla tua vettura ancora rintronato, scavalchi il muretto e in quei 200 metri che ti separano dai box, e che percorri con in mano il casco e la bandiera del tuo paese che ti avvolge, ti passano davanti 14 lunghi anni di corse, sportellate, incidenti, vittorie, cadute e ritorni. Ti tornano alla mente i momenti facili e quelli difficili, e non puoi trattenere le lacrime quando i meccanici di Mercedes e Ferrari escono dai loro box per applaudirti e, mentre i tuoi colleghi stanno girando dietro la Safety Car, Interlagos si ferma per lanciarti un lunghissimo Obrigado.

E poi vallo a raccontare, Felipe, a quelli che ti hanno preso per il culo per anni, che hai chiuso la carriera davanti ai tuoi tifosi con tua moglie e tuo figlio che ti sono corsi incontro in pitlane, abbracciandoti come un eroe. In qualsiasi modo sia andata, hai regalato un po’ di umanità e lacrime ad un mondo spesso troppo finto. Per questo, grazie e in bocca al lupo per tutto.

Copyright Immagine: Glenn Dunbar/LAT

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